Nel 1936 la Solvay rilevava lo
stabilimento di Pontemammolo
(Roma) della “Società Chimica dell’Aniene”(foto 3), facendola sua
Consociata; poi inizia a costruire nel 1938 un nuovo grande impianto
nella zona di Rosignano, nel Pian della Fine, denominato appunto
“Aniene” perché, come a Pontemammolo, vi si produce la soda
mediante elettrolisi, grazie al funzionamento di due sale celle
a mercurio a ciclo continuo. Contemporaneamente all'elettrolisi Aniene di Rosignano fu imposta (condizione sine qua non...) dal fascismo
(Balbo) la costruzione di quella di Ferrara destinata a produrre la soda
caustica necessaria alla vicina cartiera. Parte
quindi nel 1940 la prima sala celle in continuo, seguita a breve dalla seconda, per la produzione di cloro, lisciva e
derivati come la trielina anch'essa del '40. Su un poggetto al di sopra
della gora del
"Mulino della Fine" nasce un
villaggio per i dipendenti Aniene con caratteristiche e
gerarchie simili a quelle Solvay. Verrà demolito negli anni '80 perché
troppo vicino alla produzione, (inferiore a 500m secondo norme
europee). L'Aniene
sarà incorporata dalla capogruppo
ed il congiungimento vero e proprio avviene nel novembre 1966,
quando viene formalizzata la fusione societaria tra
società Solvay e società Chimica dell’Aniene.
1941 - Foto 12
protezione bellica - Considerando
che la produzione di soda e bicarbonato era strategicamente
importante per la produzione bellica italiana, si sviluppò la
consapevolezza che l’industria Solvay potesse essere considerata
dagli alleati obiettivo strategico. Il timore era fondato. Il 12
gennaio 1943 l’unità di intelligence della NAAF (Northwest
African Air Force) redasse il documento avente ad oggetto
proprio l’industria Solvay di Rosignano, dove si legge: “La soda
è di considerevole importanza per l’industria di guerra e la
distruzione del bersaglio avrebbe gravato immensamente per una
eventuale paralisi delle molte industrie di guerra italiane”.
Il giusto timore portò a progettare quelle fattibili misure
difensive atte a proteggere quegli impianti che, se colpiti,
avrebbero potuto impedire la normale attività produttiva e
costituire un grave pericolo per la popolazione esterna alla
fabbrica. Questo riguardò ad esempio il cloro liquido che si
trovava stoccato nel magazzino dello stabilimento della “Società
Chimica dell’Aniene”. Nel 1941 venne così progettata una
protezione in cemento armato, realizzata l’anno successivo, che
avrebbe protetto l’impianto non da colpi diretti, ma da
esplosioni ravvicinate e schegge. Fortunatamente, durante il
conflitto, lo stabilimento Solvay di Rosignano, a parte il
bombardamento francese del 17 giugno 1940, non fu mai
pesantemente attaccato dagli alleati in contrasto con quanto
scritto nella relazione d’intelligence sopracitata.
(Da "Guerra a
Castiglioncello" di Gabriele Milani)
Foto
40
vista aerea - Lo stabilimento Aniene
è da sempre diviso in due settori. Fino all'annessione da parte
di Solvay (1966) la denominazione era: Fabbricazioni Inorganiche (cloro, lisciva caustica,
ipoclorito di sodio) e Fabbricazioni Organiche (acetilene da carburo, trielina, percloroetilene,
tetracloroetilene, cloruro di vinile). Negli anni '80, si
ridussero le produzioni ed i nomi furono e sono: Unità
Elettrolitica (UE) per la produzione cloro e Prodotti Clorati
(PC) con i soli clorometani. Nell'area libera in
primo piano a destra, nel 1963 nascerà l'impianto dei clorometani, cloroparaffina
ed il raddoppio del cloruro di vinile con le due sfere, sullo sfondo nell'area libera, sorgerà il Craking.
La "sala 3"
(foto 35-36-37-38) con 50 celle a mercurio disposte su due piani di 25 è in
funzione sin dal novembre 1956 ed ha sostituito le precedenti sala
1 e 2 che hanno iniziato la produzione nel 1940 poi demolite
negli anni '70. Produce
cloro che viene in parte liquefatto ed in parte consumato localmente dai Clorometani, lisciva caustica destinata ai saponifici
e idrogeno per l'acqua ossigenata
e suoi derivati, i perossidati. Nel 1970 la
potenzialità degli impianti è
stata ulteriormente aumentata con
l'impianto di celle a diaframma
che, costruite secondo un
procedimento brevettato dalla
Società, presentano la
particolarità di produrre, in
luogo della soda caustica pura,
una miscela, soda
caustica-salamoia,
direttamente
convertibile in carbonato di
sodio. Lo stato ha rilasciato
licenza d'uso fino al 2010 visto
il livello di inquinamento da
mercurio molto ridotto rispetto
al passato. Nel maggio 2007 è
stata avviata la nuova sala
dotata di celle a membrana che
eliminano la tecnologia del
mercurio. Ne è seguita una
ampia e approfondita bonifica di
questo metallo pesante usato per
quasi 70 anni.
