Vada la bonifica
Visibile il breve canale di scarico dell'acqua pompata verso mare, sullo sfondo il fabbricato della Bonifica di Vada. (Immagine d'epoca tratta dal sito della Bonifica)

                L'opinione del Targioni Tozzetti nel 1743
Delle condizioni di Vada ce ne da una descrizione il Targioni Tozzetti trattando della Maremma volterrana:

"Il terreno e fertilissimo, ma le semente del grano sono dispendiose, perché a cagione dei pochi paesani, si debbono fare tutte con operai forestieri pagati a danari contanti. Simil dispendio portano le ricolte, le quali oltre di ciò recano grave pregiudizio alla sanità degli operai. Quei miserabili, oltre agli effluvi pestilenziali de' paludi, soffrono in quelle pianure circondate per ogni verso da alte e fitte boscaglie, e senza ricovero di stanze ben custodite e fresche, un caldo affannosissimo, il quale congiunto con la fatica, altera la mescolanza dei componenti del loro sangue, facendone esalare in forma di sudore la parte più spiritosa e l'acquosa ancora. Si aggiunga la lesione che riceve il corpo dallo stare immerso molte ore in aria grossa, caliginosa e piena di effluvi palustri, perciò poco elastica e quasi stagnante, perché non agitata ne rinnovata da' venti, impediti o debilitati dalle boscaglie. Si aggiunga inoltre il cibo poco sano che usano, di carni salate, di civarie, ecc. senza erbaggi freschi, le cattive acque per lo più palustri che bevono, per mancanza di fonti e di cisterne, ed il cattivo vino salmastro. Finalmente si rifletta che di questi operari alcuni dormono all’ aria, sotto certe tettoie, per guardia della raccolta, sono spesso bagnati dalle gelate guazze che paiono piogge, e sull'alba soffrono un freddo molto acuto e molesto. Altri dormono sulla terra, in capanne basse e lunghe, coperte di scope, dove è aria cattivissima, fecciosa e non circolante. Altri finalmente vanno a dormire nel castello più vicino e, rifiniti dal calore e dalla fatica del giorno, sono costretti a fare alquante miglia e, per ristoro, una lunga e ripida salita. Giunti così trafelati sull'imbrunire della sera al castello, vi trovano un'aria molto diversa da quella della pianura, perché sottile e cruda, e spesso un vento furioso e gelato. Si calcoli adunque la forza di tutte queste cause combinate e si conoscerà quali tristi effetti producono. Perciò ne segue che ogni anno tanti di ammalano nelle Maremme (tra le quali questa di cui parlo non e delle peggiori) o di febbri acuite e infiammatorie, o di croniche e intermittenti, o di scorbuto, o d'idropisia, o di cachessia, o di ostruzioni alle viscere, a misura delle cause morbifiche, e della resistenza della natura. Quindi ne è nato il proverbio che "in Maremma si arricchisce in un anno, e si muore in sei mesi". "io mi lusingo che quando questa pianura della Maremma Volterrana fosse cosi ridotta e domesticata, ella diventerebbe anche sana quanto può essere una marina. Si potrebbero altresì fabbricare molte abitazioni da contadini nella pianura più elevata, fornite di pozzi e di cisterne, e si potrebbe la pianura distribuire in poderi, come nel piano di Pisa e di Livorno. Con ciò resterebbero tolte di mezzo le cause più forti delle malattie endemiche di questa Maremma.

Ma, com'era nel suo uso, il Targioni Tozzetti giunge a suggerire rimedi a quella situazione :

"E' certamente un danno lagrimevole per la Toscana, che una sua sì bella parte sia disabitata, e non renda quel frutto che potrebbe, se l'industria umana fosse stata impiegata in aiutare la natura. In oggi il male è troppo avanzo, e troppo grande e l'ammasso dei tomboli, che anderà sempre più crescendo; perloché non è isperabile giammai di poter dare un libero scolo ai torrenti nel mare. E troppo malagevole il tener pulite le foci di essi torrenti, e bene scavate, poiché ad ogni piccola marea rimangono ostruite e piene di vasti ammassi di rena. L’unico rimedio sarebbe a mio credere, di colmare colle torbe de' torrenti la parte più bassa della pianura, sicché ella diventasse alta almeno quanto le cime de' tomboli."
Un secolo dopo, Emanuele Repetti studioso carrarese, visita nel 1846 le terre di Vada e descrive nel suo "Dizionario geografico fisico storico della Toscana" il cambiamento che il ritorno dell'uomo sta producendo in quella che era una "malsana e deserta pianura":
" La metamorfosi quasi prodigiosa che ha subito cadeste già malefico littorale, la riduzione dei tanti marrucchetti, boschi, stagni pestiferi in ben coltivati poderi abitati da 200 e più famiglie in stato florido e senza necessità di fuggire altrove a stabilirsi.....stanno a dimostrate quanto possano mani vive, benefìche e poderose, quando siano coadiuvate da uomini propensi al pubblico bene, in confronto alle mani inerti e dirò anche quasi 'morte '. La marina Vada offre allo studioso, al viaggiatore, al geologo, al chimico, all 'idraulico, all 'industrioso una scuola pratica, un bel campo di meditazioni, di riflessioni gravi e solenni...."

Vada la bonifica