Nibbiaia oggi
La calcara di Poggio alle Querce

  L' isolamento del paese e la scarsa presenza di case su podere devono aver limitato anche la diffusione di attività manifatturiere; due sole fornaci risultano infatti censite in questo territorio.
                             Calcara di Poggio alle Querce  

La fornace in questione era una calcara del tipo “a volo”, che è stata rinvenuta seminascosta dalla vegetazione lungo la strada vicinale delle Corazze un antico percorso che da Nibbiaia scendeva al Torrente Chioma, rappresentato nel Piantano dell’Estimo di Castelnuovo della Misericordia del 1795, che conduceva fino a Montenero e da qui proseguiva alla volta di Livorno. Superata una vecchia casa recentemente ristrutturata (l’edificio sembra risalire ai primi del Novecento), facilmente riconoscibile per la presenza
di alcuni grosse querce presenti nel resede antistante, la strada, dopo un centinaio di metri, piega bruscamente a destra; all’interno della curva si rinviene la calcara. Il manufatto, ancora in discreto stato di conservazione, probabilmente servì per cuocere la calce necessaria all’edificazione del suddetto fabbricato e forse anche di altre case isolate che s’incontrano lungo la discesa in Val di Chioma.
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                               Fornace di Via della Fonte

La fornace, di cui non conosciamo il tipo di prodotto lavorato (si presume da calce), è censita per la prima volta nell’aggiornamento catastale del 1842/44, dove viene descritta come “piccola fornace senza coperta”. Appartenuta a Marchetti Pietro di Giovanni, la registrazione catastale la riporta nella Sez. A (detta di S. Quirico e Nibbiaia), particella n. 183. La mappa del 1823 mostra l’appezzamento 183 (lavorativo vitato) in località Sasso Grosso, racchiuso fra la Strada dei Cavalleggeri e Via della Fonte. Al sopralluogo l’area si presenta in parte edificata e in parte incolta, niente traspare della pregressa presenza della fornace, neppure dalle testimonianze degli anziani del paese.
(Da "Segni storici del paesaggio rurale" di Roberto Branchetti" e da "Antiche manifatture del territorio livornese" di Taddei-Branchetti-Cauli-Galoppini, scaricabile dal sito)

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