Prima dell'avvento degli
impianti Turbogas (1997), per
soddisfare le esigenze di vapore
dei vari reparti, ed in
particolare della sodiera, la società
disponeva di una centrale termica che raggiungeva la capacità produttiva di 500
t/ora di vapore. La centrale
utilizzava non solo olio
combustibile, ma anche carbone
(antracite e praticamente unica
in Italia, lignite picea del
Sulcis) e fino al 1979 i gas residui del Craking. La centrale elettrica ha una capacità di 45.000 kw.
Quest’ultima, comunque, era d
per sé insufficiente a
soddisfare l’intero fabbisogno
dello stabilimento, visto che
nel 1972, con tutti i processi
che funzionavano a pieno regime,
il consumo di energia elettrica
era di 90.000 kWh annui; dunque,
50.000 kWh annui erano
acquistati direttamente
dall’Enel.
Negli anni '60, il cloro
alla stato puro, ha un mercato molto limitato, meno del 10 %
della produzione totale. Il suo impiego principale è come
materia prima nella produzione di prodotti clorati,
(clorometani, tricloroetilene,
percloroetilene ecc.), e di materie plastiche, (cloruro di
vinile monomero). I prodotti clorati consumano cloro, ma restituiscono,
come prodotto residuo, acido cloridrico in quantità superiore a
quella vendibile. Il cloruro di vinile può tuttavia essere
prodotto sia utilizzando cloro che acido cloridrico. La
fabbricazione di cloruro di vinile è, quindi, strettamente
legata a quella dei prodotti clorati come utilizzatrice di acido
e, in mancanza della produzione di cloruro di vinile,l'acido
cloridrico doveva essere distrutto come saltuariamente si
faceva in una vasca a calcare all'uopo predisposta. Da segnalare che, per produrre i
prodotti sopra citati, occorrono anche altre materie prime, tra
cui gli idrocarburi, (a Rosignano si utilizzano il metano e
l'acetilene prodotti dal Cracking) e l'energia elettrica. Quest'ultima,
materia prima per gli impianti di elettrolisi, ha un costo che
incide in modo così gravoso su quello del cloro, da risultare
elemento determinante. Nel 1952/53, dopo la ricostruzione degli
impianti danneggiati dalla guerra,
il complesso elettrolitico veniva ampliato ai fini
della produzione dei prodotti clorurati e di cloruro di vinile.
Il gruppo, estendendo la gamma delle proprie
fabbricazioni, orienta così la sua attività verso le materie
plastiche, rispondendo alla richiesta della industria
manifatturiera italiana.
Otto ore ai Clorometani fra reattori e valvole: occhi e orecchi
sempre vigili
Prima di tutto è il rumore.
Il sibilo delle pompe, il rombo dei compressori, il volume dei
reattori. Un orecchio allenato sa riconoscerne ogni minima
variazione, il cambiamento d'intensità, ma anche di tono. Come
un direttore di orchestra che codifica i movimenti degli
strumentisti mentre eseguono l'opera, ne legge i movimenti e lo
sviluppo melodico. Poi ci sono le nuvole. L'occhio avvezzo si
rivolge meccanicamente alle torri refrigeranti e scruta le
nuvole che si alzano dai pennacchi. Quello che volgarmente
chiamiamo fumo bianco è in realtà vapore che si sprigiona da un
impianto dove si sta consumando una reazione chimica
indispensabile per fornire il “prodotto”. «Il rumore ed il fumo
sono le prime cose della notte - racconta Fabrizio Bagnoli - ma
sono anche le prime cose che mi avvertono come sarà la notte».
Il solito, ritmico suono della fabbricazione. Il solito, denso
fumo bianco delle torri. Significa che, salvo imprevisti,
saranno 8 ore tranquille. Se altrimenti l'orecchio è disturbato
da un sibilo o da un rumore insolito, qualcosa che rompe la
routine dei suoni, sai già che sarà una notte movimentata. Come
i fornai, i portieri d'albergo, le prostitute, i buttafuori, i
medici ospedalieri, gli infermieri, Fabrizio lavora di notte. O
meglio, anche di notte. Fa il turnista alla Solvay. E da
ventotto anni, 8 giorni al mese, varca l'ingresso di Porta
Castiglioncello alle 22 per uscirne alle 6 della mattina. Sulla
tuta c'è scritto Inovyn, l'azienda che ha in mano l'Elettrolisi
ed i prodotti clorati. Il suo reparto è quello dei Clorometani.
