La grande duna di
sabbia alta fino a 30 metri partiva dal Botro Cotone (o delle
Porcarecce) che sbocca
in mare davanti allo Scoglietto, per arrivare fino al Pantanello
(dove ora ci sono i Bagni Trieste e l'inizio del porto. La zona
si chiamava Pantanello per via di
un piccolo fossato incontenibile che sboccava sulla spiaggia
dove ora c'è il bar. Vecchio proverbio calettano: "quando il
mare si sente al Pantanello, prepara l'ombrello", segno di
scirocco). Tutta
l'area era di proprietà dei Berti Mantellassi che avevano la
fattoria nella via omonima e la villa (anche oggi) nel parco a nord della Coop
ed erano proprietari del "Villone" dietro la Coop. (Il Botro Cotone scorre
lungo via dei Mille e si unisce con il Botro Secco che passa davanti al campo
sportivo, nel tratto coperto a valle dell'Aurelia adiacente a
via Monte alla Rena).
IL MONTE ALLA RENA NELLA STORIA
ll momento della formazione del Monte alla Rena, secondo il
geologo Renzo Mazzanti dovrebbe essere iniziato intorno a 3500
anni or sono, quando, a seguito di un abbassamento del livello
marino di circa 2 m, i fondali rimasero scoperti per alcune
centinaia di metri e i loro sedimenti sciolti, privi di
copertura vegetale, furono sollevati dal venti e trasportati
nell'interno non lontani dalla paleo-costa, formando dune. ll
fenomeno dell'accumulo di rena in quell'arco di litorale, seppur
notevolmente ridotto di intensità in questi ultimi anni,
prosegue ancora oggi; un gioco di correnti marine durante le
mareggiate trascina dall'antistante fondale (che ne è ricco) la
sabbia, accumulandola in punti ben precisi della costa, l'azione
del vento poi completa il lavoro di spargimento sulla
terraferma. Tale processo di sedimentazione, verificatosi nel
corso dei secoli, verosimilmente continuerebbe ad avvenire se
scomparissero tutte le opere costruite dall'uomo lungo il
litorale in questione. ll Monte alla Rena oggi non esiste più,
perche sfruttato come cava di sabbia sino alla fine degli anni
Quaranta del secolo scorso, quando è stato completamente
spianato. Si trattava di una grande duna alta quasi trenta metri
ed estesa su una superficie di
circa 4 ettari. ll punto più alto si trovava vicino al mare,
dove oggi sorge il palazzo SILT (costruito nei primi anni '6O)
di fronte a quello che, significativamente, oggi si chiama
“Lungomare Monte alla Rena" (già Lungomare Cistoforo Colombo).
L'imponente duna, dunque, se nel medioevo faceva parte del feudo
incastellato di Castiglione Mondiglio, nel secolo XVI rientrava
in una vasta tenuta boscosa di proprietà comunale (circa 650
ettari), che dal mare, seguendo il confine meridionale tracciato
dal Botro delle Porcarecce,
(ll toponimo è riconducibile
alla presenza di ricoveri per porci che venivano fatti pascolare
nelle boscaglie della zona. Anticamente questo corso d'acqua era
chiamato Botro Ridonico, oggi è più comunemente noto come Botro
Cotone) saliva verso "La Maestà" (dove passava l'antica via
di crinale detta “delle Serre"), inglobando le località Cotone
(a sud) e Trik Troi (a nord).
ln Età moderna il tratto di costa dove si ergeva il Monte alla
Rena appariva come un luogo brullo e spopolato, l'unica presenza
umana era costituita da un piccolo drappello di guardie della
marina che trovavano riparo in una capanna posta alla sommità
del rilievo. Queste guardie facevano parte di un corpo militare
di terra istituito dal granduca di Toscana, Cosimo l dei Medici,
per difendere la costa dalle incursioni barbaresche, mentre per
la difesa dei mari lo stesso granduca aveva armato una flotta
alla guida dell'Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano. ln
realtà, fin dal medioevo, il pericolo delle predazioni da parte
dei pirati Mori non era mai cessato, tanto che la Repubblica di
Pisa aveva munito le coste toscane, e relativo arcipelago, con
un sistema di torri di avvistamento con il compito di segnalare
l'avvicinarsi di navi nemiche mediante fuochi di notte e fumi di
giorno. A quel tempo sul litorale di Rosignano vigilavano le
torri di Vada e di Castiglioncello. (Un documento della
seconda metà del secolo XIV riporta le modalità con cui la
Repubblica di Pisa intendeva attuare questo sistema di
segnalazioni dalla Rocca del Giglio fino alla torre alla foce
d'Arno: “...Seggio o vero Lemarse denno far segno a Vada et
dennovi stare due guardie; dennole pagare Vada et parte le
castella piu vicine. Vada de rispondere et far segno a
Castiglioncello et devi stare due guardie; delle pagare lo
comune di Razignano. Castiglioncello de rispondere et far segno
a Montenero..." VIG0 P. "Le segnalazioni del Medioevo nei luoghi
del Capitanata di Livorno, in “Miscellaneo di Storia ed
erudizione livornese", Anno l, Fascicolo I, 1 luglio 1910).
