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Biografia di Ilio Barontini
Riportiamo la biografia per completezza, anche se non risulta
abbia mai abitato nel Comune. Ilio Barontini nasce a Cecina (Li) il 28 settembre del 1890, secondo
di 5 fratelli di una famiglia di contadini abbastanza modesta
e sin da giovanissimo si avvicina al movimento anarchico
livornese. Ad appena
quindici anni è assunto come apprendista tornitore nel
Cantiere Orlando di Livorno e regolarmente iscritto grazie alla
tradizione familiare, al partito socialista italiano. Con lo
scoppio della prima guerra mondiale viene arruolato e inserito tra i giovani destinati alla produzione bellica, inviato alla Breda di Milano muove i suoi primi passi nella lotta politica
fortemente impegnato contro l'interventismo.
Tornato a
Livorno diviene segretario del sindacato dei ferrovieri, ma
poco più tardi è licenziato per il suo attivismo politico di
scioperante. Divenuto consigliere comunale del P.S.I è un
protagonista dell'agitato contesto politico che porta nel
gennaio del 1921, proprio a Livorno, alla scissione della
frazione dei "puri" ovvero dei comunisti che rigettano le
posizioni collaborazionistiche dei riformisti e riconoscono
come proprie le 21 condizioni elencate nel 2° congresso della
terza internazionale comunista (1920), è lui difatti a
procurare il teatro San Marco in cui avviene lo storico
congresso costitutivo di un PCI sin da principio molto radicato
a Livorno. Partecipa con entusiasmo lottando con gli "arditi
del popolo" alla reazione della citta' di fronte ai primi
attacchi fascisti e diviene segretario provinciale del partito
e responsabile della camera del lavoro livornese. Impegnato
nelle continue e molteplici lotte di liberalizzazione della
condizione della classe operaia finisce tra i posti
"d'elite" della repressione con l'avvento incalzante del
fascismo. Più volte
perseguitato,denunciato e arrestato, riesce sempre e comunque
a riprendere il suo posto di comando nella lotta al regime
fascista, che con il susseguirsi dei durissimi scontri che
avvengono nei quartieri popolare livornesi si fa sempre più
opprimente. Condannato
nel '27 dal tribunale speciale perché facente parte del
"complotto comunista", appena libero torna in prima fila, ma nel'31 è costretto a fuggire e a raggiungere clandestinamente
la Francia passando dalla Corsica con una barca. Inviato dal
PCI prima a Parigi poi a Marsiglia organizza il "soccorso
rosso" ed entra in contatto con gli esuli politici di tutta
l'Europa. Con questa azione "fanti" (nome di battaglia) segna
l'inizio di una lunga milizia politica condotta in
clandestinità, che fino alla fine della guerra lo vedrà in
maniera costante al servizio delle direttive del PCI e della
terza internazionale comunista capeggiata dall'unione
sovietica nella quale nel '32 è inviato per studiare lavorare
ed addestrarsi nelle file dell'armata rossa, contribuendo in
prima persona alla "grande opera di riedificazione del primo
paese socialista: l'URSS". In seguito viene inviato in
Cina
dove studia e apprende il metodo della "guerriglia" applicato
da Mao Tse Tung nella lunga lotta per la rivoluzione. Questa
esperienza sarà per lui fondamentale nell'organizzazione della
lotta partigiana in Francia e in Italia. Con il settimo
congresso della Terza Internazionale svoltosi nel '35 a Mosca
si delineò l'esigenza di combattere l'avanzata nazifascista
su tutti i fronti e nel '36 Ilio è tra i primi ad accorrere in
Spagna per combattere il Franchismo. Inviato come "tecnico",
grazie alla sua grossa esperienza acquisita nei viaggi fatti
all'est, non esita comunque a prendere posto in prima fila, da
prima impegnato nella difesa di Madrid poi nella battaglia di Jarama dove è nominato commissario politico ed in seguito è
destinato a condurre quella di Guadalajara. Si rivela uno
stratega e un condottiero eccezionale in una dura lotta che si
protrae per ben tre settimane concludendosi con la conquista
di Placio Ibarra e la disfatta delle file fasciste. Con la
rottura del fronte anti-franchista, dovuta al contrasto tra la