Siamo all'Aniene, nel cuore est della fabbrica. Qui si producono
cloruro di metilene, cloroformio ed acido cloridrico di tipo
tecnico. 600 metri più a nord c'è l'insediamento artigianale
delle Morelline, 2.600 metri nord est l'abitato di Marittimo,
1.500 a nord ovest l'abitato di Solvay. Siamo in una fabbrica
classificata ad alto rischio industriale in base alla Legge
Seveso. E basta questo per capire che l'attenzione alle
procedure di sicurezza, sull'impianto, deve essere massima.
Fabrizio Bagnoli ha 51 anni, è sposato, ha un figlio di 30 anni,
Nicolò, è un militante politico del Pd di cui è stato anche
segretario comunale. È entrato in Solvay nel 1989 dapprima come
assistente all'Ue, poi come tecnico della sala controllo. Quindi
è passato ai Clorometani. Oggi è capoturno. Significa uno di
quegli operatori, più esperti che guida i colleghi e per 8 ore è
il "comandante" dell'impianto dove lavora. Con la notte, dopo
ventott'anni di turni, ha ormai un rapporto simbiotico. Perché
di notte - quando tutte le vacche sono nere - le sensazioni
possono diventare determinanti. E udito e vista rappresentano il
senso di Fabrizio per i Clorometani. Il lavoro di un turnista
non è facile. Perché ti sconvolge i bioritmi, altera il rapporto
sonno-veglia. Fintanto che non ci fai il callo, l'abitudine.
«Quando monto la notte - racconta Fabrizio - cerco di dormire
3-4 ore prima perché sull'impianto devi essere sempre attento,
vigile». Ma può accadere anche che "quando fai il 6-14 per due
giorni, il terzo che dovresti dormire ti svegli di soprassalto
convinto che devi andare a lavoro. Ed allora è mia moglie che mi
avverte: guarda che non sei di servizio». Talvolta, durante un
turno, può capitare che si rompa una pompa, si fori un tubo, una
guarnizione perda. Ed allora la squadra deve essere in grado di
intervenire con la riparazione. Quando il guasto o il danno è
grosso - da quando in Solvay è stata smantellata la Spim (il
team di pronto intervento) deve intervenire il reperibile che
valuta se chiamare o meno la ditta. Però può capitare che la
notte passi tranquilla e l'attività del capoturno si concentri
essenzialmente in sala controllo. E puoi concederti qualche
attimo di relax. Certo, il lavoro è cambiato con gli anni. E
sono cambiati riti ed abitudini. «Fino al 1993 - racconta
Bagnoli - quando c'erano i vecchi conduttori era ormai una
tradizione, ad un certo punto della notte, aprire il cucinotto e
mettere al fuoco una pentola d'acqua per farci una pastasciutta.
Ai funghi
se era la stagione dei funghi, agli asparagi o un aglio e
peperoncino. Oggi non è più così. I giovani operai arrivano con
le barrette energetiche, fanno diete, hanno la palestra, il
calcetto. La pastasciutta è un rito dimenticato. Così come la
colazione al Bar Centro una volta smontati, gli scherzi che ci
facevamo o le appassionate discussioni. Oggi quando un turnista
più giovane ha un minuto libero accende lo smartphone e spippola».
Anche la fabbrica è diventata 2.0, i rapporti umani sono mutati.
Perfino le caratteristiche del lavoratore sono cambiate nel
senso che oggi, al turnista, si chiede un’ecletticità che prima
probabilmente non serviva vista la maggiore parcellizzazione
delle mansioni. «Però questo lavoro mi piace - dice Fabrizio -
mi impone una serie di sacrifici, di rinunce, limita i contatti
con gli amici. Indubbiamente. Ma mi ripaga anche di
soddisfazioni. Quella economica non secondaria». E poi la notte
ha anche il suo lato romantico perfino in fabbrica. Tra valvole,
acciaio e vapore ti può capitare di salire al quarto piano dei
Clorometani, affacciarti e puntare gli occhi verso il laghetto
dell’Aniene. E se sei fortunato puoi incrociare germani e aironi
appollaiati sull’acqua, od imbattetterti in volpi e tassi che
gironzolano fra le frasche in cerca di cibo. E consolarti che di
giorno, quello spettacolo, probabilmente non l’avresti mai
visto.
