Vada la campagna
Mignattaia - L'interno dell'angolo nord del recinto dove si trovava la grande e ben tenuta vasca di mattoni per l'allevamento delle mignatte, usate nei secoli passati come oggi l'aspirina. Sullo sfondo la casa del guardiano. La struttura risale alla seconda metà del '700.

  Le mignatte avevano un vastissimo mercato nazionale. Anche prima dell'allevamento  erano comunque diffuse a Vada a causa del vasto padule. Il mignattaio un secolo fa era figura comune, quasi un benefattore dell'umanità. La penicillina non c'era, ma la polmonite o meglio il "mal di petto" o malattia dei poveri, abbondava e faceva strage fra la gente che viveva col sudore della fronte. Catturava le prede immergendosi nei fossi e nelle paludi fino alle cosce nude in modo che le voraci bestiole si attaccassero alla carne. Le staccava e le metteva in un recipiente di legno, quindi iniziava il suo giro per le campagne dei paesi, rivendendole alle farmacie ed ai contadini, spesso in cambio di un pasto o di un pagliericcio per la notte. Alla Mignattaia invece si preferiva far attraversare la vasca di allevamento ad un mulo e poi prelevare gli animaletti attaccati alle gambe. Firenze era il mercato principale.
             
IL PASSATO - Nel Settecento scoppia la mania di farsi svenare
L'uomo o la sanguisuga hanno alle spalle una lunga frequentazione. Immagini che raffigurano l'anellide sono stato trovate nelle tombe dei Faraoni, ma la prima prova certa del suo impiego curativo risale al 1000 a.C, in India. Da noi si sa per corto che nel secondo secolo a.C. vi si ricorreva per curare le morsicature dei serpenti velenosi. Ma il boom della mignatta fu nel Medioevo, fino a dilatarsi in modo maniacale nel Settecento. Alla fine di quel secolo il ricorso alle sanguisughe diventò una specie di sport di massa. Il potere terapeutico che gli si attribuiva era quello di estrarre dal corpo, assieme al sangue, gli umori corrotti dell'organismo. Le indicazioni erano le più varie e minuziose, la sede preferita il torace, reo di accogliere ristagni e venefici catarri. Il sanguisugio restò in auge anche nell'Ottocento per curare un po' di tutto: dal mal di testa, alle infezioni dell'orecchio. Talmente di moda che le donne tentavano il suicidio con il morso dell'animaletto. A pensarci oggi c'è da rabbrividire, ma questa era la scienza medica ancora duecento anni fa. George Washington subì sette salassi nella sua ultima notte di vita. Pochi in paragone al povero re Luigi XIII, che ne aveva subiti quarantasette. In un solo anno, il 1827, la Francia importò trentatre milioni di sanguisughe perché a forza di dissanguare pazienti la riserva di quelle locali era stata esaurita. Poi, a cavallo dal Novecento, il lento o inarrestabile declino. Ma la sanguisuga, stranamente, è rimasta nella farmacopea fino agli anni Quaranta.
 
Il ritorno della sanguisuga. Una pratica antica e dimenticata. Ora due ricercatori hanno   scoperto che riduce il dolore e la difficoltà di camminare a chi soffre di artrosi al ginocchio.
                            Il segreto è nella saliva dell'animale.   

A volte ritornano. La cura con le sanguisughe che costò all'Europa un vero tributo dai sangue per tutto il Settecento e per buona parte dell'Ottocento sembrava sepolta e dimenticata. Invece torna alla ribalta dalle pagine della rivista Nature come una promettente terapia per l'artrosi del ginocchio. Sperimentato in Germania su 24 volontari il "sanguisugio" si è rivelato cosi benefico da far venire la voglia di avviare una ricerca su 400 persone. La medicina è destinata a non liberarsi mai della disgustosa pignatta, fornita di trecento minuscoli dentini, che in mezz'ora succhia una quantità di sangue pari a dieci volte il suo peso? L'idea di un revival trova tutti recalcitranti; certo è che la saliva dell'anellide si sta rivelando un serbatoio di farmaci. Considerata un rimedio barbarico che nell'Ottocento costava alla sola città di Parigi circa mille litri di sangue al giorno dissipati in salassi, la sanguisuga ha avuto la sua rivincita negli anni Ottanta. Artefice della riscoperta l'americano Roy Sawyer, considerato oggi il maggior esperto mondiale, che ha creato nel Galles, nei pressi di Swansea, un allevamento intensivo dell'anellide. La Biopharm produce oggi 70.000 esemplari all'anno, destinati soprattutto agli interventi di chirurgia plastica e ricostruttiva. Inaugurato negli anni Sessanta da due chirurghi di Lubiana, l'impiego della sanguisuga in questo ambito, praticato anche in Italia, si è rivelato utile soprattutto quando si devono riattaccare parti del corpo avulse da un trauma, come il naso, le dita o le orecchie e nella trasposizione di lembi muscolo-cutanei. In questi casi la sutura delle arterie risulta abbastanza facile; non altrettanto quella delle vene che hanno una parete sottile e si danneggiano con estrema facilità. Difficoltà che crea un ingorgo di sangue rischioso per la sopravvivenza di tessuti. L'intervento della sanguisuga si rivela prezioso non tanto per la quantità di sangue che il piccolo vampiro (lungo 5-8 centimetri) riesce a succhiare durante il morso, approssimativamente 5 millilitri, ma per quella che continua a defluire dall'incisione per 6-10 ore dopo il distacco, che arriva a 100-150.

