Arroccato sulla sommità del poggio di Rosignano Marittimo, il
Palazzo della Fattoria Arcivescovile, domina con la sua mole
pretenziosa ed inconsueta il centro collinare e ne condiziona
fortemente la percezione.
L’aspetto attuale di quello che almeno dal 1500 rappresenta
l’edificio più importante e prestigioso del Castello è frutto di
rifacimenti e restauri succedutisi nel tempo fino a quello
odierno. Questi interventi, dovuti all’ininterrotta continuità
d’uso, dal Medioevo ad oggi, rendono difficile, se non
impossibile, ricostruire l’assetto originale e le diverse fasi
architettoniche che si sono succedute e che hanno accompagnato i
cambiamenti dei proprietari e delle funzioni della struttura.
Le prime fonti documentarie note (manca ad oggi un ‘accurata
ricerca di archivio) risalgono al XVI secolo. Edificato nel
1525, ad opera della Mensa Arcivescovile Pisana, all’epoca
proprietaria della maggioranza delle terre comprese tra
Rosignano, Vada e Terriccio, fino al fiume Cecina, nel Libro de
gli Estimi del 1551 la Fattoria appare come l’edificio più ricco
del Castello, al pari dell’altro palazzo arcivescovile situato
nella Piazza del sottostante borgo. All’epoca l’edificio
consisteva in un unico corpo di fabbrica situato sul lato
sinistro della via del Castello, delimitato da uno stradello
riportato alla luce dal recente restauro. La parte terminale
della via, laddove presumibilmente in epoca più antica sorgeva
una porta — forse la Porta Pisana citata dagli Statuti —
costituiva uno spazio aperto occupato, ancora nel 1795, da orti
di pertinenza della Fattoria, recintati da mura.
L’edificazione della Fattoria Arcivescovile nel XVI secolo non
va comunque intesa come una costruzione ex novo. Analogamente a
quanto avviene per gli altri palazzi del Castello, si tratta,
più verosimilmente, dell’accorpamento e dell’adeguamento di più
abitazioni preesistenti (in questa caso è probabile che si
tratti di edifici già di proprietà dell’arcivescovado pisano, i
cui possedimenti nel Castello sono noti fino dall’Xl secolo) in
un’unica lussuosa struttura, in genere in stile fiorentino.
Inizia in quest’epoca, infatti, quel mutamento sociale ed
architettonico che trasformerà il Castello da centro di
popolamento — la maggior parte degli abitanti si erano ormai
spostati nel borgo sviluppatosi ai suoi piedi - a centro di
potere e di rappresentanza, sede delle residenze e dei centri
amministrativi (“fattorie”) dei principali latifondisti della
zona e delle istituzioni pubbliche. Nel 1551 accanto al Palazzo
della Mensa Arcivescovile, gli Estimi citano il Palazzo dell’
“Ufitiale della Corte e Banco di Rosignano” (l’edificio della
Podesteria, oggi inglobato in Palazzo Bombardieri). Di li a poco
nasceranno Palazzo Marini, Palazzo Bombardieri, Palazzo Vestrini.
Nel 1562 Cosimo de’ Medici ordina la rifortificazione del
Castello: in quell’occasione venne eretto il torrione circolare,
oggi mozzato, addossato alla facciata del nostro edificio e che
doveva avere una funzione di rivellino, ossia di protezione nei
con fronti dell’antiporta, struttura difensiva che sorgeva di
fronte a palazzo Vestrini, più volte raffigurata nelle incisioni
sette e ottocentesche.
