I ritrovamenti
del 1997 al Castello Pasquini
Nel
luglio 1997, nel corso dei lavori di riqualificazione urbanistica del
parco del Castello Pasquini, uno sbancamento meccanico effettuato per
realizzare una piazzola di sosta, ha portato in luce i resti di
numerosi laterizi antichi, apparentemente integri e in
situ. La zona interessata dai lavori, immediatamente a ridosso
dell'ex-casa del casiere, che affaccia su Piazza della Vittoria, era
ai limiti di un'area adibita a orto, ed era stata in passato sbassata
e regolarizzata e, forse, anche interessata da ricerche archeologiche,
a giudicare dai numerosi frammenti di laterizi e ceramica a vernice
nera rinvenuti in superficie e nel terreno rimosso dalla ruspa.
Grazie
alla sensibilità della Direzione dei Lavori, che ha immediatamente
sospeso lo sbancamento e avvertito gli Uffici competenti - e che a suo
tempo, trovandosi a operare in un'area fortemente indiziata dal punto
di vista archeologico, aveva previsto una voce di spesa specifica per
eventuali "saggi di scavo archeologico" -, è stato
possibile avviare da subito lo scavo d'emergenza dell'area.
La
pulizia manuale dell'area rivelò che i laterizi messi in luce dallo
sbancamento erano pertinenti a una tomba alla cappuccina, in prossimità
della quale un altro gruppo di tegole indicava un'altra probabile
sepoltura di tipologia leggermente diversa. Resti di altre tre
sepolture in laterizi, franate e sconvolte dalle radici dei lecci
sovrastanti, erano visibili nella sezione alle spalle delle due tombe,
mentre, qualche metro più a sud, sotto l'edificio della porcilaia,
erano state intaccate dalla ruspa anche alcune tombe a pozzetto della
tipologia più comune a Castiglioncello. Una tomba a pozzetto era
peraltro ancora visibile fino a poco tempo fa, poco lontano dall'area
in questione, sulla scarpata a est del fronte dell'edificio delle
"Scuderie". L'apertura di un saggio di scavo nell'area a
sud-est dello sbancamento (m 5 x 8 circa), ancora non interessata dai
lavori e relativamente libera dalla vegetazione, ha consentito di
mettere in luce un piccolo settore, pressoché integro (a eccezione
dei danni provocati dalle radici dei lecci secolari) della necropoli
del centro costiero.
Le
tombe, in maggioranza a pozzetto, erano scavate nel terreno vergine
della collina a brevissima distanza l'una dall'altra e avevano
profondità e dimensioni variabili. La stratigrafia soprastante, a
causa dell'erosione del pendio collinare, si limitava a uno strato di
terra argillosa di colore rossiccio, spesso circa cm 10, subito al di
sotto dell'humus.
Le
pareti dei pozzetti erano nude e la copertura era costituita da una
lastra di arenaria rozzamente tagliata e sbozzata - le cui dimensioni
non sempre si adattavano all'ampiezza del pozzetto - con al di sopra
alcuni sassi disposti a cumulo a chiudere eventuali interstizi. Sul
fondo del pozzetto era adagiato il cinerario d'impasto (che
in un unico caso era coperto da un piatto a vernice nera) e,
all'interno e intorno a esso, erano disposti gli oggetti del corredo,
di quantità e ricchezza variabili. Nessuna tomba presentava tracce di
manomissione; in un unico caso è stato rinvenuto un probabile
pozzetto vuoto, ma la causa è probabilmente da attribuire alle radici
dei lecci, che sono penetrate negli interstizi tra i sassi di
copertura dei pozzetti e spesso all'interno delle tombe stesse,
causando anche la frattura degli oggetti di corredo e, soprattutto,
dei cinerari. Alla stessa causa sembra imputabile il rinvenimento,
fuori da un pozzetto, di un gruppo di oggetti che includeva anche un
cinerario frammentario, in un lieve avvallamento del terreno, subito
al di sotto dell’humus.
Si tratta probabilmente di materiale scivolato da una sepoltura
sconvolta situata più a monte. Anche gli oggetti contraddistinti con
il numero di attività 9/97, sono stati rinvenuti raggruppati, ma non
in giacitura primaria. Le tombe a pozzetto, sia maschili che
femminili, coprono un arco di tempo che va dalla fine del IV agli
inizi del I sec. a.C.
Un'unica
sepoltura, databile alla seconda metà del II secolo a.C., era
costituita da una cassetta con
fondo e pareti in lastre di arenaria. La mancanza della lastra di
copertura può essere imputabile alle condizioni di ritrovamento, così
come l'assenza del cinerario, visto anche lo stato frammentario dei
pochi oggetti di corredo rinvenuti. D'altra parte la cronologia
avanzata della tomba e la mancanza di tracce di frammenti ossei
rendono improbabile l'ipotesi che si tratti di un'inumazione, magari
di un bambino.
Le
tombe a inumazione, anch'esse scavate nel terreno vergine e disposte a
nord delle precedenti, presentavano tutte rivestimenti in laterizi,
anche se di tipologie diverse tra loro. Un'unica sepoltura è
costituita da una vera e propria cappuccina con l'impiego di tegole e
coppi, mentre più comune sembra la fossa terragna con copertura di
tegole disposte per piatto. In un caso sono le pareti a essere
rivestite da un doppio strato di tegole disposte per taglio e
obliquamente (a forma di V). A differenza che nei ritrovamenti
precedenti, le inumazioni appaiono separate topograficamente dalle
altre sepolture, con la parziale eccezione della tomba 0/97, più
vicina delle altre al settore dei pozzetti. Nella maggior parte dei
casi presentano un approssimativo orientamento est-ovest e, laddove le
condizioni di rinvenimento hanno consentito di ricostruire la
deposizione con la testa del defunto a est. Esse appaiono inoltre
differenziarsi dalle altre sepolture per cronologia e per sesso.
Riservate alle donne e, nel caso della tomba 6/97, a un bambino, esse
sembrano, a differenza delle altre tipologie, esaurirsi nell'arco del
III secolo a.C.
Da: "Castiglioncello-La
necropoli ritrovata" scaricabile dal sito. |