                          ASSETATA DI SANGUE: La novità

La sanguisuga usata in medicina è una delle 650 specie esistenti, in mezz'ora riesce a succhiare 5 ml di sangue. Nella saliva dell'anellide sono presenti vari fattori che inibiscono il processo della coagulazione, dei quali il principale, l'irudina, noto fin dal 1884, è stato riprodotto con le tecniche dell'ingegneria genetica una decina di anni fa ed oggi è un farmaco impiegato a livello ospedaliero come anticoagulante. Tuttavia, la novità che ha portato l'Hirudo medicinalis (questo il nome scientifico della mignatta) alla ribalta delle pagine di Nature è il suo possibile uso in una malattia diffusissima sopra i sessant'anni, ma per ora poco curabile con i farmaci, l'artrosi del ginocchio con le sue cicliche riacutizzazioni infiammatorie (artrite) che danno dolore e difficoltà di movimento (quella che i medici chiamano impotenza funzionale). Andreas Michalsen e Gustav Dobos, dell'Università di Duisburg-Essen in Germania, incuriositi dai racconti di guaritori che avevano ottenuto buoni risultati con il sanguisugio su alcuni malati, hanno deciso di testare "scientificamente" il metodo su 24 volontari. I malcapitati hanno offerto le giunture dolenti al morso di sei sanguisughe per un'oretta. I risultati: Dopo una settimana, il 64% dei "salassati", contro il 17% di quelli sottoposti alla cura tradizionale, riferiva di non aver più dolore e di camminare meglio. Effetti benefici e duraturi, presenti ancora dopo tre mesi. «Riesco finalmente a salire le scale» ha dichiarato soddisfatta una delle poche donne che ha accettato i1 ripugnante trattamento, accolto, invece, con una certa disinvoltura dai pazienti di sesso maschile. «E' un risultato intrigante; - commenta Stefano Covoni, Direttore del Dipartimento di farmacologia sperimentale e applicata dell'Università di Pavia - tutto da studiare, però. Nella saliva della sanguisuga c'è un miscuglio di enzimi e di sostanze che svolgono un effetto anticoagulante, antinfiammatorio e analgesico. Alcune di queste già note, come l'irudina e l'Eglina C, altre da scoprire. La ricerca di base sulla saliva dell'anellide è rimasta ferma agli anni Ottanta: bisogna andare avanti, il merito dei due ricercatori tedeschi è di averne riportato all'attenzione le potenzialità curative, stimolando, mi auguro, nuovi studi». Intanto Michalsen e Dobos hanno già allargato la ricerca ad altri 400 pazienti con artrosi del ginocchio, annunciando risultati strabilianti. Sembra che a distanza di sei mesi il 40% delle vittime del piccolo vampiro stiano ancora benissimo. «Potremmo mantenere i benefici con una sanguisuga di richiamo ogni sei mesi» vagheggiano i due tedeschi. I maligni sostengono che si tratta solo di un effetto placebo su persone particolarmente influenzabili, ma intanto la ditta americana, Leeches USA, ha già messo a punto un'offerta di 7 sanguisughe (è il minimo dell'ordinazione) che vengono recapitate a casa in un comodo contenitore, il prezzo? 7,70 dollari l'una. Appunto, a volte ritornano.
    (Servizio di Franca Porciani da Corriere salute 21/11/2004 ) 
                                                                           
