La fabbrica/Il Cracking   

 

1971 - L'impianto del Cracking visto da est 1971 - Le vasche di decantazione dei prodotti residui del Cracking 1971 - L'impianto del Cracking visto da est 1970 - Il Cracking visto dai 65m. della torcia acetilene in zona Prodotti Clorati 1970 - Il Cracking visto dai 65m. della torcia acetilene in zona Prodotti Clorati 1971 - L'impianto del Cracking visto da sud L'impianto in notturna... ...e di giorno. 1979 - Il Cracking nell'ultimo anno di marcia, sarà fermato il 3 agosto Vista da sud del grande impianto 1971 - Lo stabilimento nella sua massima estensione, il Craking al centro. Sulla dxestra ancora il Mondiglio ed il villaggio Aniene. Panoramica da ovest A sx l'étagère, dx il 2° etagere, dove erano i reattori. A dx la sala controllo, in basso le vasche di decantazione dei residui catramosi. Vista dall'Elettrolisi. 1971 - Il Cracking illuminato a giorno dalla torcia che brucia gas residuo. 1979 - Il Cracking (coreografie industriali di Paolo Pagnini) 1979 - Il Cracking (coreografie industriali di Paolo Pagnini) 1979 - Il Cracking (coreografie industriali di Paolo Pagnini) 3-8-1979 - Si prepara l'arresto definitivo alla presenza degli ingg. De Gaudenzi, Grillo, Muzzati. 3-8-1979 ore 16,02 - Il conduttore Luciano Nassi schiaccia il pulsante di arresto dell'impianto. Il personale del reparto CK Turno A - Si riconoscono in piedi: ?, ?, Costagli, Faccenda, Giannetti, Bertini, Regini, Borella, Tani M. - accosciati: Muraglia, Lamagna, ?, ?, Biancani, ?, Giubbilini. Turno B: Borghini, Paoletti, Cercignani, Cantini B., Provinciali, Giusti, Nelli, Borella, Bicchielli. Il personale del reparto CK Turno C - Si riconoscono in piedi: Barsotti, Piancastelli, Nassi, Orsini, Toni, Sarzanini, Salvini, Mancini, Bianchi, Giannoni. - accosciati: Papi, Gronchi, Mazzoncini, Meini. Turno D - in piedi: ?, Toscarelli, Bensi, ?, Paoli, Manzi, Tangheroni, Ricotti, Tarchi. - accosciati: Calvani, ?, Procopio, Barzi, Milani, Bartoletti.

 

1965 - 3 agosto 1979 - Il Cracking aveva una capacità di circa 50.000 ton/anno ed un livello di inquinamento ambientale, data la tipologia dell'impianto, molto alto, nonostante i grandi investimenti e le tecniche messe in atto. Nato quattordici anni prima secondo una tecnica allora all’avanguardia, fu messo faticosamente in marcia nel corso del 1965-66. Lo sviluppo successivo degli steam-cracking per la produzione di etilene da virgin-nafta e la creazione di un nuovo processo chimico per la produzione di cloruro di vinile da etilene anziché da acetilene, hanno determinato, a partire dagli anni ‘70, una progressiva antieconomicità del cracking acetilenico in funzione a Rosignano. Su questa base è nata la decisione della Solvay per la costruzione del nuovo pontile per il rifornimento di etilene via mare in quantità adeguata alla capacità di polimerizzazione esistente, assicurando nel contempo al proprio personale una continuità di occupazione.  (Arch. Solvay - A. Pastacaldi - R. Pardini - P. Pagnini)

