1990 (Prima mostra organizzata al "Pasquini" sull'argomento)

I Macchiaioli.
e la scuola di
Castiglioncello

 

La presentazione di Giovanni Spadolini:
«Macchiaioli». E una parola che i francesi non riescono né a tradurre né a pronunciare. Tachistes (in francese macchia si traduce in tache) indica una scuola artistica radicalmente diversa. Impronunciabile il nome, per un secolo e più la critica francese ha ignorato la scuola livornese-fiorentina che si chiamò tale, alle origini dello Stato unitario, nel 1862, per reazione polemica al giudizio derisorio e ironico di un quotidiano torinese. E prima che Torino perdesse, a vantaggio di Firenze, il ruolo di capitale. Fino al 1920, la corrente macchiaiola fu pressoché sconosciuta agli stessi italiani, almeno alla cultura ufficiale. Giovanni Fattori morì povero nel 1908, in polemica col ministero della Pubblica Istruzione che stentava a pagargli i grandi quadri di battaglie, che spesso non erano i suoi migliori. Silvestro Lega e Telemaco Signorini non erano usciti dai limiti di un paesaggio municipale che veniva a torto scambiato per dialettale. Arcigni i musei. Diffidenti i conservatori del patrimonio artistico che solo allora veniva ordinato e catalogato, scarso e svogliato il mecenatismo privato. Rarissimi i Diego Martelli, contemporanei o di poco postumi, che avessero incoraggiato quegli artisti romantici, sfortunati e boulevardieres. La storia del «Caffè Michelangelo» non era uscita dalla cornice di una certa Firenzina, sempre incline al riduttivo, con una punta di ostentazione e quasi di voluttà. Solo Fattori aveva squarciato, in qualche momento, la nebbia dell'indifferenza generale o della sufficienza e alterigia burocratica. Una vita venata di malinconia, chiusa in se stessa e nel suo insegnamento all'accademia fiorentina. Insegnamento serbato con fedeltà artigianale e rispetto a tutte le mode capricciose e bizzarre, scrupoloso, instancabile, quasi eredità delle botteghe del Quattrocento.
Fattori. Pittore del Risorgimento italiano, senza avere mai indossato un'uniforme ne di soldato ne di volontario (un po' come Carducci, cui rimase sempre quel cruccio, quel tormento lacerante). Evocatore delle glorie nazionali in una pittura che talvolta risentiva ancora degli accenti del suo maestro Giuseppe Bezzuoli - e del romanticismo storico - e che solo nei quadri più piccoli, negli scorci più abbandonati, negli studi su uomini e animali svelava quelle doti piene di osservazione della realtà, che ne faranno - come dirà Papini - un autentico «rilevatore della natura».
Essenziale, nella sua storia personale ed artistica, l'origine livornese. Livorno: la città più libera della Toscana ottocentesca. La città che per prima aveva tradotto 1’Enciclopedie e introdotto gli illuministi nella penisola. La città dell'Indicatore livornese, sacra alle prime esperienze di Mazzini. La città delle passioni repubblicane represse e del tempestoso magistero guerrazziano. La città dove il Quarantotto significò qualcosa, turbamento, lacerazione di vecchi schemi, quasi insurrezione popolare e non fu soltanto aggiustamento o evocazione di antichi miti nazionali, di remote illusioni archeologiche. Fattori fu testimone, non attore, della resistenza popolare di Livorno agli austriaci ritornati. E contrasse fin da giovanissimo (aveva ventiquattro anni nel '49) quella febbre patriottica che lo portò a vincere, fin dal '60 -'61, il concorso Ricasoli per la «Battaglia di Magenta», che lo indusse a dare subito un risposta, calma, solenne, pacificata, all'ansia di inquadramento di un Risorgimento neanche concluso nella sua accidentata e spesso deludente vicenda storica. Nel complesso, al di là di ogni giudizio e di ogni annotazione estetica, quell'opera pittorica, quella specie di Risorgimento illustrato, assolverà una funzione di apostolato e di pedagogia nazionali, paragonabile a De Amicis col suo Cuore. Dal punto di vista artistico, il «monumentale» «Assalto alla Madonna della Scoperta», non riesce ad allontanare lo sguardo delle piccole e incantate marine di Castiglioncello, dagli abbozzi di vita campestre, in cui il brivido della pittura macchiaiola si avverte con un ritmo più intenso. Il suo mondo ideale è delimitato dalle pianure solitarie della Maremma, e le macchie dei boschi si identificano con gli artifici pittorici, e gli alberi taciturni e potenti diventano veicoli di un messaggio che non è mai retorico, che è teso esclusivamente alla scoperta della natura (non a caso i cavalli dominano le opere di un tipo e dell'altro). In tutto il tratto che da Castiglioncello arriva a Vada. Autentici maestri, i macchiaioli. Maestri nella fedeltà artigianale ad un mestiere sentito con dedizione assoluta, e fuori dagli schemi virtuosi del purismo artistico da poco debellato in Toscana: maestri nel raccordo fra società e arte, nella trascrizione fedele dell'etica risorgimentale in una chiave, anche quella, dimessa, schiva, non urlata e non gridata. Andre Chastel, critico fine e non privo di ironia, ha osservato una volta che col 1860 la corrente macchiaiola esce allo scoperto col grido «La Toscana farà da sé». Quasi parafrasi del non fortunato grido di Carlo Alberto, rapportato all'Italia dodici anni prima.
E certo qualcosa di quarantottesco, di volontaristico, anche di barricadiero rimane in questa pittura che dissolve, in nome della «macchia», tanta parte dei canoni tradizionali, che rovescia l'accademia, che spezza la spirale del neo-classicismo, che esce risolutamente dall'Arcadia. In una misura, sempre, toscana e italiana. Nel ricupero di una più lontana tradizione (Pontorno o Rosso Fiorentino, per esempio); nella fedeltà ad un paesaggio, morale prima ancora che naturale, sempre delimitato e circoscritto.
Fra macchiaioli e impressionisti, corre in sostanza la stessa differenza che poteva correre fra Firenze, capitale accigliata del piccolo Regno d'Italia, e Parigi, capitale un po' impazzita del Secondo Impero. Con tutto quello che Firenze e Parigi hanno rappresentato nella storia della civiltà universale.            GIOVANNI SPADOLINI

Circa 20.000 visitatori e 1.500 cataloghi venduti

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Nella sezione Download del sito, puoi trovare i seguenti documenti relativi ai Macchiaioli:
Arte e Storia a Castiglioncello dai Macchiaioli al Novecento di Francesca Dini
Diego Martelli. L'amico dei Macchiaioli e degli Impressionisti di Francesca Dini
I Macchiaioli e la Scuola di Castiglioncello di Piero e Francesca Dini
 
Giuseppe Abbati di Francesca Dini e Carlo Sisi
 MACCHIAIOLI - Opere e protagonisti di una rivoluzione artistica 1861-1869 di Francesca Dini (Download parziale)
SILVESTRO LEGA - Da Bellariva al Gabbro di Francesca Dini (Download parziale)
IL MONDO DI ZANDOMENEGHI - Dai Macchiaioli agli impressionisti  di Francesca Dini (Download parziale)