Poiché intorno al XVI secolo era riapparso in forza il terrore
saraceno, Cosimo I dovette provvedere al potenziamento del
sistema difensivo costiero di tutto il litorale toscano,
costruendo nuove torri e rimodernando quelle esistenti.
lnframezzate ad esse, un sistema di casette, prima in legno
(capanne) e poi in muratura, dava alloggio a piccoli nuclei di
soldati a cavallo, che avevano il compito di "battere" o
“scorrere” la costa fra una torre e l'altra. Lo facevano
percorrendo una strada litoranea di natura militare, detta per
questo “dei Cavalleggeri", ma riportata sulle antiche mappe col
nome di “Strada del Littorale" o “Via di Marina" ( Le piante
estimali (1795) e catastali (1823) relative all'odierno
territorio comunale riportano come Strada dei Cavalleggeri,
rispettivamente la via che da Gabbro, passando per Nibbiaia,
scendeva alla Casetta di Campolecciano (alla cui sorveglianza
erano preposti i soldati del Gabbro) e la via che da Rosignano
conduceva alla Casetta del Monte alla Rena). Per comprendere
il senso di paura vissuto dalle popolazioni costiere di ciò che
dal mare poteva arrivare, sono significativi due episodi
riguardanti rispettivamente Gabbro e Rosignano. Il primo fu
depredato nel 1564 da un'incursione piratesca che prese come
schiavi la quasi totalità degli uomini validi, mentre riguardo
al secondo una visita pastorale del 1597 ci informa che: "i
fedeli non si adunassero più nella vecchia pieve per la
lontananza e per timore dei pirati".
(Da "Monte alla Rena: fra
storia, arte e memoria" di Roberto Branchetti 2016)
LA CASETTA DEL MONTE ALLA RENA
Come per gli altri posti
intermedi di difesa e controllo della costa, anche questo,
denominato Casetta di Monte alla Rena risulta di modeste
dimensioni e prevalentemente adibito ad alloggio e riparo per i
cavalleggeri. Abbiamo notizia della costruzione di un primo
riparo, detto Capanna
delle guardie alla marina, da un
documento del 1592, in cui viene indicata la sua lunghezza,
braccia 16 (ca. 9 mt.) ed il nome del costruttore, Jacopo. Da
un’altra nota di spese del 1640 si comprende che, data la loro
precarietà strutturale e la vicinanza al mare, a questo riparo
come agli altri, occorrevano costanti lavori di manutenzione che
nel caso ammontarono ad una spesa di lire 14. Altri lavori nel
1790 si estesero anche alla strada detta della Cava (di tufo in
Poggi
Paoli) che collegava Rosignano alla Torre di Castiglioncello ed al posto di Monte alla Rena. La struttura,
simile a quella di altri posti alla marina, consisteva in una
sola stanza al piano terra adibita a stalla ed una superiore
destinata a caserma per il presidio di cinque uomini, come
risulta dalla legenda di una carta del 1721. Ai primi dell’ 800
anche l’architetto P. Poccianti, progettista dell’acquedotto di
Colognole, soprintendeva ai lavori di manutenzione delle casette
per la cavalleria nel littorale fra cui quella di Monte alla
Rena. Un’ultima notizia è del luglio 1846, quando il possidente
locale, Conte Teodoro Mastiani Brunacci, acquista un tratto di
strada obbligandosi a dare servitù di passo ai cavalleggeri che
dovevano recarsi alla casetta di Monte alla Rena. Oggi niente
resta di questa costruzione che, fatte le dovute verifiche fra
il Catasto del 1823 e la cartografia moderna regionale, doveva
sorgere nell’attuale paese di Rosignano Solvay, al termine di
via del Popolo dove oggi sono i giardinetti prospicienti il
mare. (Dal volume: "Monte alla Rena fra scienza e leggenda"
di Leo
Gattini - Carlo Mancini - Renzo Mazzanti -
Stefano Rossi, scaricabile dal sito)
Rosignano
Solvay - Lo sviluppo urbano
La Società Solvay, seguendo
una metodologia tipica della concezione industriale dell'epoca, realizza
le abitazioni per le proprie maestranze in relazione al loro inquadramento
lavorativo. L'operazione è attuata attraverso tipologie edificatorie
specifiche, che vanno dai "palazzoni" quadrifamiliari per gli
operai, alle ville bifamiliari per le qualifiche più elevate, secondo una
pianificazione urbanistica precisa già sperimentata nella madre
patria belga. L'edifìcio, posto al centro
del lotto (o comunque con il fronte arretrato), viene immerso in un'area a
verde. La viabilità pubblica è marginata da una "fascia" di
verde (1913-1935). Il nuovo centro urbano ben presto non risultò
sufficiente nè per i dipendenti, nè per la popolazione; tanto che:
"La conseguenza più vistosa fu la creazione di un nuovo centro abitato...
