Demolita la casa dell’ex Pci in via XX
Settembre-Messa in vendita nel ’98.
«L’altro giorno ci sono passato davanti e m’è venuto un groppo allo
stomaco». Fusco Torri, negli anni ’70, era il tesoriere del Pci. Teneva
i conti del partito a memoria. Ha ancora appuntati quei numeri su un
quaderno verde, come l’elenco della sottoscrizione popolare aperta per
costruire la nuova sede dell’unione comunale. Più di ottocento compagni
(ma non solo) che si autotassarono. Era il 1977. Il partito era
impegnato in una delle più importanti operazioni immobiliari dell’epoca:
la nuova casa di via XX Settembre. Da tempo aveva acquistato il terreno
su cui si organizzavano, ogni estate, le feste dell’Unità. Tra i
cantanti, ospiti delle kermesse popolari del vecchio Pci, il mitico
Claudio Villa, Nilla Pizzi ed altre voci indimenticabili della canzone
italiana. Scriveva Giacomo Luppichini - allora segretario della sez.
Barontini - su "Rosignano 70", il mensile dei comunisti di Rosignano:
«Dobbiamo riconfermare, anche nella costruzione della casa del Partito,
il nostro carattere di partito autenticamente popolare che trae la sua
forza dal rapporto costante con la popolazione ed i cui finanziamenti
non puzzano di petrolio né volano sulle ali degli aerei Lockhed, ma
provengono solo e soltanto dalle mani dei lavoratori». Parole segno dei
tempi e delle tensioni dell’epoca. Furono raccolti 191 milioni e 118mila
lire, ma per metter su l’edificio che avrebbe ospitato oltre all’unione
comunale, anche la sezione «I. Barontini», la Fgci e l’ufficio di
corrispondenza locale dell’Unità, ci volevano altri soldi. «Sarà
costata, in tutto, almeno 250 milioni - racconta Sergio Carmignoli,
all’epoca segretario dell’unione comunale Ds. Ma tante cose le facemmo
da soli, a cominciare dall’impianto elettrico e dal recupero di alcuni
materiali». C’erano poi gli utili delle feste dell’Unità (103 milioni in
8 anni), i contributi delle sezioni, l’aiuto della Federazione che
allora tirò fuori 40 milioni. E poi c’era il sudore di chi lavorava
duro, recuperando le carcasse di auto, raccogliendo la carta, il ferro,
gli altri metalli. Perfino le canne, prese lungo il Fine, venivano
rivendute e piazzate. «La raccolta differenziata - ricorda Giacomo
Luppichini - la inventammo noi qui a Rosignano. Assai prima dei
verdi». Oggi in via XX Settembre della casa del partito inaugurata il 20
novembre del’ 78 da Giorgio Napolitano, non resta più nulla. Le ruspe
hanno abbattuto il vecchio scheletro in cemento armato ed il cantiere
della Sei Immobiliare è già al lavoro per allestire gli appartamenti.
Nella sede di tante battaglie, di discussioni infinite, di strappi
dolorosi, oggi ci saranno alloggi di diverse metrature. Ed un
parcheggio. Chi, alla fine degli anni ’70, aveva lavorato sodo per
costruire al Pci una nuova casa, sborsando anche quattrini di tasca sua,
oggi prova un senso di vuoto ed un po’ di comprensibile tristezza per
qualcosa che non c’è più. Alcuni compagni di Rifondazione lo sanno bene,
come anche chi - tra i diessini di oggi - contribuì a realizzare l’opera
(disegnata dall’architetto Leonardo Bertelli) e si trovava, quel giorno,
in una piazza Monte alla Rena gremita per ascoltare le parole
dell’attuale presidente della Repubblica. Napolitano fu accolto da un
bagno di folla, poi pranzò coi compagni di Rosignano sul lungomare di
Vada e ripartì per Roma. La storia successiva è nota. Arriva la
Bolognina (era il 1989) con la svolta di Occhetto che trasformò la sua
«cosa» in un partito, il Pds. La falce e il martello cedettero il posto
alla Quercia e si consumò uno dei più dolorosi strappi nella storia del
Pci, dal 1921 ad oggi. Nacque Rifondazione ed il primo motivo di attrito
coi pidiessini fu quello della spartizione del cospicuo patrimonio
immobiliare dell’ex Pci. Che, dalle Frattocchie all’ultima casa del
Popolo, passò quasi tutto in mano al Pds. A Rosignano, per la verità, la
guerra si risolse presto con un accordo ed il senso di responsabilità di
molti prevalse, anche se non mancarono le polemiche: gli immobili,
compresa la sede dell’unione comunale, finirono agli occhettiani. A
Rifondazione, invece, toccò la sezione Oberdan Chiesa di piazza della
Repubblica. Non piacquero, però, a Rifondazione le parole che in quelle
circostanze pronunciò il segretario del Pds Fabio Ghelardini:
«Rifondazione si è costituita come nuova forza politica e come tale deve
trovarsi i suoi finanziamenti», disse Ghelardini. Oggi c’è chi fa notare
che nel direttivo di quel Pds, dei 43 membri «solo 11 contribuirono
attivamente, anche con la sottoscrizione, per fondare la sede di via XX
Settembre». Ma tutto si ferma qui, ad un «groppo nello stomaco». «Non
vogliamo riaprire certe ferite», dicono Carmignoli e Torri. Negli anni
il Pds prima, i Ds poi hanno utilizzato la sede di via XX Settembre che
è diventata il centro «Mir Sada» (in slavo Pace Ora) dove si sono
ritrovate associazioni e gruppi di solidarietà e dove, negli ultimi
anni, il circolo Arci organizzava ballo liscio, tombolate e le feste di
carnevale e befana per i bimbi. Per la Quercia, però, alle prese anche
con un magro bilancio da far quadrare, quella sede rappresentava sempre
di più un costo. Il partito riattrezzò la sezione Gramsci, in piazza del
Cavallo (già Risorgimento) e nel ’98 la segreteria dell’unione comunale
decise di mettere in vendita l’immobile. E così è stato, fintanto che
nel gennaio 2006 è stato trovato l’accordo con una società immobiliare
livornese. La cifra per la vendita - conferma Massimo Tognotti, attuale
segretario dei Ds - si aggira sulle 500mila euro. «Certo che è un
dispiacere il fatto che questa sede non ci sia più. E’ un dispiacere
anche per chi, come me, non ha partecipato direttamente alla
costruzione, ma che pure ha vissuto qui momenti importanti di lavoro, di
confronto con tanti compagni». Il segretario dei Ds, però, vuole
tranquillizzare coloro che, come i soci del circolo Arci, avevano
all’interno anche un piccolo bar: non sono stati abbandonati, fa sapere
Tognotti. «Abbiamo acquistato nel ’99 un terreno alle Morelline (circa 9
ettari pagati 900 milioni) dove costruiremo un nuovo centro
polifunzionale. Qui ci sarà spazio anche per l’Arci e quelle
associazioni che vorranno organizzare iniziative». Ma per tanti compagni
non sarà più come prima. Quella casa rossa di via XX settembre resterà
per sempre il senso di una scommessa vinta ma anche il segno dei tempi
che passano inesorabilmente.
(Andrea Rocchi per Il Tirreno del
09-12-2006) |