Il salasso conquista le dive
 2006. Lo usano Gwyneth Paltrow, Kristin Scott Thomas, Kate Winslet. Torna l'antico modo di depurare l'organismo con incisioni, sanguisughe o coppette di vetro riscaldate.  Una donna affetta da sciatalgia viene curata con un salasso. Il depliant che l'ha convinta promette miracoli con piccoli taglietti nei punti dell'agopuntura: via il dolore facendo uscire il sangue «fermo». La pratica un medico, non un santone. La signora si fida... ha un collasso (meno sangue, meno pressione sanguigna) e si tiene la sciatalgia. La scarificazione (taglietti da cui fuoriesce il sangue) è una tecnica che arriva dalla notte dei tempi. Mentre le sanguisughe sono sempre state il metodo più «scientifico» di «cavare sangue». Nel 2006 si torna a parlare di salasso. Non quello medioevale (non sarebbe chic) ma «riverniciato» da un alone orientale. Poi c'è il cupping (anche qui spuntano Cina e India, dimenticando i veri inventori che abitavano la Grecia delle origini della medicina). Che cos'è? Coppe di vetro riscaldate e applicate sul corpo a mo' di ventose: risucchiano il sangue all'esterno (se ci sono i microtaglietti) o fanno semplicemente «trasudare» le tossine. È conosciuto come il «salasso» delle dive da quando Gwyneth Paltrow, l'attrice premio Oscar di «Shakespeare in love», finì in prima pagina sul Times con la sua schiena nuda maculata (cerchi rossi) dopo un cupping depurativo. Anche Kristin Scott Thomas ha recitato senza nascondere i segni delle coppette riscaldate. Altri esempi: Ben Affleck e Kate Winslet. E il principe Carlo d'Inghilterra è stato criticato dalla medicina ufficiale per aver dichiarato «simpatia» verso questi metodi alternativi. ANEMIE STRANE — A Rieti niente coppe di vetro. E nemmeno le sanguisughe che tutt'ora, soprattutto in provincia e in campagna, possono essere alternativa alle pillole per la pressione alta... «Come fino alla seconda guerra mondiale — spiega Pier Mannuccio Mannucci, clinico medico ed ematologo dell'Università statale di Milano — quando ipertensione e scompenso cardiaco avevano come unico rimedio questi animaletti gelosamente conservati in vasi di vetro nelle farmacie. Oggi sarebbe criminale, anche se non è raro che arrivino da noi persone con anemie inspiegabili che poi scopriamo praticare salassi. Ricordo una suora che si chiudeva in bagno e da una vena faceva uscire anche un litro di sangue... Misticismi, patologie psichiatriche o credenze medioevali ancora praticate. La scarificazione, invece, con taglietti superficiali è tipica delle anoressiche». Sempre per liberare l'organismo di tossine o di «umori neri» come li avrebbero definiti i protomedici del 1600 che prescrivevano diete, vomito e salassi: il male si doveva «buttare» fuori. ANTIDOLORIFICO — Attenzione, però, in alcuni casi il salasso è l'unica cura anche oggi. Conferma Mannucci: «È adottato nelle malattie da accumulo di ferro quali l'emocromatosi, dove è salvavita, e nella policitemia vera, malattia tumorale caratterizzata da un eccesso di globuli rossi. Patologie rare». Mannucci si ferma qui, ma sa che molti medici adottano scarificazione e sanguisughe anche nella bronchite cronica, quando i bassi livelli di ossigeno circolante aumentano pericolosamente il numero dei globuli rossi (policitemia secondaria), e nella porfiria cutanea tarda, in cui il salasso eliminerebbe fastidiose e dolorose vesciche e bolle sulla pelle. E per combattere il dolore, come a Rieti? Solo le sanguisughe hanno riscontro scientifico: la loro saliva è un laboratorio chimico che produce un potente antidolorifico e un altrettanto potente anticoagulante (la sanguisuga in un'ora succhia 8 milligrammi di sangue ma poi la ferita resta aperta per una decina d'ore). Nel giugno 2004 la Food and drug administration ha rilanciato negli Stati Uniti questi animaletti per curare edemi, artriti, circolazione venosa stagnante o nei postumi di un intervento di microchirurgia (reimpianto di un dito o di un lobo d'orecchio). Oggi se ne usano circa 20 mila all'anno, riforniti alle strutture sanitarie da una ditta specializzata. Un numero esiguo rispetto al consumo fino alla prima metà del 1800: 55 milioni all'anno nella sola Francia. Numerose le vittime. Una stima fatta è sintetizzata in una battuta: «Le sanguisughe hanno fatto più morti di Napoleone». IL METODO — Tornando al salasso terapeutico, di solito si rimuovono dal circolo sanguigno 350-400 millilitri di sangue. Con il sangue si perdono globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e plasma (che contiene proteine, grassi, oligoelementi). Il rischio? «Apparato cardiocircolatorio affaticato, anemia, perdita di elementi vitali». Gli individui normali non sono in grado di tollerare un numero eccessivo di salassi perché la loro quantità di ferro depositata è limitata (da 200 a 1.000 milligrammi); quindi dopo pochi salassi si troverebbero a rischio. La morte del paziente era frequente quando il salasso costituiva una pratica terapeutica comune, basata su concezioni mediche ridicole: un vero atto vampiresco nei confronti delle malcapitate vittime.
(Servizio di Mario Pappagallo da Corriere salute 4/4/2006)

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