Macchiaioli
a Castiglioncello e altrove |
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Nacque
a Napoli, figlio del pittore Vincenzo, il 13-1-1836. Studiò a Venezia,
all'Accademia, col Grigoletti. Ma ritornò a Napoli nel 1853. Qui lavorò con il padre fino
alla spedizione dei Mille, alla quale partecipò perdendo un occhio nella
battaglia del Volturno. |
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1 - Autoritratto IL RINNOVAMENTO DELLA PITTURA DI GENERE 2 - La Cappella di S. Tommaso d'Aquino in S. Domenico Maggiore 3 - Interno della Chiesa di S. Miniato al Monte 5 - Interno di S. Miniato a Monte 6 - Interno della Chiesa di S. Miniato 7 - Interno della Cripta della Chiesa di S. Miniato al Monte 9 - Interno di un monumento 1861 10 -Loggiato con armigero 1864 11 - Monaco al coro 1865 POESIA DEI CHIOSTRI. SCENARI FIORENTINI 12 - Le porte sante 13- Chiostro 14 - Nel Chiostro 15 - Monaco 16 - Chiostro di S. Croce 19 - Il camposanto di Pisa 1864 20 - Contadina vista di dietro 21 - L'Arno alla Casaccia 22 - Lungo l'Arno alle Cascine 24 - Via di campagna con cipressi 28 - Il Mugnone alle Cure CASTIGLIONCELLO E MAREMMA 30 - Ritratto di Teresa Fabbrini 1861 31 - Casa di D. Martelli a Castiglioncello 1862 32 - Lido con bovi al pascolo 1862 33 - Baia di Caletta presso Castiglioncello 1862 35 - Casa di Diego Martelli a Castiglioncello 1862 36 - Marina a Castiglioncello 1863 38 - Dalla cantina di Diego Martelli 40 - Buttero a cavallo nella tenuta Martelli 41 - Castiglioncello 43 - Campagna di Castiglioncello 44 - Veduta di Castiglioncello 45 - Nevicata a Castiglioncello 46 - Rustico a Castiglioncello 47 - Tamerici a Castiglioncello 48 - Baia a Caletta 49 - Spiazzo con alberi 50 - Casina di pescatori 51 - Casa sul botro 52 - Collina maremmana 53 - Carro e bovi nella Maremma toscana 54 - Toro a Grosseto 1870 55 - Carro rosso con bovi 56 - Bovi al carro 57 - La stalla 58 - Il pittore Stanislao Pointeau DA FIRENZE A CASTELNUOVO DELLA MISERICORDIA 59 - Orazione 60 - Ritratto di signora in grigio 61 - Ritratto di uomo (Il contadino Zini) 1865 62 - Interno di camera rustica 63 - La lettura 64 - Interno di una casa di boscaioli 1866 65 - Finestra aperta 66 - Bovi aggiogati 67 - Rovi sulla spiaggia 68 - Strada campestre 69 - Diego Martelli 70 - Ritratto di Maurizio Angeli 71 - Ritratto di signora appoggiata a una sedia 72 - Il chilo 73 - Senza titolo 1 74 - Senza titolo 2 |
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Fu nel 1866, quando si chiuse in Via Larga il Caffè Michelangiolo, che Diego Martelli, avendo ereditato il terreno e la villa sul poggio di fronte alla pineta (dov'è ora il castello dei Pasquini) raccolse presso di sé i pittori che s'erano sbandati. Fattori, Signorini, Abbati, Lega, Sernesi, Cannicci, Borrani, Cabianca, Gordigiani, Costa, Zandomeneghi, Cecioni, vissero nella villa Martelli giornate quasi irreali per quella gente sempre in bolletta. Si spargevano al mattino tra i lecci o nelle pinete quasi buie per l'ombra fitta, seguivano i precipiti sentieri marini o s'inerpicavano per quelli che serpeggiano tra le colline assolate e silenti. E a mezzogiorno, o addirittura al tramonto, rientravano col bozzetto umido e lustro e con i tubetti dei colori quasi spremuti, spossati da quei loro interminabili dialoghi con la Natura. E allora, a tavola, discutevano e si sfottevano a più non posso, come ai bei tempi del Caffè Michelangiolo. Ne mancavano le nostalgie. Fattori ricordava con le lacrime agli occhi il suo « Trovatore » affrescato su una parete del vecchio caffè fiorentino ed ora spregevolmente ricoperto da uno strato di calce; Serafino De Tivoli aveva lasciato su quei muri un suo «Paesaggio»; l'Ussi un «Assalto a un castello