che ben presto dilagò spontaneamente verso il mare, su terreni di altri
proprietari" Ecco nascere il "Paese Nuovo" che si
affiancherà alla "città giardino" voluta dalla società belga. I primi insediamenti "non
Solvay" sorgeranno lungo la via Aurelia (ex S.S. n° l) che corre
parallelamente alla linea ferroviaria. Farà seguito poi l'irraggiamento
verso il mare con un reticolo ortogonale di strade e viuzze che andranno a
costituire il quartiere "nuovo" di Rosignano. In questo caso, si
assiste ad un assetto urbano tendente a costruire sui margini dell'isolato
formatosi nel tessuto reticolare della viabilità, mentre l'eventuale area
a verde, o comunque l'area di competenza dell'edificato, si concentra
all'interno dell'isolato stesso. L'edifìcio quindi si affaccia
direttamente sulla strada ed è separato da essa solo dal marciapiede (di
modeste dimensioni). La tipologia edilizia più frequente è quella in
linea (con ingresso centrale sulla facciata, dal quale si accede in un
"andito" di discrete dimensioni su cui si affaccia l'accesso di
due unità abitative, con una scala sul fondo per accedere ad altre due
unità al piano superiore, giustapposte su quelle al piano terra). La piazza "Monte alla
Rena", realizzatasi negli anni cinquanta, là dove sorgeva il
"cuore" dell'immensa duna sabbiosa che dava il nome alla località,
si viene a creare quasi casualmente, lasciando libero nel tessuto urbano,
l'area di un isolato. Lo spazio infatti, così com'è
oggi, appare più come un "buco", un "parcheggio", che
non una piazza vera e propria in connessione con l'edificato circostante.
Il quartiere denominato
"Paese Novo" divenne per lo più occupato da coloro i quali
provenivano da fuori e non lavoravano direttamente all'interno della
fabbrica, ma facevano parte di tutto quell'apparato economico orbitante
intorno ad essa o che comunque forniva servizi ai lavoratori della
fabbrica. Si creò, così, un paese
parallelo a quello costruito dalla Solvay. Oggi il quartiere ha perduto
gran parte della sua centralità. Il ruolo di fulcro vitale del paese, con
le ultime scelte urbanistiche, si è spostato a monte, nei quartieri sopra
ferrovia; ed una parte delle famiglie "storiche" hanno lasciato
il posto a nuove provenienti da altri territori. Quello che auspichiamo è
che l'intero quartiere, oggi soggetto a ristrutturazione edilizia e
riqualificazione urbanistica (anche in relazione al nuovo assetto che si
avrà con l'attuazione del previsto porto turistico), possa, con tali
interventi, salvare quella che è la memoria di una realtà
caratterizzante i nostri luoghi. In queste pagine cercheremo di
inquadrare lo sviluppo urbano attraverso alcune tappe temporali rilevabili
dagli strumenti cartografici ufficiali; vale a dire quelli messi a
disposizione dall'Istituto Geografico Militare, dalla Regione Toscana e
dalla Provincia di Livorno. Nello specifico, facciamo riferimento alle
seguenti cartografìe:
Tavoletta I.G.M. scala 1:
50.000, levata anno 1883
Tavoletta I.G.M. scala 1:
25.000, levata anno 1939
C.T.R. scala 1:10.000 da foto
aree del 1984
Carta Provincia di Livorno
scala 1:5.000 da foto aree del 1975
Inoltre si deve aggiungere "L’Atlante
diacronico delle coste toscane - anni cinquanta anni ottanta"
edito dalla Regione Toscana, che riporta l'edificato rilevato con il
volo G.A.I.1954.
