Suso Cecchi nasce a Roma il 21 luglio
1914.
Muore
a Roma a 96 anni il 30
luglio 2010. Le sue origini sono toscane, suo padre Emilio Cecchi, scrittore e
finissimo critico letterario e artistico, è di Firenze, sua madre Leonetta Pieraccini
è una notevole pittrice.
Erede di una grande famiglia di intellettuali italiani è tra i maggiori
sceneggiatori della storia del cinema italiano, di rilievo e di fama
internazionale. Suso Cecchi D'Amico è stata tra i pochissimi capaci di
alternare la commedia al dramma e di far coesistere i due generi nella
stessa opera, riuscendo ad immettere, nella scrittura di ogni film, una
vasta cultura, insieme ad un personale e
acuto senso di osservazione della realtà. Il suo primo vero contatto con il
cinema avviene negli anni '30 quando
suo padre viene nominato direttore di produzione cinematografica per la
CINES. Casa Cecchi diventa così un crocevia di incontri culturali tra
scrittori, sceneggiatori, artisti che vivono a Roma. Sarà lo stesso Visconti
a chiamarla per scrivere la prima di una lunga serie di sceneggiature per il
cinema, "Bellissima". Nasce così uno dei connubi di maggiore importanza per
il cinema italiano: se escludiamo "La Morte a Venezia", Suso Cecchi D'Amico
collaborerà a tutti i successivi film di Visconti, da "Senso" al
"Gattopardo", da "Rocco e i suoi fratelli" a "Le notti bianche", fino ad
arrivare a "Gruppo di famiglia in un interno", "Ludwig" e "L'innocente"
(girati con Visconti in pessime condizioni di salute a causa di una
paralisi)Sempre in occasione della stesura di "Bellissima" Suso Cecchi
d'Amico conosce gli assistenti di Visconti, i futuri registi Francesco Rosi
e Franco Zeffirelli, con cui collaborerà successivamente (ricordiamo "La
Sfida" e "Salvatore Giuliano" con Rosi, "Fratello sole, Sorella luna" e
"Gesù di Nazareth" con Zeffirelli). Ma il debutto alla sceneggiatura era già
avvenuto qualche tempo prima di "Bellissima", insiemea Moravia e Flaiano
aveva collaborato alla sceneggiatura "Avatar", per Castellani. "Avatar" non
fu mai realizzato, ma Castellani chiamò Suso Cecchi per scrivere quella che
sarà la sua prima vera sceneggiatura, "Mio Figlio Professore", scritta
insieme a Piero Tellini. Da allora l'attività di sceneggiatrice diventa
frenetica, tanto che deve rinunciare al lavoro di traduttrice, collabora
così con De Sica a Zavattini per "Ladri di Biciclette" (con cui scriverà
anche "Miracolo a Milano"), scrive per Lattuada, Camerini, Zampa, Pagliero
("Roma città libera") fino ad arrivare all'incontro con Visconti. Sono anni
intensi per il cinema italiano, a Roma si respira un'atmosfera particolare
che porterà alla grande stagione del cinema italiano degli anni '60, a cui
Suso Cecchi, nel frattempo diventata D'Amico per aver sposato Fedele
D'Amico, figlio del fondatore dell'Accademia di Arte Drammatica di Roma
Silvio D'Amico, darà un notevole contributo. Collabora ad alcuni dei film
più importanti di quel periodo, tra gli altri scrive "I vinti" e "Le amiche"
per Antonioni, collabora a diversi film di Comencini, e infine inizia un
lunghissimo sodalizio con Monicelli, collaborando anche alla stesura di "I
soliti Ignoti". La collaborazione con Monicelli ci porta fino ai nostri
giorni, spesso insieme a Piero De Bernardi e al compianto Leo Benvenuti,
sceneggia tutti gli ultimi suoi lavori, "Speriamo che sia femmina", "Parenti
Serpenti", "Facciamo Paradiso", e ancora più recentemente "Il cielo cade",
premiato al Giffoni Film Festival per la regia di Andrea Frazzi, e la mini
serie per la Rai "Come quando fuori piove" di nuovo con Monicelli.
Ricordiamo anche "Oci Ciornie" di Nikita Michalkov, prodotto da sua figlia
Silvia D'Amico, candidato all'oscar come miglior film straniero nell'1988.
Attualmente Suso Cecchi d'Amico, vive e scrive fra Roma e Castiglioncello,
ha ancora diversi progetti in cantiere, in particolare sta preparando un
progetto sull "L'Orlando furioso". La signora Suso Cecchi d'Amico ha
ricevuto diversi riconoscimenti in carriera, tra cui vari Nastro d'argento,
Premio Nonino 2001, "A un maestro italiano del nostro tempo", il David di
Donatello alla carriera.
(Da
www.sceneggiatori.com).
100 anni fa nasceva la regina Suso
Cecchi D'Amico. Dal sodalizio con Visconti al "Leone alla carriera"
a Venezia.
