CASTIGLIONCELLO: vita nella torre dal 1552 al 1836 fra
naufragi, sbarchi, stracchi di robe e fatti d'arme
Consapevoli della
parzialità di questa raccolta di notizie, le presentiamo
comunque, in ordine cronologico, quale testimonianza
dell’attività svolta nell’arco di circa tre secoli dalle
Guardie di Marina e dai Cavalleggeri lungo la costa a sud di
Livorno. Per ogni evento, naufragio, sbarco o altro fatto
degno di essere segnalato dai solerti torrieri e castellani,
quando in rapporti stringati, altre volte prolissi e
verbosi, a secondo della confidenza che ciascuno aveva con
penna e calamaio, ne diamo conto presentandolo per sommi
capi e riservando quando opportuno, il testo originale in
nota, dove sono indicati gli estremi archivistici del
documento. Località, data, nome dell’estensore del rapporto
e destinatario, quando presenti, precedono la notizia:
Rosignano, 4 luglio 1552, senza firma, ai Consoli del Mare a
Pisa.
Una barca è attaccata
e bruciata da un galeotta di turchi nel luogo detto il Monti
de la Rena nella piaggia di Ruosignano. Chi si reca a
recuperare lo scafo, cercando con i marinai superstiti di
trarlo a riva, può raccogliere solo poche robe, e deve
prendere atto che non c’è rimasto quasi niente da salvare.
Il castellano nominato pa’ molle (di Castiglioncello)
al quale spetta un presente per aver sovrinteso
all’operazione, lo riceve da Giovanni Campana, padrone della
barca. Da un altro documento si evince che benché avvistata
dalle due torri di Castiglioncello e di Vada, la barca
inseguita dalla galeotta turca era stata predata, perché le
guarnigioni non erano riuscite a intervenire in tempo così
come i paesani del circondario, che in quel giorno erano
tutti convocati a Peccioli per la rassegna della Banda dei
descritti.
Torre di Castiglioncello, 12 giugno 1566. Andrea di
Loriano di Leo da Cascina, castellano della torre di
Castiglioncello, al Vicario di Lan, tramite il sindaco di
Rosignano che fa la denunzia.
Il castellano relaziona su un episodio avvenuto nei
pressi della torre l’8 giugno di quell’anno, quando durante
il trasporto alla marina del carbone fatto nei boschi
limitrofi, per essere imbarcato e spedito, vede i carbonai
armati di un archibugio a fuoco con la miccia accesa. Nel
tentativo di disarmarli, vengono alle mani e partono alcuni
colpi, da ambo le parti. Ad avere la peggio è proprio il
castellano, raggiunto al braccio sinistro e alla coscia
sinistra da due palle. Caduto a terra viene ulteriormente
ferito al capo con una coltellata. Anche la moglie del
castellano, accorsa agli spari è ferita ad una gamba.
Responsabile del ferimento è il carbonaio Giuliano di
Pinocchio da Loraggi in Garfagnana, che è stato autorizzato
a fare il carbone da Nicolò di Giò da Ceuli. Non è da
escludere che il movente di tanta aggressività fosse stato
l’atteggiamento del castellano, che pretendeva, come altri,
una percentuale sul movimento e la quantità del prodotto.
Castiglioncello, 30 gennaio 1614, al Governatore.
La filuga (piccolo bastimento da cabotaggio, con una
coperta, una vela latina) del padrone Matia napoletano,
naufraga alla Fortulla sulla spiaggia del gabieno. Viene
redatto l’inventario delle merci e cose recuperate. Tutto è
depositato in un magazzino presso la torre di
Castiglioncello a disposizione delle autorità.
Rosignano, 13 gennaio 1643, colonnello Giorgi ai Consoli
del Mare.
Essendo naufragata una nave genovese nel logo detto
Chioma, carica di legna, il capitano di Rosignano pretende
la quarta parte del carico recuperato come da consuetudine,
ma il console dei genovesi a Livorno gli nega questa
provvigione. Ne nasce un contenzioso per redimere il quale
si ricorre all’autorità dei Consoli del Mare a Pisa. Non si
conosce l’esito della controversia.
Livorno, 12 settembre 1674, relazione su sbarco di
persone a Castiglioncello.
