2004

Il mondo di Zandomeneghi 


   Da Il Tirreno e siti Internet diversi

Dai macchiaioli agli impressionisti il percorso del pittore. Cantore della bellezza femminile, si apre a Castiglioncello la grande mostra a lui dedicata

. Burbero era di carattere, la mondanità sfavillante della Parigi di fine Ottocento era lontana dal suo spirito schivo. Nella città centro del mondo artistico internazionale, reduce dal chiacchierato esordio degli Impressionisti da Nadar dove espose un italiano già affermato, Giuseppe De Nittis, Zandomeneghi faticava ad integrarsi. Questo veneziano introverso, che diverrà cantore di una bellezza muliebre discreta, fatta di sguardi dimessi e ambienti raccolti, restò estraneo all’alta società parigina dove Giovanni Boldini era di casa.
 Abbastanza orgoglioso per non tornare in patria da perdente imboccherà una personale via impressionista dopo esitazioni e ripensamenti. L’amico Diego Martelli nel suo soggiorno parigino lo inviterà ad aprirsi alle tendenze più avanzate della pittura francese e lo introdurrà all’amicizia con Degas. Nella tenuta del critico a Castiglioncello, nei primi mesi del 1874, Zandomeneghi maturò il desiderio di recarsi a Parigi, attratto dal naturalismo di Breton e Bastien-Lepage. La vicenda artistica che si dipana nei decenni successivi si può seguire in più di sessanta dipinti in mostra da domani alle 18 al Castello Pasquini.  “Dai Macchiaioli agli Impressionisti. Il mondo di Zandomeneghi”, è un percorso inedito che ricostruisce la vicenda umana e artistica di Federico Zandomeneghi (1842-1917). La mostra (la prima che la Toscana dedica a Zandomeneghi) promossa dal Comune di Rosignano, insieme al Centro per l’arte Diego Martelli e in collaborazione con la Galleria d’arte moderna di Firenze, rappresenta la quarta tappa di un percorso iniziato nel 2001, che attraverso mostre monografiche (già dedicate ad Abbati, Sernesi e Lega) e a tema, ha inteso esplorare aspetti ancora sconosciuti del movimento macchiaiolo ed i suoi legami con Castiglioncello.
La ricontestualizzazione puntuale della curatrice Francesca Dini ne fa una figura di collegamento prima tra la pittura di macchia e il colorismo veneto e poi, secondo l’intuito di Martelli, tra i Macchiaioli e l’impressionismo francese. Quattro sezioni documentano il suo cammino pittorico fino al cromatismo più libero di stampo impressionista, la condivisione del rigore disegnativo di Degas, di ascendenza italiana, e gli insegnamenti al giovane Toulouse- Lautrec. La prima tappa ricostruisce il rapporto di Zandomeneghi con la scuola di Piagentina e con le opere della solare stagione di Castiglioncello - per tutte la “Marina” di Sernesi - dove il pittore aveva ritratto Teresa Fabbrini ne “La lettrice”.
 Zandomeneghi partirà poi per Parigi, da cui non farà più ritorno. Qui, tra difficoltà economiche ed incertezze sulla nouvelle peinture, tra il 1876 e il ’78 matura la svolta di Zandomeneghi, dalle prime pennellate filamentose “alla Pissarro” ai tagli compositivi originali. La riassumono lo splendido “A letto” (1878) di cui viene esposto il disegno preparatorio, e la vivacità cromatica di “Le Moulin de la Galette”. A Parigi Martelli lo introduce in società dove incontrerà Degas, amico e compagno di strada per molti anni. I pezzi di Pissarro, Gauguin, Maureau e De Nittis sostengono il collegamento della sua pittura con i francesi.  La terza sezione raccoglie i capolavori del periodo impressionista, che l’artista espose con il gruppo parigino dal 1879 fino al 1886 - significativa la “Donna che si infila una calza” di Degas - quando iniziò a frequentare Lautrec e Guillaumin. Il nucleo finale riunisce i pezzi più noti di Zandomeneghi.                                                                                                                    Federica Lessi

