CONTINUAZIONE dalla nota
precedente...
La mezzadria ed il fascismo
... Con l'andata al
governo del fascismo, le cose tornarono al punto di prima e
non solo. Nel 1924, con un provvedimento del governo fascista,
fu annullato il diritto alla pensione di vecchiaia per i
mezzadri. Nel 1926 furono annullate le conquiste contrattuali
ottenute dai mezzadri con la libera contrattazione, e fu
imposto loro un nuovo "Capitolato Colonico" concordato tra i
proprietari fondiari ed i Sindacati fascisti. Capitolato che
poi fu sostituito dal Contratto Collettivo, pubblicato dalla
Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia del 9 aprile 1929
n. 83, con il quale si
riconfermavano tutte le vecchie norme contro le quali i
mezzadri avevano a lungo lottato. Si riconfermavano gli
obblighi colonici per gli allevamenti di bassa corte per i
suini e si ripristinavano antiche servitù. Durante il periodo
fascista ci furono inoltre alcuni peggioramenti, per quanto
riguarda la condizioni dei mezzadri. Primo fra tutti l'accordo
per il conferimento delle scorte vive nella mezzadria toscana,
del 31 ottobre 1938, che rasentò gli estremi di una vera e
propria truffa ai danni dei mezzadri. Infatti, prendendo a
pretesto le decisioni del governo fascista sulla parità aurea
della lira, che già aveva indebitato i mezzadri che allevavano
il bestiame di proprietà del concedente e concesso loro a
stima, ed al fine di stimolare la formazione di un capitale
della famiglia colonica, fu deciso da parte della proprietà
terriera e dei Sindacati fascisti che: "Il capitale bestiame è
conferito a metà fra concedente e mezzadro" e che la parte del
colono-mezzadro, qualora non
fosse pagata in contanti, venisse anticipata dal concedente e
iscritta nel libretto delle partite a debito del colono. In
merito va precisato che sul debito risultante dal saldo
colonico il mezzadro doveva pagare un interesse del 3%, come
stabilito dal Contratto Collettivo. Questa operazione che
portò un indiscutibile vantaggio economico ai concedenti, non
risultò di beneficio alcuno per i mezzadri. I prodotti della
stalla, vitelli nati o incremento delle crescite, continuarono
ad essere divisi a metà esattamente con le stesse modalità del
bestiame concesso a stima (tutto di proprietà del concedente).
Pertanto l'investimento fatto dai mezzadri non ebbe mai la
possibilità di essere remunerativo
e si rilevò un lucroso finanziamento a favore della proprietà
terriera, a costo zero. La situazione contrattuale dei
mezzadri restò immutata per tutto il ventennio fascista, con
una sola eccezione. Durante la guerra si rese necessaria la
proroga dei contratti agrari,
proroga che si ripetè anche
negli anni successivi alla Liberazione e che poi si rivelò un
elemento determinante nelle lotte dei mezzadri.
(Da:
Mezzadria di Elvio Collu
scaricabile dal sito) |