Ogni singola carta ci da una
chiara e ampia visione del territorio nelle varie epoche di rilevamento.
Mentre la tavola dello sviluppo urbano è frutto della loro analisi
interpretativa.
Partendo dalla Tavoletta
I.G.M., levata nell'anno 1883, l'area in esame ci appare ancora
"vergine": nessun edifìcio è presente sul versante marino
della via Aurelia, (ex S.S. n° l) unica arteria presente. Non compare la
ferrovia che sarà, peraltro, realizzata solo nel 1910. Alcuni edifici
"storici", sparsi, sono segnalati a monte della ferrovia: la
Quercioleta, Casa Mondiglio, Casa San Rocco...
Ben evidente la vegetazione
tipica della macchia marittima sulla duna di "Monte alla Rena",
poi,... alcuni fossi, qualche viottolo e niente più. D'altronde, l'intera
area costiera a nord del fiume Fine doveva avere ancora un suo sviluppo.
Castiglioncello è un piccolo agglomerato quasi esclusivamente formato
dagli edifici più antichi: la torre, la caserma dei cavalleggeri, la
chiesetta seicentesca di S. Andrea, la villa Martelli (che di lì a poco
sarà demolita per far posto alla villa Patrone, poi denominata castello
Pasquini).
Per Castiglioncello, in ogni
caso, si sta avviando quel processo che la farà diventare una famosa
località turistica. Di contro, per Rosignano, anzi, Rosignano Solvay, si
dovrà attendere ancora un trentennio. Soltanto nel 1913 inizierà la
costruzione della fabbrica chimica Solvay e lo sviluppo urbano prenderà
l'avvio, dapprima con la "città giardino" voluta dalla società
belga, e poi con il nuovo paese, che si spingerà ulteriormente verso la
costa..
La seconda cartografia,
(I.G.M.) ci porta nell'immediato anteguerra (1939). Il territorio, in
vent'anni, ha subito radicali mutamenti. La ferrovia va ad affiancarsi al
tracciato della via Aurelia e l'area comincia ad essere antropizzata; il
villaggio Solvay è quasi del tutto completato, sia a monte sia a mare
della statale. Si è attuato il completamento di quasi tutte le strutture
di servizio pubblico: la scuola, il teatro, i bagni Canottieri,
l'ospedale. Allo stesso modo, il "Paese Novo" si è ormai
formato per una buona metà: dapprima lungo la Via Aurelia e poi verso il
mare. Da questo, si sono creati quegli isolati generati dall'intersezione
della viabilità ortogonale alla stessa strada (via della Nonna, via del
Partigiano, via del Popolo, via Berlinguer, via del Fante, e via
Modigliani) con le vie secondarie ortogonali a quest'ultime (via Verdi,
via XX settembre, via Toscanini ecc.). Il processo attuato, può
ricondursi ad una pianificazione "classica" di carattere
ottocentesco. L'estrema velocità di sviluppo va ricondotta soprattutto
alla presenza della nuova fabbrica che richiama in loco numerose famiglie
dai territori limitrofi creando, così, l'urgente necessità di nuove
costruzioni. L'area a mare si sviluppò prima perché era più facile
acquisire le aree (in gran parte di unici proprietari), e perché maggiore
era la possibilità di reperire materie prime come pietrame e sabbia
(seppure non di ottima qualità). Indubbiamente lo sviluppo a monte è
stato ostacolato dalla presenza della ferrovia a ridosso immediato dell'Aurelia.
Il "Monte alla Rena" è ancora presente, sia come toponimo
"Monti alla Rena", sia com'entità fisica: per il momento,
l'edificato si attesta solamente attorno ad esso, quasi volesse
rispettarlo.
Un'altra fotografia ci è data
dalla tavola relativa all’Atlante
diacronico delle coste toscane - anni cinquanta anni ottanta"
edito dalla Regione Toscana, che riporta l'edificato fotografato con il
volo G.A.I. 1954. Qui si rileva quasi il raddoppio speculare dell'area
verso il mare, il meccanismo di pianificazione è ancora lo stesso: si
continua ad utilizzare il territorio creando isolati ottenuti dalla maglia
per lo più ortogonale della viabilità. Il Monte alla Rena, gradatamente,
viene espugnato... Il fenomeno in questo momento ci appare più chiaro: è
finito da poco il conflitto bellico, si innesca quel processo
dell'abbandono dei centri collinari e della campagna in genere.