Il documento è la
trascrizione dell’interrogatorio di Giacomo Aurelio Carena,
arrivato a Livorno dopo essere sbarcato a Castiglioncello da
un brigantino comandato da Daniello, un francese che aveva
trainato a Livorno una tartana finalina (di Finale
Ligure) carica di ferro. Dopo aver dormito presso la torre e
essersi rifocillati con il cibo che il castellano,
Bartolomeo di Antonio Gambini senese, gli aveva procurato a
pagamento, la mattina seguente Carena e i suoi compagni
ripartono alla volta di Livorno con un nuovo passaggio
trovatogli dal castellano. E evidente che l’interrogatorio
serviva anche a verificare il comportamento del castellano e
il livello di efficienza e correttezza del servizio
sanitario.
Firenze, 16 settembre 1674, Francesco Panciatichi al
Provveditore di Sanità di Livorno
S.A. approva la
risoluzione presa nei confronti di una barca, la feluca del
padrone Pietro Tarabotto di Lerici, proveniente da Genova
con patente netta, che essendo stata predata da una
galeotta francese e poi rilasciata, doveva essere trattata
alla stregua di una altra imbarcazione caduta nella stessa
situazione il 25 agosto precedente, ovvero subire una
quarantena di soli 15 giorni, alle persone e robe al primo
lazzaretto. In quanto ai due uomini che erano scappati dalla
galeotta francese e si erano rifugiati con altri alla torre
di Castiglioncello, si approva altresì la decisione presa
dal magistrato di Sanità di Livorno, di far arrestare tutti
i trasgressori che fossero stati trovati alla torre.
Castiglioncello, 17 marzo 1721, Giuseppe Lombardelli alla
Deputazione di Sanità.
Due soldati tedeschi,
probabili disertori da Piombino, vengono fermati al casotto
del Ginepro privi di bulletta. Accompagnati a
Castiglioncello, per ordine del capitano di Rosignano,
devono essere scortati a Livorno da due soldati del
presidio. Lombardelli suggerisce, per non sguarnire la
torre, di farli scortare dai suoi uomini fino alla torre
successiva e poi così di posto in posto fino a Livorno.
Castiglioncello, 12 agosto 1721, c.s.
Per ordine del
capitano di Rosignano, Lombardelli deve far accompagnare a
Livorno da due suoi soldati, un uomo arrestato al Monte alla
Rena perché privo di bolletta di Sanità. Per la notte, si
decide di farlo guardare da un soldato del magazzino e da
uno del posto del Monte alla Rena. Al prigioniero viene dato
da mangiare e da bere, e un lampione con il suo oglio alle
sentinelle perché possi vedere il fatto suo. Il castellano
avverte i suoi soldati che del vitto e del viaggio saranno
ripagati equamente.
Castiglioncello, 11 novembre 1721, c.s.
Analogamente
all’episodio del 12 agosto, Lombardelli deve far
accompagnare a Livorno da due suoi soldati, per ordine del
capitano di Rosignano, un’abate spagnolo arrestato al
casotto del Ginepro e successivamente trasferito prima alla
torre e poi al posto del Monte alla Rena. Come nella lettera
precedente, Lombardelli rinnova la richiesta di far eseguire
la scorta solo fino alla torre successiva per non sguarnire
eccessivamente la già esigua forza di cui dispone per il
controllo del territorio e della costa.
Castiglioncello, senza data (1721), c.s.
Il nove di un mese
non meglio specificato, era transitato dalla torre di
Castiglioncello il sig. Maestro di Campo di S.A.S. Capanni.
Nell’occasione era stato salutato con lo sparo di tutti i
cannoni e il saluto dei quattro soldati del presidio.
Castiglioncello, 22 luglio 1726, Niccolò Bartolozzi alla
Deputazione di Sanità.
Il rapporto in
questione, è relativo all’episodio di una barca non meglio
identificata, che si avvicina notte tempo alla torre di
Castiglioncello, e non rispondendo ai reiterati inviti del
presidio a farsi riconoscere, viene presa a cannonate.
Redatto nella prosa sgangherata quanto efficace del
Bartolozzi, è l’esempio di quanto in realtà fosse difficile
e aleatorio far rispettare le regole di sanità proteggendo
nel contempo i pescatori che lavoravano lungo la costa.
Castiglioncello, 4 novembre 1737, Niccolò Bartolozzi alla
Deputazione di Sanità.
