Il Papa in Solvay

Discorso conclusivo del Santo Padre al termine delle singole domande espresse dai sindacalisti

                                      ENTRARE NELLA REALTÀ UMANA

Voi vi trovate adesso nella posizione di padroni, di padroni molto esigenti. Io mi trovo nella posizione della forza di lavoro perché devo dare le risposte. Noi sappiamo, per quell'esperienza umana, per l'esperienza scolastica che è più facile fare le domande che dare le risposte. Almeno sembra così. Ogni scolaro lo sa. Per questo piccolo alunno il maestro, il professore è un padrone. Diciamo che il professore si trova in una posizione superiore e l'altro, il discepolo, con tutti i suoi coetanei, in una posizione inferiore. Ho scherzato un po' per dire che le vostre domande erano certamente molto sincere, ma erano anche molto esigenti. Vi devo dire che, per i molti elementi contenuti nelle vostre domande è difficile per me rispondere perché per poter rispondere, dovrei avere una esperienza vissuta nella vostra istituzione.

Le domande erano, peraltro, accuse contro l'istituzione industriale, la Solvay, che certamente sono profondamente sentite da voi, come sono sentite dai lavoratori di tutto il mondo. Specialmente quelle che riguardano i diritti sindacali. Io comprendo. E, anche se non voglio citare la mia Patria, debbo dire per l'esperienza del mondo del lavoro, che dappertutto il lavoratore, l'operaio, tutte le classi dei lavoratori, hanno il diritto di rappresentare se stessi. Hanno il diritto naturale di rappresentare i loro interessi e di difenderli. Questo è un diritto naturale. La Chiesa questo lo sottolinea sempre. E stato sottolineato anche nell'Enciclica Laborem Exercens. Ciò deve essere chiaro. Più difficile è addentrarsi nelle domande o nelle accuse particolari: per rispondervi dovrei essere uno di voi, essere qui nella Solvay. Forse il vostro Vescovo sarebbe più capace di rispondervi perché più vicino. Anche se non posso dare risposta a tutto quanto mi avete chiesto, voglio approfittare per rispondere a quei quesiti per i quali più mi sento autorizzato a rispondere. Alcuni mi hanno chiesto dell'intervento dei sacerdoti nella vita politica e sindacale. Qui bisogna distinguere bene. I sacerdoti dal punto di vista sociale esercitano una vocazione ed una missione. Hanno i loro ambienti ed i loro Consigli, Consigli presbiteriali, in cui possono trattare i loro problemi. Invece per quanto riguarda la vita politica e la vita sindacale devono lasciare ai laici perché questo è il campo dei laici. Con questo non voglio dire che la Chiesa deve allontanarsi dai problemi del lavoro e della politica, non voglio dire che i sacerdoti non possono essere assistenti religiosi di organizzazioni, di associazioni anche di tipo sindacale o anche, direi, di tipo politico. Voglio però aggiungere che la loro vita è dedicata all'essere Pastori, alle attività pastorali. È questo il compito che devono dappertutto esercitare. Non si deve cambiare la vocazione o la missione di ciascuno.

