Le difficoltà del dopoguerra ed
i conflitti sindacali
Notevoli furono
le difficoltà incontrate
dall'azienda negli anni
successivi al conflitto
mondiale. Gli impianti
risalivano ormai al momento
della costruzione della
fabbrica, la concorrenza
internazionale iniziava a farsi
sentire in modo pesante in
particolar modo per la soda
caustica. Da Bruxelles si
riteneva obbligata una riduzione
di personale unitamente ad una
ristrutturazione degli impianti.
A Rosignano secondo la Direzione
Nazionale Italia (DNI) di
Milano, si prevedevano circa
1.000 licenziamenti anche a
causa degli esuberi conseguenti
alle assunzioni legate alle
riparazioni dei danni di guerra.
Le organizzazioni sindacali dal
canto loro ritenevano arbitraria
tale decisione e pur ammettendo
che i costi di produzione erano
elevati, imputavano il problema
all’arretratezza e
all’insufficienza degli
impianti, dando come priorità la
revisione degli impianti ed il
loro adeguamento agli sviluppi
tecnologici. Prendeva quindi il
via una lunga lotta tra la
società ed il movimento
sindacale, soprattutto dal 1950,
quando si ricorse in misura
intensiva al lavoro a cottimo e
agli straordinari divenuti
regola quotidiana e non
occasionale. Situazione quindi
in contrasto con gli esuberi
dichiarati dall'azienda. Occorre
segnalare anche che la
situazione politica del momento
alimentava l'attività sindacale
non solo nel settore chimico, ma
parimenti in tutti campi
industriali ed agricoli, tanto
da creare forti momenti di
tensione all’interno e fuori
dello stabilimento con problemi
anche di ordine pubblico.
All'inizio del 1950, nel
cantiere di San Carlo, tre
operai dopo che erano stati
condannati dal tribunale per
reati comuni (danneggiamento,
resistenza alla polizia)
commessi durante lo sciopero per
l’attentato a Togliatti, erano
stati licenziati. Sebbene il
licenziamento per i reati comuni
fosse previsto dal contratto
nazionale i sindacati chiesero
di soprassedere, vista l'azione
sindacale che aveva coinvolto i
lavoratori. La Solvay invece,
confermò il licenziamento,
inasprendo le regole di
sospensione del lavoro e
prevedendo la soppressione del
salario per un intera giornata,
se lo sciopero non fosse stato
comunicato con adeguato
preavviso alla
Direzione. Il clima, divenne
quindi rovente, provocando la
mobilitazione generale. Lo
sciopero riguardò tutti i
reparti, compreso l’arresto
delle operazioni di carico dei
prodotti. La reazione non si
fece attendere ed oltre al
licenziamento di altri sette
operai, compresi due
sindacalisti, il personale del
carico fu sostituito da alcuni
operai fatti giungere dal
bergamasco. L’operazione era
autorizzata dal Questore di
Livorno e prevedeva che i
lavoratori nuovi alloggiassero a
Pisa e fossero trasportati a
Rosignano sotto scorta dalle
forze dell’ordine. La tensione
con gli scioperanti fu tale che
lo stabilimento venne occupato
da 800 carabinieri, ma la
situazione, non precipitò. Alla
fine, grazie alla maturità e
alla fermezza dei dirigenti
sindacali e alla decisione presa
dalla società belga di
autorizzare l’allontanamento
delle forze dell’ordine dalla
fabbrica, ripresero le
trattative tra le due parti in
causa e vennero risolte alcune
questioni come il riconoscimento
ai membri delle Cooperative di
lavoro e di produzione,
incaricate di appalti
all’interno della Solvay, della
parità di trattamento rispetto
ai dipendenti Solvay. Per questi
lavoratori, infatti, era
previsto un trattamento
economico ben al di sotto di
quello vigente per i dipendenti.
Restavano tuttavia sul tappeto
molte questioni aperte tra cui
il miglioramento delle
condizioni lavorative
all’interno della fabbrica e i
innalzamento del tenore di vita
da attuare attraverso aumenti
salariali.
Nel frattempo la Solvay aveva
provveduto ad una consistente
riduzione del proprio organico,
passando da complessivi 4.567
addetti nel 1948 a 4.054 nel
1952.
(Sintesi da:"90 anni di movimento sindacale alla Solvay di
Rosignano" di Gabriele Paolini, scaricabile dal
sito)
Il 1957 aveva segnato una
svolta importante negli orientamenti produttivi della Società.
L'iniziativa si indirizzava, infatti, verso il vasto campo della
petrolchimica, con la costruzione di un primo reparto a ridosso
del terreno utilizzato dalla sodiera,
per la fabbricazione di polietilene con processo «Philips» a
bassa pressione, allora tra i più avanzati. Il reparto è stato
messo in esercizio nel 1959, potenziato successivamente con
altri processi a catalizzatori ternari (1964), e supportato
(1969), entrambi messi a punto dai laboratori di ricerca della
Società e negli impianti pilota di Rosignano. Dopo i primi anni
di esercizio del reparto, durante i quali tale materia prima
(etilene) viene acquistata dalla Edison di Mantova, la Società
costruisce, nel triennio 1962-'65, un proprio impianto di
Cracking, assicurandosi l'autoproduzione di 50 Kt. all'anno di
etilene, materia prima del polietilene. Il processo adottato
(brev. Montecatini), fornisce oltre all'etilene, 15 Kt. all'anno
di acetilene per il cloruro di vinile e 10 Kt. all'anno di
metano, materia prima per i clorometani. Quale
stabilimento integrato dobbiamo considerare appartenente al
settore petrolchimico, lo stabilimento messo in marcia nel 1970
per la produzione di filati sintetici polietilenici, comunemente
Multifili. Nel 1959 viene messo in servizio un impianto per la
fabbricazione di acqua
ossigenata e perborato che vedrà
in seguito ampi sviluppi.
In tempi più recenti nel 2004
infine il
Polietilene di Rosignano
(produzione e ricerca) è stato
ceduto a British Petroleum (BP),
con la nascita della nuova
società Olefine & Derivati
Italia Manufacturing S.p.A. |