La notte del 3
novembre, naufraga sulla spiaggia di Castiglioncello, una
barca genovese del padrone Lazzaro Lanfranco, con
patente netta proveniente e da Gaeta.
Rosignano, 5 novembre 1737, Carlo Antonio Dal Pozzo alla
Deputazione di Sanità.
Una ulteriore
missiva, specifica che la barca genovese, un pinco (grosso
bastimento latino a tre alberi), con nove uomini di
equipaggio, trasportava da Gaeta, un carico di granturco,
cecci, faggioli e fave.
Livorno, Primo Lazzaretto, 28 luglio 1740, senza firma, alla
Deputazione di Sanità.
L’estensore della
lettera, probabilmente un funzionario del Lazzaretto,
relaziona che il comandante e padrone della castardella
pescatora (veloce barca con in genere 5 rematori in piedi)
nominata L’anime del purgatorio e S.Michele, Aniello Romei
di Procida, con sei persone di equipaggio e due passeggeri
si è presentato dichiarando che loro sono pescatori che
peschiamo queste spiaggie di Livorno, la Meloria e sotto
Montenero e per la costa, e che la sera precedente stava
a
cena con li miei marinari vicino la torre di Castiglioncello,
ed il castellano di detta torre mi domandò se volevo portare
due passeggeri a Livorno, che uno di essi è malato, per
farlo medicare. Evidentemente la spiegazione non convince
gli uomini della Sanità, che cercano riscontri al poco
chiaro episodio.
Castiglioncello, 1 agosto 1743, Niccolò Bartolozzi alla
Deputazione di Sanità.
L’episodio narrato
nel rapporto parla di un disertore fuggito da Piombino, che
in un estremo tentativo di evitare il carcere e forse la
forca, sfugge alle guardie e si nasconde nella fitta macchia
che fiancheggia la costa a sud di Livorno. A poco vale la
immediata reazione dei soldati e le lunghe ricerche; l’uomo
pare scomparso nel nulla.
Rosignano, 4 novembre 1742, Cornetta Francesco Bombardieri
alla Deputazione di Sanità.
Diversamente al
precedente, un altro disertore, questo proveniente da
Lungone (Porto Longone all’Elba) viene catturato dagli
uomini di Castiglioncello, e trovato senza bulletta ne altri
documenti validi, arrestato in attesa delle disposizioni
superiori.
Castiglioncello, 28 maggio 1744, Niccolò Bartolozzi alla
Deputazione di Sanità.
Un soldato del posto
del Ginepro, durante la solita scoperta lungo la costa,
trova un cadavere straccato dalla burrasca del mare, e
subito ne da notizia al superiore, che a sua volta avvisa la
Cornetta Bombardieri, Deputato di Sanità a Rosignano.
Castiglioncello, 8 novembre 1757, Niccolò Bartolozzi alla
Deputazione di Sanità.
Un altro turco, un
certo Frensi, probabilmente dopo essere stato catturato,
viene accompagnato a Livorno, da tre fucilieri della torre e
due corazze a cavallo dei posti di marina, acciò venga
meglio custodito per il buon servizio di Sua maestà.
Rosignano, 19 febbraio 1758, G. M. Benci alla Deputazione di
Sanità.
Pur non avendo da
segnalare, nella settimana, nessun fatto rilevante, il
rapporto riporta il rinvenimento in due località, la cala
presso l’Arancio e quella della Fortulla, di due relitti di
naufragio; una antenna di pino lunga circa 14 braccia (m. 8
circa) e un altro pezzo di legno di circa br. 10 (m. 6
circa). L’estensore suppone che il naufragio sia avvenuto
lontano dalla costa di Rosignano e che i relitti siano stati
sparsi dal mare in una vasta area.
Castiglioncello, 2 marzo 1758, Niccolò Bartolozzi alla
Deputazione di Sanità.
Alle ore 16
all’italiana, è comparsa al porticciolo sotto la torre una
lanzia di tartana pescatora di Livorno, con a bordo il
padrone Giuseppe Mantovano, che riferisce al castellano che
lo esamina, essere stato spinto dalla burrasca a terra,
mentre cercava con la lancia di raggiungere Livorno per
portarvi il pesce pescato.