Una mattina presto
di 100 anni fa, il 21 luglio 1914, in un'Italia ancora ignara della prima
guerra mondiale, nasceva a Roma - "casualmente" come avrebbe detto con un
sorriso complice - Giovanna Cecchi, in arte Suso Cecchi d'Amico. E nello
stesso mese di luglio di quattro anni fa, appena dieci giorni dopo il suo
compleanno, la grande signora del cinema italiano faceva scendere il sipario
su quella formidabile e normalissima opera d'arte che sono stati la sua vita
e il suo mondo. "Il cinema è la mia professione - raccontava alla nipote
Margherita in una bellissima confessione autobiografica pubblicata da
Garzanti nel 1996 - un lavoro che ho avuto la fortuna di fare divertendomici
anche, e di amare moltissimo. Ma la mia vita non si esaurisce nel lavoro ed
è addirittura possibile che, curiosa e disponibile come sono sempre stata,
avrei finito per trovarmi bene anche se mi fossi occupata di architettura,
di medicina o di numismatica". Figlia dello scrittore Emilio Cecchi e della
pianista Leonetta Pieraccini, la giovanissima allieva del Liceo
Chateaubriand vive da subito un fermento culturale che le connota il gusto,
le passioni, lo stile ed il comportamento. Toscani entrambi, figure
riconosciute di una borghesia intellettuale che ben presto nutrirà
sentimenti antifascisti pur senza esporsi direttamente, i genitori di Suso
costruirono per la figlia, forse senza saperlo, una culla ideale di saperi
che si ritrova per intero nella sua opera e nella sua vita. Terminato il
liceo, Suso va a studiare in Svizzera e a Cambridge. Poi, in aperta polemica
col padre, la ragazza si rivolge addirittura ad un gerarca fascista, il
ministro Bottai, per trovare lavoro e per sette anni sarà impiegata al
ministero delle Corporazioni nel settore del commercio con l'estero. Parla
le lingue, è coscienziosa, capisce in fretta (tanto da vantare l'amicizia
con il giovane Enrico Cuccia), ma continua ad amare le arti e si lascia
sedurre dal musicologo Fedele "Lele" d'Amico che sposa nel 1938. Se nella
sua casa prima circolavano scrittori, poeti, teatranti e cineasti, adesso si
aggiungono musicisti e politici, dal momento che Lele milita nella
resistenza cattolico-comunista ed è presto costretto alla clandestinità.
Sarà proprio l'esigenza di mandare avanti da sola la famiglia in tempo di
guerra e durante la malattia del marito (nel frattempo erano nate le due
figlie Silvia e Caterina, cui poi si sarebbe aggiunto Masolino) a spingere
Suso a prendere in mano la penna e sfruttare le conoscenze paterne: prima
come traduttrice dall'inglese, poi come insegnante, infine come
sceneggiatrice. Il debutto avviene nel 1946 con Renato Castellani ("Mio
figlio professore") e Marcello Pagliero ("Roma città libera"), ma già due
anni dopo lavora a "Ladri di biciclette" e l'idea del finale porta proprio
la sua firma. Di una carriera che conta oltre 150 titoli tra cui una serie
infinita di capolavori e sodalizi prediletti (Luchino Visconti, Mario
Monicelli, Francesco Rosi, Ennio Flaiano) è quasi superfluo dire: da "Senso"
a "Le amiche", da "I soliti ignoti" a "Salvatore Giuliano", da "Il
Gattopardo" a "Speriamo che sia femmina", da "Pinocchio" a "Cuore" (per la
tv), Suso Cecchi d'Amico è stata il nostro cinema per più di mezzo secolo.
Il primo premio ufficiale è il Nastro d'argento per "Vivere in pace" di
Luigi Zampa nel 1947; l'ultimo è il Leone d'oro alla carriera alla Mostra di
Venezia del 1994. In mezzo sette Nastri, tre David di Donatello alla
carriera e un Premio in suo onore istituito nell'adorata Castiglioncello. L'eredità che 100 anni
dopo ci lascia Suso Cecchi d'Amico consiste in una professionalità quasi
sconosciuta prima di lei nel nostro cinema. "Come scrive il mio collega
Carrière - ha detto una volta -, la sceneggiatura è il bozzolo, e il film la
farfalla. Il bozzolo ha già in sé il film, ma è uno stato transitorio
destinato a trasformarsi e a sparire. Lo sceneggiatore deve impadronirsi al
meglio della materia e lavorarci poi con il regista e con i colleghi per
trarne una proposta valida in assoluto, mirata a sfruttare al massimo le
possibilità del regista ed evitando il pericolo di fare letteratura. Deve
scrivere con gli occhi". Ma oltre a questo Suso ha portato nella cultura
italiana un respiro europeo, scevro da schematismi e personalismi, che le
permetteva di lavorare con intere squadre di colleghi tra cui spesso grandi
scrittori (da Brancati a Moravia). C'era in lei una curiosità
"professionale" che la vedeva a suo agio in ambienti diversi, dal teatro
alla musica, dalla pittura alla politica; un'attenzione ai valori - in
primis quello della famiglia - che sapeva allargare ad artisti di passaggio,
giovani da incoraggiare, amici stretti che non lasciò mai.(Giorgio Gosetti