Gli horrea (B)
Gli horrea (magazzini) erano a
pianta rettangolare, con cortile centrale porticato. Gli ambienti (cellae)
erano 34, disposti simmetricamente lungo i lati Est ed Ovest; di essi, 4
all'estremità Sud e, verosimilmente, 4 all'estremità Nord, erano di m
18x5,5, gli altri misuravano in media m 11,40x4,40. L'entrata era da Sud,
dal lato del porto e, come normalmente negli horrea, di modeste
dimensioni (m 1,80 = 6 piedi romani), in modo da essere adeguatamente
controllata. Le merci, in arrivo o in partenza dal porto, erano
trasportate su carri sino all'ingresso: l'interno degli horrea, in
generale, non era praticabile con veicoli per motivi di sicurezza, e
quindi i prodotti venivano trasportati e immagazzinati manualmente da
facchini (sacconi). Il portico, costituito da due file simmetriche di
pilastri, di cui sono state individuate alcune basi con possenti
fondazioni in opus caementicium, proteggeva le cellae dagli agenti
atmosferici e permetteva l'eventuale deposito di merci, anche in caso di
maltempo. Le caratteristiche strutturali dell'edificio e l'assenza
pressoché totale di granaglie mineralizzate o carbonizzate porta ad
escludere che questi horrea fossero granaria: erano piuttosto magazzini
per vasellame ceramico, per derrate alimentari (vino, olio, salse di
pesce, conserve di frutta, etc.) contenute entro anfore, di cui sono stati
effettuati cospicui rinvenimenti, e, probabilmente, per molte altre merci
di cui non sono rimaste tracce archeologiche. Non sono evidenti
particolari specializzazioni nell'uso dei vani, ad eccezione del 9,
attraversato da una canala per il drenaggio delle acque piovane dal
portico, e del 12, in cui è ubicato un pozzo. La presenza di strutture
connesse con l'acqua, e quindi fonte sicura di umidità, mal si concilia
con l'immagazzinamento di gran parte delle merci; è improbabile dunque che
tali ambienti fossero utilizzati come depositi, oltre tutto anche per
motivi di sicurezza: nei due vani, infatti, doveva registrarsi un continuo
viavai di gente, poiché 1'uno garantiva 1'accesso alle piccole terme e
l'altro ai rifornimenti di acqua. Una funzione particolare, non meglio
definibile, è ipotizzabile per il vano 15 poiché è l'unico, fra quelli
scavati, che presenta parte del pavimento in malta, e quindi la
possibilità di un maggior isolamento dall'umidità rispetto agli altri
ambienti, che erano pavimentati con spessi battuti in argilla.
Gli horrea a pianta quadrangolare con cortile centrale molto spesso erano
a due piani, con la sistemazione al piano superiore di altre cellae, e/o,
più frequentemente, degli uffici e degli alloggi del personale. Le
fondazioni e i muri degli horrea di S.Gaetano, strutturalmente, potevano
sostenere un piano superiore, ma dell'esistenza di questo non abbiamo
certezza, dato che non ci sono giunti resti archeologici relativi a rampe
o scale. Risultano invece ben attestate consistenti ristrutturazioni
effettuate intorno al IV sec. d.C.: negli ambienti scavati
stratigraficamente sono stati individuati riempimenti di argilla e di
argilla e pietrisco, che hanno restituito reperti non anteriori al III
sec. d.C.; nel vano 16, a livello della fossa di fondazione del muro Nord,
vennero disposte orizzontalmente, a costituire un vespaio, anfore africane
intere di età tardoantica. Ad un periodo successivo a tali
ristrutturazioni sono da attribuire attività artigianali (lavorazione di
metalli) individuate nel medesimo ambiente.
Dallo studio del reperti rinvenuti risulta che fra la fine del I e gli
inizi del VII sec. d.C. in questi magazzini giunsero merci dall'intero
bacino del Mediterraneo: dall'Etruria meridionale, dal Lazio e dalla
Campania, vasellame da cucina; dalla Gallia, vino e vasellame da mensa
verniciato (terra sigillata); dalla Penisola Iberica, olio e salse di
pesce; dal Nord-Africa, vasellame da cucina, terra sigillata, lucerne,
olio e salse di pesce; da aree medio-orientali, e in particolare dalla
Palestina, olio e vino; dall'Asia (coste egee della Turchia), suppellettile
verniciata e non. Tra i prodotti locali destinati all'esportazione sono
attestati vino e vasellame (terra sigillata e suppellettile da fuoco);
pur in assenza di evidenze archeologiche, è possibile ipotizzare anche
l'esportazione del sale, la cui attività estrattiva a Vada nel V sec. d.C.
è attestata dal poeta Rutilio Namaziano e, nel Medioevo, da fonti
documentarie.
Nei magazzini, dunque, confluivano i prodotti del territorio circostante,
destinati ad una commercializzazione su scala più o meno ampia, e qui
giungevano merci provenienti dai traffici transmarini: dato che ci
sfuggono le modalità con cui avvenivano tali transazioni commerciali, non
è da escludere che in alcune delle cellae potesse svolgersi anche la
vendita al minuto. E' certo che l'attività dell'edificio continuò sino
agli inizi del VII sec. d.C.: i traffici marittimi non sembrano subire
interruzioni a causa degli avvenimenti politico-militari; nonostante la
guerra goto-bizantina, ad esempio, per tutto il VI sec. d.C. continuarono
ad arrivare merci dalla Gallia, dal Nord-Africa e dall'Oriente; coeve
ceramiche di produzione locale (testelli, olle, tegami) documentano i più
tardi strati di occupazione degli horrea. (M.P.)
Dal fascicolo:
"Vada Volaterrana"
coordinamento scientifico della prof.ssa Marinella Pasquinucci. |