Castiglioncello, 7 novembre 1760, Niccolò Bartolozzi alla
Deputazione di Sanità.
Durante una burrasca,
approda a Castiglioncello una barca proveniente da Porto
Ferraio nell’Elba, padrone Giò Arrigo Dormi. L’equipaggio è
di tre marinai e trasporta sette passeggeri. Avendo
consegnato la sua patente e le bullette dei passeggeri,
rilasciate da Porto Ferraio, si trattiene in attesa della
verifica dei documenti, spediti con le cautele di sanità a
Livorno.
Castiglioncello, 25 marzo 1762, Niccolò Bartolozzi alla
Deputazione di Sanità.
Viene scoperta una
tartana arenatasi alla foce del Fine, gli si spara una
cannonata a polvere di avvertimento perché gli eventuali
occupanti la rimettano in mare e vengano alla solita
ubbidienza per farsi riconoscere ed esaminare.
Torre di Castiglioncello, 18 aprile 1768, Tenente Benci al
Governatore di Livorno.
Il 15 aprile, sono
sbarcati a Castiglioncello da un leuto capraino che li aveva
imbarcati a Viareggio, tre individui, con passaporto
francese. I tre dichiarano di esser un ufficiale prussiano e
i suoi due attendenti. Dopo aver soggiornato all’osteria di
Castiglioncello, e aver nel frattempo spedito alcune lettere
all’indirizzo del console francese in Livorno e al signor
Harriman, si trasferiscono alla Torre di San Vincenzo, e da
qui proseguono per terra fino a Porto Baratto, con
l’intenzione di imbarcarsi per la Corsica. Dai documenti e
dalle dichiarazioni rilasciate, risultano essere, il primo,
Giuseppe Francesco marchese Afflitto, originario di Scilla
nel regno di Napoli, Colonnello del Reggimento di
Brandeburgo al servizio del Re di Prussia. Veste una
uniforme turchina, con pettine rosse guarnite d’oro e due
spallini. Il secondo, Giò Santi Cattoli corso. Ufficiale
francese, con uniforme bianca e pettine celesti; il terzo un
lacchè al loro seguito.
Torre di Castiglioncello, 18 gennaio 1782, Cancelleria di
Sanità al tenente Rangoni castellano.
Si prende atto del
rapporto stilato dal castellano il giorno precedente,
relativo all’investimento del lento del padrone Castellini e
della filuga del padrone Vaccà, avvenuti nel mare antistante
la torre. La solerzia e la precisione dimostrate dal Rangoni
vengono sottolineate con soddisfazione dai superiori.
Livorno, 16 gennaio 1789, dal Governatore al castellano di
Castiglioncello, tenente Ceccherelli.
Gli viene comunicato
che deve fermare una pollacca e altri bastimenti per motivi
di debiti, qualora facessero sosta sotto la torre. Nel
contempo si elogia il suo contegno a riguardo della pretesa
di un certo dottor Coppi, che vantando crediti nei confronti
del padrone di un bastimento, si era rivolto a lui perché
arrestasse e mettesse sotto sequestro l’imbarcazione. Nel
ribadire, infatti che questi interventi d’imperio possono
eseguirsi solo se richiesti da un tribunale o da altra
magistratura, come ad esempio i Consoli del Mare di Pisa, e
dopo la relativa autorizzazione scritta del Governatore di
Livorno, si avverte il castellano, che nel caso di fermo di
piccoli bastimenti, come le barche coralline, o le filughe,
basta togliere loro il timone e la vela per impedirne la
partenza, mentre quando si tratta di bastimenti grandi come
le pollacche ecc., data la consistenza numerica degli
equipaggi e l’eventuale armamento di bordo, é opportuno
minacciarli prima con l’artiglieria della torre, a salve, e
solo dopo che hanno manifestato l’intenzione di arrendersi,
intervenire con le modeste forze a disposizione per eseguire
il fermo.
Castiglioncello, 12 aprile 1802, istanza di Bartolomeo
Del Lupo, dipendente della famiglia Bernardi al podere di Castiglioncello.
L’istanza è rivolta
al Gonfaloniere del comune di Rosignano, competente per
territorio, e mira al risarcimento di due bestie vaccine
uccise e smembrate dai soldati francesi di passaggio, che ne
asportano la carne lasciando gli ossami all’esterrefatto e
impotente contadino.
