Le
veglie di Neri |
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Frenato da una pigrizia che risentiva molto probabilmente di una stanchezza alla quale pareva sottrarsi rifugiandosi nel tepore domestico, il «sor Renato», come lo chiamavano dalle parti di Castiglioncello, impercettibilmente era scivolato nella maniera, invece di maturare il discorso narrativo aperto dalla radiografia della società e continuato, sia pure con diversa forza espressiva, nei volumi delle Veglie di Neri e di All'aria aperta. Due opere che già dal titolo palesano la loro particolare angolatura di partenza, frutto dei vagabondaggi e degli incontri e dei racconti uditi percorrendo la zona affidata al suo zelo d'ispettore scolastico abituato a conciliare il rigore di un'intricata normativa, con la tristezza delle varie situazioni locali, quasi sempre contrassegnate da una miseria atavica che si trascinava dietro l'ignoranza più sprovveduta. E proprio dallo scrupolo di restituire la temperie morale di certa provincia avvolta in un mantello di solitudine, si avverte nitidamente che il piglio con cui Fucini racconta le avventure dei suoi stralunati personaggi è in fondo lo stesso che qualche tempo prima l'aveva visto evitare la formula di moda del libro di viaggio per compilare un sorprendente documento legato al movimento verista (almeno nelle sue lettere più tese e scandite, che lo hanno fatto definire dal Russo «pittore dal disegno fermo, ma dalla materia triste e qualche volta cruda»)... |