Gli Arcivescovi pisani prestano molta cura alla loro Fattoria,
ampliandola ed abbellendola con continui rifacimenti e lasciando
memoria di sé e deila propria opera con l’apposizione di lapidi
e stemmi: una serie di architravi in pietra serena rinvenute
all’interno del palazzo, riutilizzate impropriamente negli
interventi successivi, ricordano gli interventi del senese
Francesco D’Elci Pannocchieschi vescovo di Pisa dal 1663 al
1700, la cui famiglia aveva forti interessi economici nell’alta
Val di Cecina. Un ulteriore rifacimento risale al periodo 1799
-1823 e agli arcivescovi Angiolo Franceschi e Ranieri Alliata:
in quest’occasione l’edificio venne ampliato utilizzando la
superficie libera degli orti adiacenti. Risale probabilmente a
questo periodo anche l’assetto dei locali a piano terra del
complesso a stalle e a magazzini per le derrate alimentari
prodotte negli ampi possedimenti vadesi della mensa
arcivescovile. Il ricordo dell’opera del Franceschi è affidato
allo stemma in marmo che sovrastava l’ingresso alla nuova ala
del Palazzo, occupata da un grandioso salone con volta a botte.
Del Vescovo Alliata, stando al Nencini, rimaneva invece ancora
vivo a fine ‘800, il più prosaico ricordo della “munificenza
quasi regale e lo splendore con il quale ..., convitati i
maggiorenti del luogo, assisteva alle caccia ed alle giostre
amorose dei suoi superbi stalloni”.
Ma i bei tempi sono destinati a finire: alla morte del Cardinale
Alliata, il Granduca Leopoldo II, approfittando della vacanza
della sede arcivescovile di Pisa, fece espropriare la Tenuta di
Vada per bonificarla e dividerla in fondi (“livelli”) da
assegnarsi ai privati dietro il pagamento di un canone annuo e
con l’obbligo di apportarvi dei miglioramenti.
Nonostante le reiterate e vibranti proteste di Papa Gregorio XVI,
capaci solo di rallentare l’azione granducale, Leopoldo II
riesce nel suo intento. Nel 1840 anche la Fattoria — a dispetto
di quanto, secondo il pontefice, essa fosse “necessaria ai
medesimi (arcivescovi) per sollievo, per salute, per disimpegno
— in certi casi e per decoro del Loro grado” - viene ‘allivellata’
ed assegnata al Comune di Rosignano, che vi insediò la
Cancelleria comunitativa dei Municipi di Rosignano, Santa Luce,
Orciano, Castellina Marittima e Riparbella, per L. 490 annue.
Nuovamente l’edificio subisce una serie di modifiche e
rifacimenti: il grande salone a volta costruito dagli ultimi
arcivescovi diviene la sede del Consiglio Comunale. “Un
campaniletto, la cui campana suonava per le adunanze del
Magistrato, mezz’ ora prima, e, dopo il 1848, suonava al
mattino, a mezzogiorno e al tramonto, per la vigilia delle feste
popolari e per le grandi solennità” viene costruito sulla
facciata dell’edificio che guarda verso il paese. La prima
documentazione fotografica disponibile, alla fine dell’800, ci
mostra un edificio ancora assai lontano dall’aspetto attuale e
tutto sommato modesto: la Torre Medicea è già “mozzata”, il
corpo di fabbrica principale ha un coronamento in stile liberty,
con al centro la mostra dell’orologio che aveva sostituito il
campanile.
L’ampiezza dei locali e le scarse finanze comunali portarono ad
un progressivo deterioramento della struttura, che i continui,
ma modesti interventi di restauro non riuscivano a fronteggiare.
Così negli anni trenta del Novecento, in piena retorica di
regime, si fa strada l’ambizioso progetto dell’Amministrazione
di riportare agli antichi lustri la sede comunale. Sarà questo
intervento a mutare radicalmente l’assetto interno ed esterno
del complesso e a restituircelo nella sua veste odierna. Il
corpo centrale viene ampliato, sia in altezza che in profondità,
con un intervento che provocherà, negli anni successivi gravi
cedimenti strutturali testimoniati dalle pesanti catene
visibili, sino all’attuale restauro, sul fronte dell’edificio. A
coronamento dell’intero fabbricato viene aggiunto un ballatoio
aggettante, rifinito con una serie di merli, che, uniti ad un
pesante intonaco a falso bozzato, fa assumere al complesso un
pretenzioso aspetto neo-medievale. Anche le finestre vengono
incorniciate con elementi ad arco a tutto sesto realizzati in
intonaco, mentre all’interno tutte le stanze di rappresentanza
vengono ridecorate in stile ‘deco’ con complessi motivi
geometrici e floreali che racchiudono campiture dai colori
vivaci.