La popolazione è fortemente
attratta dalla "fabbrica" dove con un orario fisso di lavoro e
un salario certo; ha la speranza di migliorare il proprio tenore di vita.
Contemporaneamente, migliorate
le condizioni economiche, si avvia, anche se timidamente, la tendenza, da
parte delle popolazioni provenienti dalle città della Toscana (e non), a
passare le "vacanze al mare". Tale fenomeno avrà il suo massimo
sviluppo per tutto il periodo del cosiddetto "boom economico" e
caratterizzerà gran parte degli anni '60. Vi è quindi necessità di
edificare nelle aree prossime al mare, per fornire a questa utenza una più
ampia offerta.
E' in tale fase che viene
lasciato libero dal processo edificatorio lo spazio di un isolato per dare
posto alla piazza che prenderà, appunto, il nome di piazza Monte alla
Rena, in ricordo della duna che ormai stava del tutto scomparendo.
Contemporaneamente si rileva lo
sviluppo del territorio "a monte" della linea ferroviaria.
Un'altra tappa si ha, nel 1975,
attraverso la cartografìa provinciale redatta da foto aree.
Lo sviluppo lato mare subisce
un rallentamento, sia perché l'area si sta saturando, sia perché ormai
è in via d'indebolimento (per scomparire del tutto nel decennio
successivo) il fenomeno del turismo balneare a carattere
"mensile" o stagionale, al quale ne subentra un altro a
carattere di "fine settimana". Sono da rilevare, infatti,
soltanto interventi di completamento; e l'unico, ulteriore sviluppo urbano
si ha verso l'estremo nord sul prolungamento del viale Trieste. Il meccanismo si fermerà qui.
(Dal volume: "Monte alla Rena fra scienza e leggenda"
di Leo
Gattini - Carlo Mancini - Renzo Mazzanti -
Stefano Rossi, scaricabile dal sito)
IL SIRENA
Negli anni ‘6o, il Sirena era uno dei pochi ritrovi della
costa di Rosignano oltre al Ciucheba e Cardellino a
Castiglioncello e la Barcaccina a Vada.
All’inizio la sala era improvvisata, si ballava sul cemento
che dava sulla strada, poi fu ampliata la terrazza sul mare
e costruito il dancing al coperto che, dal '70 ha ospitato i
gruppi e gli artisti più famosi dell’epoca (Nilla Pizzi,
Betty Curtis, Nini Rosso, Roberto Vecchioni, Camaleonti,
Nomadi, Le Orme, Ricchi e Poveri) o serate indimenticabili
con giochi e quiz (Alighiero Noschese, Mike Bongiorno,
ecc.).
Il primo proprietario fu il mobiliere Lupi di Rosignano, che
lo cedette nel 1964, ad Alemanno Martini (cui si deve la
costruzione del dancing vero e proprio); nel 1972 il locale
fu acquistato da Renzo Paglianti, che, con la moglie Etna
Tempesti, lo gestì per circa trent’anni.
I nuovi gestori hanno riacceso l’insegna luminosa, simbolo
del locale, con la coda di sirena che si tuffa fra le onde.
Foto
6 - Siamo in zona "Bagni Liana"
odierni, a sinistra il caratteristico scoglio che da il nome
alla zona, più avanti la stessa
scogliera odierna. Ma è ancora ben presente la grande duna di
sabbia, in parte coperta di vegetazione che segue l'andamento
della costa fino alla zona del Pantanello (ora Bagni Trieste).
Intanto il 13
giugno 1921, Federigo Tarchi ottiene una licenza per l'apertura
del bagno a mare a Monte alla Rena visibile nella foto. Sicuramente il primo di
Rosignano. Negli anni 1935-38 il monte della rena fu
praticamente azzerato a causa della gran quantità di sabbia
portata con i barrocci verso i nuovi Canottieri
Solvay per la
realizzazione dell'arenile artificiale a seguito
dell'abbandono del precedente bagno aziendale al Lillatro e
che fu inaugurato il 15 luglio del 1939.
Foto 15 -
La spiaggia dello
Scoglietto. L'immagine sa' tanto di «dopolavorismo» marinaro:
bambini in gruppo (una «colonia al mare»?) con donne —
alcune abbondantemente vestite — che evidentemente sorvegliano
il gioco dei ragazzi. Ma una si erge arditamente...col suo unipezzo in lana nera! E un quadretto significativo della
provincia italiana di quel periodo.