richiesta di maggior inquadramento e organizzazione da parte
dei comunisti impegnati nella lotta e il totale rifiuto delle
componenti anarchiche e filo troskiste locali, la situazione
precipita vertiginosamente. Così nel '38 Barontini viene
ritirato dalla Spagna e inviato dalla Terza Internazionale
in Etiopia passando attraverso l'Egitto con un passaporto di
un archeologo inglese dove sotto il nome di "Paulus", assieme
ai compagni Rolla di Spezia (Petrus) e Ukmar di Trieste (Johannes)
con i quali forma in nucleo dei "Tre Apostoli". Assume il
compito di organizzare le forze abissine che malgrado il pugno
di ferro di Graziani non si erano sottomesse all'aggressione
italiana. Difficile anche il compito di coordinare e saldare
le diverse formazioni in un contesto caratterizzate spesso da
conflitti interni. I tre, con un lavoro strepitoso, affrontando
i rischi peggiori (malattie infettive comprese) riescono a
pubblicare in due lingue un giornale chiamato la "voce degli
abissini", organizzano un forte movimento partigiano e un
governo provvisorio di patrioti - in seguito il Negus (massima
autorità abissina) dette a Barontini il titolo di
vice-imperatore. Sparsasi la voce della presenza degli
antifascisti italiani con Graziani che in evidente difficoltà
aveva messo una taglia sulle loro teste, la loro situazione si
fa sempre più pericolosa. Ras Destà, rappresentante etiopico
alla Società delle Nazioni, accompagna il trio a Khartoum dove è
accolto dal generale Alexander il quale poi decorerà
Barontini con la Bronze Star. Tornato in Francia piegata dalle
forze di Hitler, organizza azioni di sabotaggio a base di
assalti e attentati con bombe che i francesi chiamavano
"Giobbe" (nome di battaglia dato dai francesi a Barontini). A
Marsiglia compie una serie di azioni storiche facendo saltare
in aria l'hotel Terminus (occupato dai gerarchi delle SS), un
bordello e un cinema anch'essi in mano ai soldati tedeschi.
Questi successi attirano l'attenzione del PC francese che lo
incarica ufficialmente di organizzare il Maquis, i franchi
tiratori del FTP (nucleo partigiani). Nel settembre del '43
torna in Italia per organizzare Sap e Gap a Torino, Roma,
Milano e molte altre città minori con il nome di "Dario".
Seleziona, istruisce uomini e pianifica azioni di sabotaggio
con tecniche molto simili a quelle utilizzate nell'esperienza
francese. Lavora con il corpo dei volontari delle libertà fino
a prendere il definitivo comando delle Brigate Garibaldi
dell'Emilia Romagna partecipando costantemente alle azioni di
resistenza che si susseguono assestando duri colpi ai militari
tedeschi ed ai repubblichini. Con una magnifica azione il 7
novembre del '44 al comando della 7^ GAP composta da circa 300
partigiani, riesce a neutralizzare un assedio subito nella
zona di Porta a Lame a Bologna da 1500 nemici, tra tedeschi e
brigate nere, iniziato alle 5 di mattina e terminato alle 2 del
giorno successivo rompendo l'accerchiamento e assediando a sua
volta il nemico per poi sconfiggerlo definitivamente. Liberata
Bologna "Dario" si dirige verso Monte Forni e poi a Modena
dove riesce ad ottenere altre vittorie sul campo. Torna a
Livorno definitivamente dove trova il forte e vivace Partito
Comunista livornese del sindaco Furio Diaz, assume la carica
di segretario della federazione di Livorno e si impegna nella
lotta per la ricostruzione del paese, dal referendum per la
cacciata dei Savoia all'attentato a Togliatti, dopo il quale
in città e in provincia si vivono giorni veramente difficili
contenuti grazie all'immensa stima e popolarità di cui gode.
Il 27
gennaio 1951 Ilio Barontini, Leonardo Leonardi e Otello
Frangioni (due altri comunisti livornesi
combattenti per la libertà) muoiono in un incidente d'auto
mentre tornano dal XXX congresso del PCI di Firenze. Una folla
immensa si riversa nelle strade della città e calorosamente
saluta le salme dei tre, stampati per sempre
nella storia di Livorno. Ilio Dario Barontini viene
insignito dai Sovietici del prestigioso Ordine della Stella Rossa.
(Dal sito: CP 1921)
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