                                 IL CRACKING A ROSIGNANO
A partire dagli anni Sessanta, l’obiettivo Solvay fu di sviluppare la propria attività nel settore delle materie plastiche, producendo sul posto le materie prime che acquistava sul mercato o produceva in piccole quantità con sistemi ormai superati. Precisamente:
1) l’acetilene, per la produzione di cloruro di vinile ed ottenuta, fino ad allora, dal carburo di calcio fatto giungere a Rosignano dalla Francia in contenitori di ferro via ferrovia e strada;
2) l’etilene, necessario alla produzione di polietilene e trasportato per ferrovia da Mantova in carri-bombola;
3) il metano, utilizzato per la produzione di clorometani e fatto giungere dal modenese per mezzo di appositi camion-bombola.
Nella prima metà degli anni Sessanta la società Montecatini aveva messo a punto allo stadio pilota un crackinq acetilenico che sembrò alla società belga ideale per produrre congiuntamente le tre materie prime necessarie. Oltre a produrre tali materie ad un costo competitivo, l'impianto Montecatini forniva anche dei sottoprodotti utilizzabili negli stabilimenti di Rosignano, ovvero gas residui in grande quantità e benzinoni, ottimi combustibili per i generatori di vapore. Nonostante le notevoli difficoltà tecniche incontrate nella messa a punto del processo, la società belga fu l’unica in grado di far funzionare industrialmente questo tipo di impianto avviandolo definitivamente nel 1967. Tutti gli altri impianti di cracking che la Montecatini aveva venduto in Russia, Svizzera ed USA, infatti, non furono mai messi in marcia a causa dell’incapacità di superare alcuni problemi tecnici (compreso quello della stessa Montecatini).
Ben presto, tuttavia, il crackinq acetilenico messo in funzione con tanta fatica dagli ingegneri della Solvay, si rivelò antieconomico. Infatti, qualche anno dopo, fu scoperto ed industrializzato un nuovo procedimento per la produzione del cloruro di vinile che utilizzava l’etilene in luogo dell’acetilene. Ciò determinò la perdita d’importanza dell’acetilene, un tempo materia prima «nobile», mentre cresceva quella dell’etilene, verso cui si stava sviluppando una forte domanda di mercato. La disponibilità di etilene, del resto, era assicurata dall’avvento di una nuova tecnologia di cracking (a vapore), il cosiddetto steam-crackinq, che permetteva di produrre grossi quantitativi di questa sostanza con costi molto ridotti rispetto al precedente cracking acetilenico (a secco). L’idea di realizzare un impianto di steam-crackinq a Rosignano venne subito scartata dalla società belga. Le tecnologie di steam—cracking, infatti, potevano essere realizzate solo in dimensioni che erano assai superiori alle possibilità d’utilizzo dello stesso polo chimico. La capacità produttiva di uno steam-crackinq si aggirava allora intorno alle 300-500 mila tonnellate all’anno di etilene, mentre il consumo che poteva farne la Solvay era dell’ordine di 50-100 mila tonnellate all’anno. Inoltre, un impianto di steam-crackinq avrebbe richiesto, intorno a sé, la realizzazione di una rosa di impianti sussidiari per lo sfruttamento dei sottoprodotti di processo (propilene, butadiene, gas combustibile, ecc.), che imponevano, a loro volta, ulteriori ingenti investimenti. Tuttavia, la