Rosignano, 15maggio 1802, tenente Tausch alla Deputazione di
Sanità.
Il tenente relaziona
di uno strano episodio che vede coinvolti in modo ambiguo
alcuni soggetti, fra cui il caporale di servizio al Romito e
i pescatori Aliboni originari di Antignano. Il giorno
precedente, di mattina presto, viene avvistato in mare sotto
il Romito un bastimento all’apparenza abbandonato. Il
castellano invia subito il caporale con la barchetta degli
Aliboni, per recuperarlo, ma invece le imbarcazioni
proseguono alla volta di Antignano. Il Ceccherini, tenente
del Romito, si insospettisce e invia una staffetta al forte
di Antignano per avvisare il comandante Funel perché non li
ammetta a pratica, anche perché ha avuto nel frattempo
notizia da Calafuria, che il caporale e i pescatori Aliboni
possono essere saliti a bordo del bastimento e aver visitate
delle casse della cui presenza probabilmente avevano
notizia.
Torre di Castiglioncello, 20 dicembre 1802, tenente Tausch
c.s.
Un rapporto del
castellano di Castiglioncello, tenente Mainardi, riporta che
nella notte, davanti alla cala del Ginepro, posta a circa un
miglio a ponente della torre, a causa della forte mareggiata
in corso, è naufragato un grosso bastimento a tre alberi e
vele quadre. I rottami sono sparsi lungo la costa, e Tausch
si reca personalmente a verificare la situazione. In effetti
a distanza di un tiro di fucile da riva, si vede un grosso
guscio di bastimento che va sfasciandosi sotto l’impeto
delle onde su quegli scogli, ma date le condizioni del mare
non è possibile rilevare la qualità del legno, ossia capire
di che tipo di nave si tratta.
Torre di Castiglioncello, 28 ottobre 1803, tenente Mainardi
castellano al Dipartimento di Sanità.
Si comunica a Livorno
che il 24 ottobre alle ore cinque del pomeriggio, era
arrivato alla torre il cavalleggero Gonfiotti del posto del
Monte alla Rena, con due uomini, il padrone Rocco Schiaffino
genovese e Giovanni Barinci di Antignano, che aveva scoperto
sulla spiaggia che litigavano violentemente. La lettera è
seguita dal rapporto dell’interrogatorio dei due soggetti,
da cui si evince che il motivo del contendere erano alcuni
capi di vestiario scomparsi e del pesce rubato. Mainardi
trattiene la patente del Barinci dicendogli che la
restituirà solo quando egli avrà regolato il suo debito con
lo Schiaffino. Gli chiede anche se durante la navigazione ha
avuto incontri e scambi con altre imbarcazioni, ma la
risposta è negativa. Solo durante la notte, quando stava per
coricarsi, vede riapparire il Barinci accompagnato da Ulivo
Dominici, che gli raccontano che il giorno ventuno, mentre
erano a pescare sulle secche di Vada, erano stati avvicinati
da un bastimento inglese, e obbligati a prendere sulla loro
barchetta sei marinai genovesi che trasportavano alcuni
strapunti e altre robe, predati precedentemente dal legno
inglese a qualche malcapitato equipaggio. Sotto minaccia
avevano dovuto portarli a Vada e a S.Vincenzo, dove avevano
sbarcato cose e persone. Anche se ormai in netto ritardo
sull’evento Mainardi provvede a informare i superiori e
invia a Livorno i due pescatori perché rispondano delle loro
malefatte.
Torre di Castiglioncello, 29 marzo 1804, Castellano Mainardi
al Dipartimento di Sanità.
Sicuramente correlato
alla notizia dell’uscita da Livorno della cavalleria
francese, è il rapporto del castellano di Castiglioncello.
La notte fra il 28 e il 29 marzo, circa alle ore due dopo la
mezzanotte è naufragato in quel porticciolo il corsaro
inglese nominato La Fortuna. Accorso con tutti i suoi
soldati per arrestare l’intero equipaggio ha trovato grosse
difficoltà nell’eseguire l’operazione, perché gli inglesi si
sono dati alla fuga per i campi e la boscaglia, con il
favore delle tenebre. Alla fine risultano arrestati solo
nove individui di cui due sono prigionieri marcianesi
predati dal corsaro. Fra l’altro il comune Angelo Favilli,
messosi all’inseguimento degli inglesi, a un certo punto
viene da questi aggredito, sopraffatto, e derubato del
fucile. I nove arrestati vengono messi in una stalla sotto
la sorveglianza di sentinelle, tre uomini guardano il
bastimento perché non vi venga rubato nulla e altri tre sono
rimasti di guardia alla torre. Tausch rende noto quindi che
tutta la sua gente è in servizio e che occorrono rinforzi.