(Il Tirreno)
Foto 46 - Il
nuovo parco di Via Nazario Sauro è stato “inaugurato” l'11
Agosto 1998 alla presenza del Sindaco, dell’Assessore
Tognotti, del Presidente del C.d.F. di Rosignano Solvay
Marianelli. Il parco era esistente da molti anni, concepito
con tanto verde, siepi di pitosfori e alberi di tamerice
(alcuni secolari), attrezzato con giochi per bambini, una
bella fontana, un campo di basket/volley che nel tempo è
stato abbandonato a se stesso; i muri di recinzione sono
andati distrutti, la fontana seccata e l’area è diventata
ricettacolo di immondizie. Da tre anni il C. di F. ha
puntato alla risistemazione di questa area sia attingendo al
proprio fondo di dotazione (acquisto di panchine) ma
soprattutto con lo stanziamento dei LL.PP. destinato alle
richieste dei Consigli di Frazione (700 milioni per il 1998)
si è potuto recuperare l’area. E’ stato rifatto il muro di
recinzione, sono stati installati nuovi punti luce, è stata
ripristinata la fontana (con sorgente luminosa), sono state
installate panchine e raccoglitori di rifiuti, è stata fatta
la potatura e la pulizia delle siepi. Questa “inaugurazione”
voleva essere, negli auspici del C. di F., piuttosto una
consegna dell’area al gruppo di “nonni verdi”, con l’aiuto
di AUSER e del rione Monte alla Rena. Il costo complessivo
dei lavori è stato di circa 80 milioni e deve servire alla
fruizione dell’area da parte dei cittadini; va scongiurato
il pericolo del ripetersi della situazione precedente.
Per questa ragione è essenziale la presenza del gruppo dei
“nonni verdi” che sulla scorta delle realtà esistenti (Poggi
Paoli, Paese Novo, Pescine, Lillatro, Serragrande, Via
Agazzi e Via Lago di Como, quest’ultima di recente
costruzione) provveda alla cura e alla sorveglianza
dell’area.
12
settembre 1956 - Si è svolta sulla
pista dello "Scoglietto" la riunione notturna di pugilato
organizzata dal Circolo Giovanile Solvay. Sono saliti sul
ring e 14 giovani pugili appartenenti alla Palestra Olimpia
di Prato, alla Palestra del C.R.A.L. Stanic di Livorno,
all'Associazione Sportiva Montecatini, all'Associazione
Sportiva Cascinese, all'Accademia Pugilistica Livornese,
nonché al Circolo Giovanile Solvay. Dei sette incontri
disputati il migliore e il più interessante è stato quello
fra i pesi welter Più dell'Accad. Pugilistica Livornese e
Mazzinghi dell'Associazione Sportiva Cascinese, quest'ultimo
fratello del più famoso Guido Mazzinghi campione italiano
dei medi. I due pugili hanno portato a termine le tre
riprese conducendo un combattimento di notevole livello
tecnico. La vittoria veniva aggiudicata a Mazzinghi che
nell'ultima ripresa aveva saputo dimostrare una certa
superiorità. Fra gli atleti del Circolo Giovanile Solvay,
Casalini si è imposto all'attenzione del pubblico e degli
esperti conducendo un ottimo incontro che costringeva il suo
avversario Becattini ad abbandonare. Il popolare Sandro ha
disputato un aggressivo combattimento che lo ha condotto
alla vittoria ai punti fra il delirio plaudente della folla.
Il generoso Nedo potrebbe tuttavia rendere ancora di più se
con un'accurata preparazione riuscisse a mettere a punto le
sue possibilità. Ecco i risultati degli incontri.
Pesi leggeri: Specos (C.G.Solvay) e Agati (Prato) match
pari.
Pesi piuma: Casalini (C.G.Solvay) batte Becattini (Prato)
per abbandono alla 2a ripresa.
Pesi welter pesanti: Santini (Prato) e Lenzi (Cascina) match
pari.
Pesi welter pesanti:
Sandri (C.G.Solvay) batte Marianelli (Cascina) ai punti.
Pesi welter:
Mazzinghi (Cascina) batte Più (A.P. Livorno) ai punti.
Pesi leggeri: Bonzanini (Montecatini) batte Attinà (C.G.Solvay)
ai punti.
Pesi welter leggeri: Brondi (CRAL Stanic) e Tassi (A.P.
Livorno) match pari.(Il
Tirreno 14/9/1956) |