Ma anche questa fase dell’edificio avrà vita breve. Da lì a poco
gli eventi bellici accelereranno quell’irresistibile declino del
Castello che si era avviato con la nascita di Rosignano Solvay,
lo spostamento sulla costa del baricentro produttivo e
direzionale del comune e lo svuotamento dei centri storici
collinari. Negli anni ‘40, la Sede Comunale si sposta nel
‘borgo’ di Rosignano, anch’essa irresistibilmente attratta a
valle dalle nuove logiche socio-economiche. E incominciano per
il Castello quegli anni bui fatti di povertà, di emarginazione,
di degrado sociale ed urbanistico da cui riemergerà, con
notevole ritardo rispetto al resto della Toscana, grazie a quel
‘Piano del Castello’ avviato nei lontani anni ‘70 da Giuseppe
Danesin e da Beppe Milanesi e che solo oggi vede la conclusione,
con il recupero di vecchie strutture e l’attribuzione di nuovi
significati e contenuti.
Edina Regoli. Direttrice del Museo
Archeologico di Rosignano Marittimo
Lavori dal 2017
I
lavori di restauro della ex Fattoria
Arcivescovile, andranno avanti per circa
sei mesi (il termine è stimato ad aprile
2018). Il progetto comprende la
sistemazione dei locali per adibirli a
foresteria e del parcheggio, il
ripristino dell’auditorium. Il Comune ha
previsto un impegno finanziario
complessivo di 1.257.676,22 euro, per i
lavori, gli arredi e le spese tecniche.
I lavori sono stati affidati ad un
Raggruppamento Temporaneo di Imprese
composto dalla ditta Effemme Clima srl
di Piombino (capogruppo mandataria) e
dalla ditta “Costruzioni Edili Luongo
Antonio” di Rosignano Solvay (mandante)
per un importo di 621.617,37 euro oltre
Iva (D.D. n. 333 del 30/05/2017), la
direzione dei lavori è a carico del
Comune.
Il restauro della ex Fattoria
Arcivescovile e il ripristino della sede
municipale sono l’atto conclusivo di un
processo di trasformazione che ha
portato ad una progressiva
riqualificazione del borgo di Castello,
anche con il restauro di Palazzo
Bombardieri e la riapertura del Museo
Archeologico. Data la complessità il
progetto è stato diviso in quattro lotti
funzionali.
Il primo lotto ha riguardato
sostanzialmente le opere di restauro e
consolidamento statico del settore nord
del Castello; il secondo lotto era
composto di tre parti: le opere di
finitura edilizia e la dotazione
impiantista dell’edificio storico per
renderlo agibile, la costruzione “al
rustico” della sala Auditorium,
direttamente connessa al fabbricato
della Fattoria, ed infine le opere
edilizie dei locali foresteria. Il terzo
lotto ha previsto il completamento della
sala Auditorium, ma per problemi legati
al patto di stabilità dal 2010 non è
stato possibile procedere al
completamento del restauro (erano da
terminare i locali della foresteria, da
sistemare le pertinenze del complesso
Fattoria Arcivescovile non era stato
possibile acquistare arredi e
attrezzature per l’auditorium).
L’allentamento dei limiti imposti dal
patto ha permesso all’attuale
amministrazione di inserire nel proprio
programma il completamento del restauro
e la rivisitazione dell’Auditorium,
ampliandone le modalità di utilizzo.
Con gli attuali lavori quindi i locali
della foresteria saranno dotati di
finiture edili, degli impianti meccanici
ed elettrici, compreso l’ascensore. La
foresteria sarà dotata di 13 camere (7
al piano primo e 6 piano superiore) e
sarà utilizzata per l’ospitalità di
artisti e compagnie in residenza sul
territorio, e come ostello o struttura
alberghiera senza fini di lucro.