Torre di Castiglioncello, 10 maggio 1804, tenente castellano
Mainardi al Dipartimento di Sanità.
La deposizione del
padrone Antonio Bianchi francese, predato con il suo
bastimento nel porto di Vada il giorno precedente, viene
trasmessa a Livorno. Con una buona dose di audacia una
paranzella, verso le tre del pomeriggio, gli si era
affiancata, e alcuni uomini, all’apparenza inglesi, saliti a
bordo con la minaccia dei fucili spianati, lo costrinsero a
uscire dal porto. Appena fuori dal tiro del cannone della
batteria di Vada, il corsaro eseguì lo spoglio del
bastimento predato, rubando alcune mercanzie di proprietà
del detto padrone e un baule e cinque balle di telerie
appartenenti al signor Giò Franco Mefrè Aiutante Maggiore
Francese a Livorno. Per farsi prontamente ubbidire e sopire
ogni velleità di rivolta, gli inglesi avevano malmenato i
marinai colpendoli con il piatto delle sciabole, e in quella
occasione hanno detto di essere gli stessi che avevano
straccato nella spiaggia di Castiglioncello il mese
precedente, e che erano tornati per rifarsi dello smacco
subito. Padron Bianchi asserisce che l’imbarcazione dei
corsari è una paranzella che pareva un latino genovese colle
forbici a poppa.
Torre di Castiglioncello, 29 settembre 1804, tenente
castellano Mainardi c.s.
Durante una apparente
operazione di routine, nel dare pratica a due bastimenti
approdati alle due del pomeriggio nella rada di
Castiglioncello, avviene una vera e propria aggressione
armata davanti agli occhi del castellano e dei suoi uomini.
Il leuto con bandiera francese, del padrone Giuliano Sassone
proveniente da Castagneto, è appena arrivato che
sopraggiunge la lancia di un bastimento che inalbera la
bandiera genovese. Improvvisamente gli uomini del leuto
cominciano a gridare mentre vengono sparate alcune fucilate
al loro indirizzo dalla lancia. Il castellano corre verso la
torre per reagire con l’artiglieria, ma nel frattempo viene
fatto segno di un colpo di cannone a cinque palle che
colpisce il terreno davanti a lui a non più di venti
braccia. Superata la sorpresa per tanto ardire, raggiunge la
batteria e fa sparare contro il corsaro cinque colpi di
cannone, senza però colpirlo. Questo nel frattempo ha
sopraffatto i francesi e dopo aver inalberato la bandiera
inglese, rendendo palese la sua provenienza, si allontana
rimorchiando il leuto, il cui padrone e i sei uomini di
equipaggio si sono salvati con la lancia nel porto e restano
sotto sorveglianza sanitaria in attesa di ulteriori ordini.
Rosignano, 15 dicembre 1814, Mancini al governatore di
Livorno generale Spannocchi.
Dalla spiaggia di
Castiglioncello arriva la notizia di un bastimento
naufragato, presso lo scalo dell’Arancio, in vicinanza del
Fortullino. Segnalato verso le cinque del pomeriggio dalla
scorreria dei cavalleggeri, l’evento ha fatto intervenire il
castellano di Castiglioncello che pur se a tarda ora si è
recato a visionare la situazione e dare gli opportuni ordini
affinché tutta la roba straccata dal mare fosse ammassata e
vigilata da sentinelle fino alla mattina seguente, quando
con il favore del giorno avrebbe fatto ricercare altra
eventuale merce e rottami lungo la costa.
Rosignano, 17 luglio 1815, Mancini c.s.
