Vada la campagna
Trebbiatura durante la guerra. A sinistra il controllore di stato della pesata (Arch.P.Santi)

  Durante la Seconda Guerra, un grande disagio che tutti provammo fu il razionamento. Ogni persona, esibendo una tessera, aveva diritto a 150-200 grammi di pane al giorno e la carne si comprava con i “bollini” una volta alla settimana. La stessa cosa per le sigarette: fu il periodo in cui le ragazze più ambite erano quelle il cui padre non fumava; spesso infatti insieme a qualche confidenza cedevano al fidanzato la razione di sigarette del padre. In campagna i contadini, essendo adibiti a lavori pesanti, potevano trattenere due quintali di grano all’anno; ciò veniva controllato da un funzionario dello stato al momento della trebbiatura. Oggi si potrebbe pensare che queste quantità fossero enormi, dato che il pane è diventato quasi superfluo ed è spesso dimenticato, ma a quel tempo non era così. Il 1941-’42 fu un anno in cui si “strinse la cinghia”. Infatti gli ordini del fascio vennero rigorosamente rispettati. Durante il 1942-’43 invece gli agricoltori si “arrangiarono” rubando i propri sacchi di grano alla Patria. Sacchi di 100 chili volavano nei pagliai mentre il controllore di stato veniva spesso distratto da occhiate invitanti di prosperose ragazze. Il grano diventò anche un bene di scambio per ottenere altri beni necessari. Lo scambio diventò regola. A Rosignano, ad esempio, cominciò la sistematica rottura delle tubazioni che portavano l’acqua salata da Saline di Volterra allo stabilimento Solvay. Veniva raccolta l’acqua salata con tutti i contenitori possibili e poi bollita. Il residuo di cloruro di sodio era il 30% circa. La popolazione di Rosignano e della Val di Cecina con questo sale poteva ottenere in cambio altri prodotti di prima necessità: olio d’oliva, formaggio grana dall’Emilia, scarpe, indumenti di lana, pasta, ossia quanto era indispensabile al momento. (Sintesi da:" Un ragazzo in Toscana negli anni quaranta" di Piero Santi scaricabile dal sito)

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