società belga era ormai decisa a fermare il precedente crackinq, divenuto obsoleto ed inquinante e con una capacità insufficiente a permettere qualsiasi sviluppo della petrolchimica locale. Andava dunque cercata una soluzione che avrebbe comportato il futuro arresto del crackinq a secco e di tutte le produzioni ad esso collegate. Di conseguenza a Rosignano potevano rimanere in marcia solo i reparti della sodiera, dell’elettrolisi, dell’acqua ossigenata e del perborato, con una riduzione dell’organico di 1.500-2.000 unità, rispetto al totale di 3.500 dipendenti del 1971.
Gli studi per una soluzione alternativa al vecchio cracking presero avvio nel 1971. Tuttavia, nessuna delle ipotesi presa in considerazione poté trovare una concreta realizzazione. La mancanza di condizioni favorevoli per l’approvvigionamento della materia prima (la verqin nafta) a prezzo competitivo e il ridimensionamento delle previsioni di sviluppo della domanda internazionale di idrocarburi a seguito dello shock petrolifero dei primi anni '70, fecero definitivamente cadere la possibilità d’installare un nuovo impianto di steam-cracking nella zona.
La Solvay, ritenendo inderogabile fermare a breve termine il proprio impianto di cracking, dovette ripiegare sull’unica alternativa possibile ovvero acquistare l’etilene, trasportato via mare allo stato liquido, dai poli di raffinazione che, a seguito del «Piano di Chimica Nazionale», erano stati fatti concentrare nel Mezzogiorno d’Italia. Fu allora che, nel 1979, furono compiuti nei pressi degli stabilimenti di Rosignano due passi molto importanti. Da una parte, venne inaugurato il nuovo pontile di Vada che doveva servire come punto di attracco per le etileniere; dall’altra, venne fermato l’impianto di cracking acetilenico il 3 agosto alle 16,02.
Il nuovo pontile, faceva parte di un complesso industriale molto più ampio, chiamato «Terminale di Vada», che comprendeva anche gli impianti di stoccaggio dell’etilene. La necessità di costruire un nuovo pontile derivava dall’impossibilità di utilizzare quello costruito da Solvay subito dopo la prima guerra mondiale, il «Vittorio Veneto». Questo ultimo era adibito per lo più alla partenza di navi estere destinate a trasportare soda caustica ed era assolutamente inadatto, data la scarsa profondità dei propri fondali, all’attracco di navi di grosso tonnellaggio. La costruzione del nuovo pontile prese avvio in agosto 1977 e occorsero due anni per ultimarlo, dopo non poche difficoltà incontrate sia nella fase di progettazione che in quella di realizzazione. Al termine dei lavori, esso risultò come il pontile più lungo d’Europa in mare aperto (ben 1.720 metri). Ancora oggi l’approvvigionamento dell’etilene avviene per mezzo di navi che attraccano a questo pontile.
La decisione di costruire il «Terminale di Vada» rivestiva un’importanza strategica in quanto dimostrava la volontà, da parte della società belga, di consolidare la propria presenza sul territorio di Rosignano aumentando la capacità di produzione del polietilene e riservandosi in futuro la possibilità, qualora le condizioni di mercato lo avessero permesso, di costruire altri nuovi impianti per l’utilizzazione dell’etilene.
(Sintesi da: "Solvay in val di Cecina" di B.Cheli e T.Luzzati)

