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Il mulino dei Casini al Diacciarello | |
La prima registrazione fiscale nella quale è possibile riconoscere questo opificio è del 1619 e vede proprietari gli eredi di Giovanni di Virgilio Casini dal Gabbro: Un mulino a Ritrecino con gora murata, suoi arnesi, et appartenenze posto su l’acqua della Sanguignia sotto il Diacciarello. 1° beni comuni, 2° via, 3° La Sanguignia, 4° detto Comune, paga sacca Otto di grano di fitto l’anno °. Due anni più tardi Pasquino e Sabatino lo davano in gestione al mugnaio Francesco di Polidoro dal Gabbro. Nel 1674 i Casini vendevano il mulino a Lorenzo Cartoni, componente di una ricca famiglia di mercanti fiorentini stabilitasi a Livorno intorno alla metà del secolo XVI. Nel Seicento questa famiglia, grazie ad acquisti e donazioni, era divenuta proprietaria di numerosi beni fondiari nella zona del Gabbro, tra i quali, appunto, il mulino al Diacciarello e quello in Bucafonda. Il patrimonio dei Cartoni nel 1738 veniva acquistato al pubblico incanto da un’altra nobile famiglia livornese: i Finocchietti. Nella mappa del Catasto Toscano (1820) è rappresentato l’edificio del mulino senza il bottaccio, che è invece raffigurato in un plantario del 1858. Nel 1876 l’opificio era registrato alla famiglia Spinelli, proprietaria, in quel periodo, di tutti gli impianti molitori ad acqua ed a vento presenti nelle vicinanze del Gabbro. La mappa d’impianto del N.C.T. (1939) rappresenta l’immobile alla particella 67 del Fg. 6 di Rosignano Marittimo. Si ritiene che il mulino abbia perso la sua funzione produttiva per assumere definitivamente quella abitativa verso la fine dell’Ottocento. I cambiamenti apportati in questa fase non hanno tuttavia modificato la fisionomia originaria dell’edificio del quale rimangono ben leggibili la gora murata (ricolma di terra) e i due carcerari dove alloggiavano le ritrecini. Da alcuni decenni la struttura, ubicata ai piedi di un poggio, non è più abitata e versa in uno stato d’abbandono; l’accesso non agevole rende problematico il recupero conservativo dell’immobile.(Da: "Antichi mulini del territorio livornese" di R. Branchetti e M. Taddei). |
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