Uno di voi, poi, ha detto che il Papa è il rappresentante di una Istituzione. Ciò è vero, però la caratteristica di questa istituzione è ben diversa dalle istituzioni laiche e civili. Ha la sua caratteristica: proviene dal Vangelo, da Gesù Cristo. Se noi non sempre siamo capaci di compiere bene tutto quello che corrisponde allo spirito del Vangelo, non di meno la Chiesa, come tale, rimane sempre l'opera di Gesù Cristo fondata sul Vangelo ed il suo compito è di essere fedele al Vangelo, di essere così come Cristo ha formato la sua Chiesa. Passando ad un'altra domanda, vi voglio dire che certamente io non vengo qui per l'interesse dei vostri padroni, della direzione. Per fare ciò non si verrebbe nel giorno di S. Giuseppe. Perché il giorno di San Giuseppe è il giorno dei lavoratori. Vengo, invece, per l'accostamento con il mondo del lavoro. Un accostamento di tipo pastorale, perché questa è la mia vocazione, non altra. Non è professionale, non è industriale, ma è pastorale. Nella dimensione della vocazione pastorale si trovano i diversi campi e le diverse dimensioni della vita umana e quindi anche la vita industriale, anche la vita dei lavoratori. La Chiesa è anche umana. Nell'ambito dei lavoratori poi ci sono anche i credenti che vedono nella visita del Vescovo di Roma, del Papa, la visita del loro Pastore. Questo è il vero scopo della mia visita oggi tra voi. Una delle finalità del Consiglio di Fabbrica è di proteggere i lavoratori, il mondo del lavoro per prevenire le malattie professionali, per assicurare le cure ai malati, ai lavoratori malati. Questi sono doveri di tipo umanitario. Qualcuno di voi ha anche posto il quesito di come trovare la felicità nel lavoro. È un problema importante perché non si è soltanto lavoratori, si è, soprattutto, uomini e l'uomo cerca la felicità. Questo è il suo desiderio naturale. La cerca, altresì, come lavoratore. La cerca nel lavoro e vuol trovare pertanto soddisfazione nel lavoro. Il lavoro deve dare all'uomo una soddisfazione specifica. Se questa soddisfazione non c'è, allora si vede il lavoro come un peso. Si da soddisfazione all'uomo se si permette all'uomo di svilupparsi, di progredire umanamente. Allora il lavoro diventa veramente un beneficio per l'uomo, diciamo la benedizione della sua vita: non una condanna, ma una benedizione. Ci sono uomini che occupano posti importanti e ci sono anche uomini che svolgono mansioni umili, ordinarie. Qualche volta si pensa che chi occupa un posto importante, un dirigente, un capo, un presidente, un Vescovo o un Papa, sia un privilegiato, ma posso dirvi che la felicità, la soddisfazione non dipende dal posto che si occupa: soprattutto coloro che occupano posti importanti hanno le loro sofferenze. Forse sono privilegiati perché detengono il potere e per il loro guadagno. Forse sono privilegiati perché hanno avuto un'istruzione ed una formazione migliore rispetto ad altri. Questo è vero. Ma questi sono solo e soltanto mezzi. Con questi mezzi si può essere meno uomini e meno felici che con i mezzi molto più poveri di cui dispone un semplice uomo, un semplice impiegato, un semplice lavoratore od operaio. Quanto vi dico ora è profondamente cristiano. Il cristianesimo è coinvolto, la Chiesa, io stesso perché ho fatto la specifica esperienza di lavoro fisico, di operaio, siamo profondamente coinvolti nei problemi della giustizia sociale. La Chiesa è convinta che la giustizia, ogni giustizia, e quindi anche la giustizia sociale con tutta la sua importanza, non risolve tutti i problemi della persona umana. La Chiesa, per sua vocazione specifica, cerca soprattutto di risolvere i problemi della persona umana. Naturalmente per fare questo deve conoscere la dimensione della giustizia sociale, i problemi del lavoro, ecc.

Ma il problema dell'uomo è più grande. Come ho detto, alcuni possono stare in alto nella gerarchia della società, ma quello che decide è il valore dell'uomo in quanto tale, è il valore dell'uomo come tale. Questo non significa che dobbiamo lasciare da parte le preoccupazioni sociali, la lotta per la giustizia sociale e la pace. Ciò è un dovere etico, ma non risponde e non risolve tutti i problemi. Si deve cercare ancora quella dimensione che è più specificamente umana, in cui l'uomo è se stesso, deve essere se stesso e deve svilupparsi come uomo. Questo è il compito specifico della Chiesa, questa è anche la visione specifica del Vangelo ed io sono venuto tra voi con questa missione. Non esiste una posizione sociale in cui l'uomo non possa realizzare se stesso, realizzare la sua umanità pienamente. Con i mezzi poveri molte volte si realizza di più la personalità umana, che con i mezzi ricchi. Per questo, se voi leggete il Vangelo, Cristo ha sempre una predilezione per i poveri, perché loro sono sempre più vicini a quella visione fondamentale in cui quello che importa è l'uomo come tale, la persona umana, la salvezza dell'uomo.

Tutte le comunità umane passano, l'uomo rimane, rimane il problema della sua salvezza, della salvezza della sua persona. Non so se mi sono spiegato bene e se non sono riuscito a farlo, rimane sempre Mons. Ablondi per spiegare meglio.

Quello che ho detto non è una fuga dai problemi sociali. Assolutamente no. Noi, la Chiesa, entriamo in quella dimensione sociale e cerchiamo di vedere quello che c'è oltre, quello che trascende le dimensioni socio-economiche della vita umana, quello che è propriamente umano. Non è una fuga, è un entrare, direi, entro questa realtà umana. (Da: "sono uno di voi" scaricabile dalla sezione Scaricolibri del sito)

Rosignano Solvay oggi-Il Papa in fabbrica