          Il piano chimico nazionale del 1971
Il 6/12/71 il CIPE approva il piano chimico nazionale, che dovrebbe coordinare la realizzazione di nuovi impianti competitivi e i loro rispettivi finanziamenti. In Italia perdura il concetto di integrazione d'entità, cioè ogni società produce la materia prima che utilizza nei propri impianti. Le industrie hanno perduto così, competitività europea e questa sembra essere la ragione della crisi del settore chimico nazionale. Nel nord Europa, invece, diverse industrie hanno realizzato dei centri petrolchimici, integrati in senso orizzontale, di dimensioni ottimali, riuscendo così ad ottenere dei prodotti competitivi sul mercato mondiale. Il piano chimico nazionale, si prefigge di realizzare anche in Italia gli stessi impianti già sviluppatisi altrove, razionalizzando i centri esistenti con il superamento delle loro sotto-dimensioni, concentrando le nuove capacità produttive in modo da rendere possibile il collegamento tra i vari Steam-Cracking (impianti che permettono di trasformare la benzina virgin-nafta in prodotti più leggeri), rendendo l'etilene come una sorta di bene comune da mettere a disposizione dei vari utilizzatori. Si pensa di promuovere l'attuazione di tali principi attraverso particolari agevolazioni fiscali e facilitazioni per gli investimenti. Da parte della Solvay viene fatto notare nel 1971, come esista una stretta interdipendenza dei vari impianti produttivi, portando ad esempio una eventuale chiusura del Cracking, che avrebbe avuto, come conseguenza, l'arresto degli impianti di polietilene, del cloruro di vinile, la riduzione dei clorati, e delle sale elettrolisi (cloro e soda caustica) e, infine, della sodiera. In definitiva la Solvay ritiene, che il fattore condizionante lo sviluppo di Rosignano sia rappresentato dalla disponibilità di etilene a prezzo competitivo. Nel '60 la Società si era preoccupata di assicurarsi, ad un prezzo equo, le tre materie prime che le mancavano nel campo petrolchimico:
A - l'acetilene per la produzione del cloruro di vinile;
B - l'etilene per la produzione del polietilene acquistato fino ad allora dall'Edison di Mantova;
C - il metano per la produzione dei clorometani, che veniva acquistato dalla Sir.
L'istallazione di uno Stem-cracking non avrebbe fornito l'acetilene, materia prima essenziale in quel momento, ed avrebbe imposto la cessione di notevole quantità di sottoprodotti, (benzine, propilene, butadiene). Per questa ragione, nel '62, fu adottata la già citata soluzione del «Cracking-Montecatini», i cui sottoprodotti sono completamente utilizzati nello Stabilimento. L'impianto entra in funzione nel '67 ed ha le seguenti capacità teoriche:
— acetilene 20 kt./anno;
— etilene 46 kt./anno;
— metano 10 kt./anno.
Ma poco dopo l'inizio del suo funzionamento viene scoperto e industrializzato un nuovo procedimento per la produzione di cloruro di vinile, che utilizza come materia prima l'etilene anziché l'acetilene. L'acetilene ha quindi perduto rapidamente la sua importanza ed anche il Cracking installato dalla Solvay sarebbe divenuto, antieconomico. Per l'approvvigionamento di etilene l'azienda prospetta tre possibili soluzioni:
1) trasporto per nave e scarico nel porto di Vada,
2) trasporto con pipeline che potrebbe essere realizzato un allacciamento Ferrara-Rosignano di circa 250 Km.
3) Montaggio di uno steam-Cracking in Toscana.
La sua realizzazione verrebbe a richiedere un investimento di circa 45 miliardi. L'azienda, preso atto delle indicazioni emerse dal Piano Chimico Nazionale approvato dal CIPE nel febbraio del '72  riaffermava la sua posizione per ciò che riguarda i punti menzionati e, inoltre, condizionava lo sviluppo dello stabilimento alla situazione economica della società, (disponibilità di «liquidi» per finanziare gli interventi a suo carico), ed alle favorevoli capacità di assorbimento del mercato per i prodotti che si rendessero disponibili con i nuovi impianti. E' da segnalare che in una nota del nuovo presidente della Solvay, Jacques Solvay, del maggio 1971, si dice fra l'altro: "La Solvay intende produrre fibre con il polietilene ad alta densità HDPE e questo occupa un posto di primo piano nei programmi della Solvay, la quale ha un esclusivo processo catalitico che riduce i costi di produzione e permette un maggior controllo del prodotto finito". La Società ha stabilimenti per HDPE in Italia e Francia e sta aumentando la sua capacità di produzione ad 80 kt./anno a 120 kt./anno. Il settore delle materie plastiche è quello che ha registrato il maggior incremento nelle vendite, passando dai 60 miliardi di lire nel '62 ai 180 miliardi nel '70): la materia plastica più venduta è il cloruro di polivinile PVC, di cui il gruppo ha in mano circa il 15% della produzione europea e circa il 6% della produzione mondiale. In totale l'Italia e la Francia rappresentano circa il 32% delle vendite della Solvay in Europa (il 12% è realizzato in Italia). La Solvay conta anche di aumentare la propria capacità produttiva degli alcali fino cinque milioni di tonnellate (incluso 1,35 milioni di tonnellate di soda caustica).
(Vedi: "Rosignano ed il Piano Chimico Nazionale" scaricabile dal sito)