medievale». Il più scontroso e malinconico della compagnia era Beppe Abbati, che talvolta si allontanava dalla villa anche per due o tre giorni senza dare notizie di sé. Solo col suo cane, lavorava senza tregua dall'alba al tramonto, e dormiva a ridosso di un pagliaio o sotto un fienile abbandonato. Un'opera in cui di un solo sguardo si ravvisano insieme e la classica semplicità del suo ingegno e la tristezza che immutabile pervase il suo grande cuore è la «Muta solitudine nei pressi di Castiglioncello» ch'è tutto un rude alternarsi di verdi cupi e di terre, di rocce e di boscaglie compatte, fra strisce di cielo e di mare. Non è facile oggi, purtroppo, rintracciare molti bozzetti dell'Abbati; fra quelli dipinti a Castiglioncello abbiamo potuto metter gli occhi su due soli: la «Muta solitudine» di cui abbiamo parlato e l'altro che ci ha mostrato a Firenze il pittore Borgiotti, i «Bimbi a Castiglioncello», una tavoletta lunga e sottile nella quale più di tutto colpisce l'originale disposizione dei toni entro poche linee quasi squadrate. Un gruppetto di bimbi, un po' d'erba, un muro: eppure quale austerità! Guardando quella tavoletta, pensavo a certi «professori» che per essere «austeri» dipingono rovine della Roma imperiale, monasteri, camposanti ...
«Nell'Abbati
— scriveva Anna Franchi nel 1901 — la tristezza ha qualcosa di
morboso che si riflette anche nelle opere che ci ha lasciate. Egli
andava soggetto a esaltazioni e passioni strane: e un affetto
eccessivo, malato, provava per gli animali. Del suo cane era tanto
geloso da irritarsi se taluno lo accarezzava ». Il
cane, purtroppo, doveva avere nel destino di Beppe Abbati un ruolo
della massima importanza, Quello che lo aveva seguito alla guerra (Abbati
combatté valorosamente nel '66,
volontario, e di lui vestito da garibaldino, col berretto rosso e la
barba bruna, ci mostrò appunto il Galli una preziosa fotografia) e lo
aveva salvato da un grande pericolo svegliandolo una notte che,
essendo di guardia, s'era addormentato in un fossato mentre
sopraggiungevano gli austriaci, morì. Abbati si trovò un altro cane.
Non poteva star senza. E fu a Castiglioncello che, dovendosi un giorno
recare in campagna e non volendosi portare dietro la bestia, la chiuse
in una stalla. Ma la prigionia rese il cane furioso; al suo ritorno l'Abbati,
per punire l'animale che gli si mostrava ostile, lo battè con uno
scudiscio e quello lo morse; poi fuggì ne più si seppe di lui. Ne l'Abbati,
ne Diego Martelli che per l'artista fu come un fratello, si
preoccuparono della cosa. Ma di lì ad un mese
l'innata malinconia del pittore si accentuò stranamente;
un'inquietudine invincibile lo agitava tutto: non poteva più dormire
ne dipingere. Per il dormire pazienza, ma a dipingere non poteva
rinunciare. E si fece visitare da un medico che brutalmente gli rivelò
la verità: idrofobia. L'Abbati, come abbiamo visto, era tutt'altro
che un vile: ma la prospettiva delle atroci sofferenze che lo
aspettavano lo spinse alla disperazione. Si slanciò su una pistola
carica che era nell’ambulatorio del medico, il quale a malapena
riuscì ad opporsi al suicidio.
Tutte le cure furono vane; finalmente si decise il suo ricovero
nell’ospedale di Firenze e la moglie di Diego Martelli si offrì
coraggiosamente di accompagnarlo nel lungo viaggio in carrozza.
Terribile viaggio! Per la povera signora che doveva fingere una calma
inesistente, e per lui che sentiva una continua rabbiosa bramosia di
morderla. Nell'ospedale di Firenze morì: era il 21 febbraio 1868. Gli ultimi suoi
bozzetti furono quelli ispirati dal mare e dalla pace di Castiglioncello che era penetrata nel suo animo senza riuscire a
dominarlo. |
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