L’Auditorium sarà trasformato in uno
spazio polivalente e potrà fungere da
sala prove per danza e arti performative
(senza palco e con sedute smontabili),
da sala per conferenze (con palco basso
e allestimento di massimo 100 sedute) e
spazio per spettacoli di teatro e danza
(con palco basso e un numero minore di
sedute per esigenze di
rappresentazione). Inoltre saranno
ricavati spazi all’interno dell’atrio
lato nord per accogliere camerini,
spogliatoi e docce. Infine sarà creato
un nuovo parcheggio sfruttando il
declivio naturale sotto via del
Torrione, con accesso dalla rampa sulla
via stessa. Sarà uno spazio su due
livelli per 19 posti auto, al servizio
dell’Auditorium e degli Uffici Comunali,
con un posto riservato ai portatori di
handicap. CRM 12-10-2017
18 maggio
2019 inaugurato l'Auditorium
E' stato
presentato alla
cittadinanza il nuovo
auditorium di Rosignano
Marittimo. I locali,
realizzati nell’ambito
del restauro della ex
Fattoria Arcivescovile,
sono direttamente
collegati alla sede
municipale e comprendono
un piccolo
foyer, una sala da 220
posti utilizzabile per
convegni o spettacoli di
danza e teatro, una zona
camerini con spogliatoi
e docce. I lavori per la
realizzazione
dell’Auditorium,
iniziati nel 2010 e
ripresi nel 2017 dopo
uno stop dovuto ai
vincoli imposti dal
patto di stabilità,
hanno portato a
compimento il lungo
percorso di
riqualificazione del
borgo di Castello.
Partito a cavallo tra
gli anni ‘70 e ’80 per
volontà dell’allora
Sindaco Giuseppe
Danesin e
dell’Architetto Giuseppe
Milanesi, il
progetto di restituire
al tessuto urbano di
Rosignano Marittimo il
suo nucleo originario,
il Castello medievale,
rappresentava quasi
un’utopia. Infatti,
tagliato fuori dalla
vita economica
inesorabilmente attratta
dalla fabbrica,
danneggiato dalla
guerra, bisognoso di
costosi interventi di
recupero, il Castello di
Rosignano era stato
progressivamente
abbandonato dagli
abitanti, ai quali erano
subentrati immigrati di
scarse risorse,
socialmente esclusi.
Case sempre più
fatiscenti e degrado,
abitanti da ricollocare
altrove e da inserire
nella vita sociale. Ha
inizio così il lungo
percorso di
riqualificazione del
Castello. Un palazzo
dietro l’altro da
sgombrare e restaurare,
per restituire al
Castello quel ruolo di
centralità per cui era
nato. Da qui
l’istituzione del Museo
Archeologico, l’Archivio
Storico, le gallerie, il
Palazzo Civico e -dulcis
in fundo- l’Auditorium,
che restituisce ai
cittadini anche uno
spazio di incontro
polivalente, versione
moderna della piazza
medievale. Oggi, il
miglior modo di
ringraziare i
‘visionari’ di
quarant’anni fa è
accogliere la loro
sfida, facendo rivivere
questo complesso,
organicamente inserito
nel tessuto sociale,
culturale e, perché no,
economico del paese. In
tale prospettiva
il Sindaco
Alessandro Franchi
ha introdotto
l’intervento storico
della Dott.ssa Edina
Regoli, Direttrice del
Museo Civico
Archeologico di Palazzo
Bombardieri, dal titolo
“La riqualificazione del
Castello di Rosignano
Marittimo. Restauro
architettonico e
riscatto sociale”. In
precedenza l’auditorium
è stato intitolato a
Giuseppe Danesin,
educatore, assessore
comunale negli anni 70 e
Sindaco del Comune di
Rosignano Marittimo dal
1980 al 1990, poi
assessore provinciale
alla Cultura e
all’Istruzione durante
gli anni ’90.
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