Il castellano della
Torre di Castiglioncello fa rapporto in quanto competente
per territorio, sull’episodio avvenuto la mattina alle sei e
mezzo, in cui da una piccola filuca, i cavalleggeri del
Monte alla Rena, hanno visto sbarcare un uomo a terra nel
luogo detto la punta dell’Illatro. Immediatamente accorsi,
hanno fatto risalire a bordo l’uomo senza prenderci pratica
alcuna e fatto scendere il padrone della barca, che in
stretta contumacia hanno tradotto in stato di arresto alla
torre.
Casetta del Fortullino, 16 marzo 1820, Antonio Pardini al
governatore di Livorno.
Tre barche coralline
partite quella mattina da Livorno e dirette per la pesca in
Africa, all’altezza del Fortullino, verso le dieci, vengono
investite da un improvviso vento sferratoio di tramontana,
che le mette in gravi difficoltà. Una delle barche, La
Concezione, del padrone Antonio Pozzolino si abbocca e va
sottosopra alla distanza di un quarto di miglio da riva,
affondando. Riescono a salvarsi gli uomini dell’equipaggio,
che assieme agli altri delle due barche illese vengono
accolti a terra, ma avendo perse le patenti, rilasciategli
il 14 marzo a Livorno, sono trattenuti in contumacia, tutti
quanti. Le altre barche sono quella del padrone Nicola
Villano toscano, denominata Madonna di Montenero, con undici
uomini a bordo e quella del padrone Antonio Bonifazione
francese, con undici persone di equipaggio, nominata G. e M.
Solo grazie alla prontezza del padrone Antonio Scotto
toscano che si trovava li vicino con la sua barchetta,
quelli della Madonna di Montenero si mettono in salvo a
terra.
Rosignano. 5 settembre 1828. Verzoni c.s.
Nel momento di
spedire al solita corrispondenza, si presentano al
comandante i due cavalleggeri, Giusti e Tarchi, di servizio
alla casetta di Monte alla Rena, che fanno rapporto il
merito all’avvistamento di un gruppo di sette uomini, di cui
alcuni armati, che si suppone facciano parte dell’equipaggio
della barca già segnalata dal castellano Pierazzuoli. Gli
estranei, alla vista dei due cavalleggeri si sono dati alla
fuga nella macchia di Castiglioncello. Subito messi in
allerta i pochi uomini a cavallo e i cannonieri a
disposizione del presidio, li ha inviati nei punti della
costa dove si suppone che i fuggitivi possano cercare di
uscire dal bosco.
Torre di Castiglioncello, 28 aprile 1829, Antonio Pardini al
governatore di Livorno.
Rapporto relativo al
naufragio di un bastimento avvenuto la notte precedente a
ponente della casetta di Monte alla Rena. Il cavalleggero
Francesco Chiellini ha scorto la barca sugli scogli ed è
corso a chiedere rinforzi. Il caporale Andrea Pagliarini e
alcuni cannonieri guardia coste, si sono recati sul posto e
si sono prodigati per il recupero della barca.
Rosignano, 19 febbraio 1836, torriere Santini al
Dipartimento di Sanità.
Il naufragio della
paranzella S. Lorenzo e S. Brunone, padrone Antonio Cardone
toscano, è avvenuto nel tratto di costa di Campo Lecciano,
probabilmente la notte precedente e Santini relaziona in
merito dicendo che ha fatto piazzare una sentinella,
composta da un caporale e tre uomini, sul luogo del
naufragio, e contemporaneamente avvisato il castellano di
Castiglioncello, il torriere del forte del Romito ed il
cavalleggero capo posto del Fortullino, perché facciano
eseguire lungo la spiaggia di loro competenza la più
scrupolosa vigilanza.
Posto del Fortullino, 22 febbraio 1836, Giovanni Armelleschi
cavalleggero capo posto, al torriere del Romito.
Il rapporto del capo
posto è circostanziato all’evento del naufragio della
paranzella, oggetto del precedente documento. La notte del
18 febbraio alle ore due circa, è stato trovato il
bastimento naufragato vicino al podere di Campo Lecciano,
dai cavalleggeri Carrai e Armelleschi, e fra i vari relitti
vi era una cassa aperta. Il capo posto ha eseguito la
vigilanza fino a quando non è arrivata la pattuglia del
Romito, al cui torriere è andato prontamente a fare rapporto
sull’accaduto. (Da: "La difesa costiera. Forti,
torri, posti armati, strada dei cavalleggeri da Livorno a Vada" di Clara
Errico e Michele Montanelli) |