                                  Così fermammo il CK
Che il CK, così era denominato il reparto Cracking, dovesse essere chiuso ormai era cosa notoria; l'impianto era obsoleto ed i costi eccessivi. Non conosco la ragione per la quale fu scelto il pomeriggio del 3 agosto. Fatto sta che toccò proprio alla mia squadra che quel giorno faceva il turno 14-22.

La messa in sicurezza di tutto l'impianto per la fermata definitiva, veniva così affidata al turno C con Gino Barsotti Capo Turno e Alberto Orsini assistente. Gino Barsotti aveva seguito la costruzione e la messa in servizio dell'impianto fin dal 1963, anno in cui fu assunto dalla Solvay prelevandolo specificatamente per quell'incarico dalla raffineria della Shell di Rho (MI).

Il turno della mattina aveva già ridotto la marcia e fermato un reattore (in marcia regolare erano in due). Riducemmo ancora la marcia ed aspettammo. Poco dopo le 15 iniziarono ad arrivare i più alti dirigenti: l'ing. Balducci, l'ing. De Gaudenzi, l'ing. Silva, l'ing. Sardano, l'ing. Grillo, l'ing. Schreurs, direttore in carica. Vi erano inoltre quasi tutti gli ingegneri che si erano occupati della fabbricazione in quegli anni ed i responsabili dei vari servizi quali laboratorio, officina, antincendio.

Mentre le varie personalità pronunciavano brevi discorsi di circostanza, noi iniziammo la fermata.

Fu ridotta al minimo la marcia del reattore e fu escluso l'impianto Linde che con la sua distillazione frazionata era l'ultima parte del CK.

Alle 16 tutto era pronto per la fermata del reattore e di conseguenza di tutto l'impianto. Fu deciso di usare il “pomodoro”, il grosso pulsante rosso per la fermata rapida di emergenza dell'impianto presente sul quadro comandi della grande sala controllo e che non era mai stato usato. Fu chiesto all'ing. Balducci di premere il pulsante, ma lui ritenne più giusto che fosse il Conduttore di Sala a compiere quel gesto che avrebbe fatto parte della storia dello stabilimento. Il Conduttore di turno, Claudio Lorenzini, molto emozionato, mostrò qualche esitazione, fu così che il pulsante fu premuto da Luciano Nassi, con mansioni di Prima Riserva e che nell'occasione aiutava il collega Lorenzini.

Ho sempre nella mente gli istanti successivi; il rumore delle apparecchiature che rapidamente si affievoliva, subito rimpiazzato dal soffio degli scarichi delle valvole di sicurezza. E poi, in pochi attimi il silenzio.

Iniziammo subito le operazioni di messa in sicurezza, con lo scarico di tutti i fluidi verso i relativi serbatoi e i degasaggi dei vari apparecchi. Un lavoro lungo ed estenuante, perché doveva consentire alle squadre di demolizione di intervenire senza che si verificassero incidenti. Tubo per tubo, apparecchio per apparecchio vennero presi in esame, bonificati e redatta una scheda con le modalità dell'intervento di demolizione, debitamente firmata dal Capo Turno. Un lavoro delicato e pericoloso visto che tanti apparecchi erano incrostati da catrami ma dovevano essere tagliati obbligatoriamente con la fiamma ossidrica. Tutte le operazioni durarono fino alla fine di agosto. Toccò alla mia squadra anche la chiusura fisica del reparto. Montammo in servizio alle 22 per il turno di notte. Eravamo in 4: Carlo Toni ormai ex conduttore di Sala-Linde, Paolo Mazzoncini già conduttore Etagere e l'analista del laboratorio chimico Graziano Salvini, da tutti meglio conosciuto come Mambo, oltre al sottoscritto, operando sulla base delle indicazioni riportate sulle schede di messa in sicurezza del Capo Turno Barsotti. Concludemmo le operazioni di sicurezza, anche se ormai era tutto pronto. Per l' ultima volta guardai attraverso i mille tubi dell'impianto, il sorgere del sole dietro le colline di Castellina. Dal buio prima una luce blu, poi rossa che si trasforma in rosa per diventare infine splendente come solo la luce del sole nascente può essere. Quante volte l'avrò vista in questi 14 anni di CK? Vallo a sapere!

Alle 5 feci un ultimo giro di controllo, o forse di commiato; poi un brindisi a base di caffè fatto con una moka apparsa all'improvviso. Infine arrivò l'ora di stendere il “Rapporto di Turno“. Fu brevissimo:

Tutto OK.

Ad Majora.

ORSINI

Per la prima volta non arrivò il cambio. Alle 6 chiusi l'ingresso degli uffici, poi il grande cancello della recinzione lungo la strada e consegnai le chiavi al Servizio Vigilanza. Era il 1° settembre '79, primo giorno di ferie. (Di Alberto Orsini per gentile concessione. Grazie a Massimo Barsotti per alcune precisazioni)

Rosignano Solvay la fabbrica