(ANDREA ROCCHI Il Tirreno
13/11/2016)
2022 - INOVYN si rilancia con l'università - Investiamo sui giovani del
luogo.
Almeno dieci assunzioni entro
la fine dell'anno. Ma, in un piano di sviluppo che guarda al futuro, la
Inovyn di Rosignano non sembra avere intenzione di fermarsi. Puntando
tutto sulla ricerca di competenze quanto più possibile locali. Per
questo diverse sono le collaborazioni che l'azienda ha intessuto sul
territorio: con l'università di Pisa in primo luogo ma anche con gli
istituti tecnici di Rosignano e le scuole della Bassa Val di Cecina.
Azienda all'avanguardia Inovyn è una società del gruppo Ineos nata nel
2015, leader europea nella produzione di prodotti clorvinilici e a
livello mondiale per le resine viniliche ad uso speciale. A Rosignano,
all'interno del parco industriale Solvay, ospita le unità di produzione
per l'elettrolisi e i clorometani: si attesta infatti come il maggior
produttore italiano di idrogeno, oltre che essere un punto di
riferimento per l'intero gruppo per le competenze elettrochimiche che ha
nel proprio organico operativo. Collabora inoltre con il Polo
Tecnologico Magona relativamente a progetti di innovazione e
sostenibilità. Nello stabilimento di Rosignano l'azienda conta ad oggi
un totale di 170 dipendenti, di cui il 25 per cento circa corrisponde a
laureati in ingegneria chimica, meccanica e in chimica industriale. Fin
dal suo insediamento nel parco industriale Solvay a Rosignano, Inovyn si
è dimostrata particolarmente attiva nell'instaurare un canale
privilegiato proprio con l'università di Pisa. Prestigiosa fucina di
ingegneri, l'ateneo pisano «è una risorsa del territorio di fondamentale
importanza per noi - spiega Nicola Tei, il neo-direttore (in carica da
luglio) dello stabilimento rosignanese dell'azienda - per questo abbiamo
avviato e coltivato un rapporto particolarmente stretto: questo genere
di competenze sono quelle che più di tutte ricerchiamo nei nostri
impianti e la necessità di trovare persone capaci e vicine anche sotto
il profilo territoriale diventa con il passare del tempo sempre più
importante per creare una realtà aziendale virtuosa. Oggi circa l'80 per
cento dei nostri ingegneri proviene da Pisa». Per questo ad esempio
Inovyn ha lanciato nel 2020 la Ineos Master Thesis Award, un
riconoscimento alle migliori tesi in ambito ingegneristico e chimico
improntate sull'innovazione dei processi industriali. Un concorso che ha
prodotto due finalisti «ed entrambi - assicura Tei - sono stati assunti
subito dopo dall'azienda proprio per garantirci le loro competenze: si
parla di ragazzi neolaureati, appena 25enni, che ancora oggi lavorano
con noi e occupano ruoli di rilievo nella gestione dell'impianto di
elettrolisi». Il rapporto che una realtà industriale in crescita come
Inovyn ha con il territorio non si limita però all'università. «La
pandemia ha un po' frenato la spinta che avevamo intrapreso verso questo
genere di iniziative - spiega il direttore Nicola Tei - ma vogliamo
quanto prima riprendere gli incontri anche con le scuole locali. A
inizio 2022 ad esempio siamo già ripartiti con una serie di incontri
nelle scuole medie incentrate sull'aspetto chimico e di laboratorio dei
nostri processi. Ma Rosignano, così come altre realtà vicine,
rappresenta un bacino importante per ricavare risorse specializzate.
Figure diplomate, per quanto non laureate, come periti chimici o
meccanici. Gli istituti tecnico-industriali di Rosignano e di Livorno
sono due nostre basi di riferimento, così come il liceo scientifico di
Cecina». Con un'età media aziendale che non supera i 44 anni, Inovyn ha
avuto dal suo insediamento un incremento di personale del 20 per cento
sul totale dei dipendenti attuali. «In numeri assoluti significa un
aumento di 35 assunzioni in sette anni - spiega Tei - ma in realtà per
raggiungere questa cifra abbiamo assunto molte più persone, avendo avuti
dei ricambi durante questo periodo. Oggi? Abbiamo una decina di
posizioni ancora aperte - spiega - cerchiamo personale tecnico, sia
nell'ambito della sicurezza che dell'affidabilità meccanica. Contiamo di
coprire questo fabbisogno entro la fine dell'anno: vogliamo investire a
lungo termine sui giovani, e in particolare sui giovani del territorio».
27/10/22 Il Tirreno
di Gabriele Buffoni. |