Il mondo di Zandomeneghi
Castiglioncello Castello Pasquini

mercoledì 4 agosto 2004

Né dee, né femmine. Ma signore e signorine. Magari di buona famiglia. È l’universo di Federico Zandomeneghi, italiano a Parigi, amico di Macchiaioli ed Impressionisti. Pittore della vita moderna pure lui, raccontata con una pennellata spumeggiante e leggera…Artista amato e amabile Federico Zandomeneghi è tra i pittori italiani dell’Ottocento che hanno goduto di maggiore fortuna: amico dei Macchiaioli e degli Impressionisti, Italien de Paris ante litteram, pittore di successo. Rampollo di una famiglia di artisti, Zandomeneghi si misura con il realismo analogico dei Macchiaioli, rimane affascinato da Silvestro Lega (molto efficace in questo senso il confronto fra le tele de I fidanzati) ma subisce anche il fascino di un realismo di più forte impatto, come quello di Michele Cammarano che nei suoi toni cupi e drammatici e nella pastosità del colore evoca la pittura caravaggesca o quella spagnola.
La seconda sala annuncia il cambiamento e l’incontro con il mondo parigino: qui si ritrovavano a vario titolo numerosi artisti e critici italiani, in primis Giuseppe de Nittis –rappresentato in mostra da un Sulla panchina al Bois delizioso- e soprattutto Diego Martelli che cercherà poi di favorire la conoscenza dell’impressionismo in Italia e che fornì a Zandomeneghi un appoggio fondamentale per farsi conoscere.
E sarà proprio Diego Martelli ad acquistare nel 1878 A letto, rimasto invenduto all’Esposizione fiorentina, e soprattutto criticato per la volgarità e per l’eccessivo realismo, laddove proprio la diagonale è un espediente per coinvolgere lo spettatore e la scena coi suoi colori si presenta come “un magico ventaglio di pennellate” capace di unire le radici veneziane alla moda giapponese.
Le Moulin de la Galette e Caffè Nouvelles Athènes sono opere che attestano una prima maturità e che delineano i futuri sviluppi della pittura di Zandomeneghi: la vita moderna, i caffè e le strade, le nuove donne… Proprio questa sensibilità verso l’universo femminile diventa la sua cifra distintiva: una produzione vastissima che coniuga compostezza formale, raffinatezza cromatica e eleganza. La familiarità con Degas e Lautrec –che ne condividono l’appassionata descrizione dell’universo muliebre- lo rende disponibile a tagli compositivi inusuali e movimentati. Tra le opere presenti in mostra – riflesso di una produzione vastissima grazie al contratto che lo lega al mercante Durand Ruel – segnaliamo Colloquio al tramonto, una descrizione di confidenze femminili che ha degli accostamenti di colore ancora una volta squisiti, e la Bambina dai capelli rossi, assorta nella lettura come quella fanciulla in abito bianco dipinta quasi quaranta anni prima in Toscana. Esempi entrambe –a distanza di tempo- di una femminilità borghese, educata, che ancora oggi non smette di sedurre.

Silvia Bonacini   20 luglio 2004

ZANDOMENEGHI DI NUOVO A CASTIGLIONCELLO

Una stimolante Mostra intitolata -Dai Macchiaioli
agli Impressionisti - Il mondo di Zandomeneghi-
Dal 17 luglio al 31 ottobre 

Dal 17 luglio al 31 ottobre 2004 le magnifiche sale del Castello Pasquini di Castiglioncello ospiteranno la prima mostra che la Toscana dedica a Federico Zandomeneghi (Venezia 1842 – Parigi 1917).
Curata da Francesca Dini e realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, la manifestazione ripercorre, in maniera inedita, il particolare itinerario artistico che condusse Zandomeneghi, dalla formazione in ambiente veneziano, alla condivisione delle contemporanee ricerche toscane, al profondo interesse per le tematiche naturalistiche fino alla significativa partecipazione, unico fra gli italiani, alle esposizioni parigine degli Impressionisti.
L’esposizione si propone di documentare le vicende umane ed artistiche che portarono Zandomeneghi a coniugare il colore della grande pittura veneta, assimilato nell’ambiente artistico familiare, con il rigore formale della tradizione toscana (apprezzato attraverso il sodalizio con gli amici Macchiaioli ed il grande Degas) ed il cromatismo, spregiudicato e vibrante, dell’Impressionismo francese, approdando ad esiti che, talvolta, preludono alle soluzioni formali postimpressioniste, anche quelle più anticonformiste.
La sua pittura, scevra dell’aggressività talentuosa e dei compiacimenti virtuosistici di un Boldini, sembra piuttosto coniugare la modernità dei tagli di Degas ai preziosismi cromatici di Renoir riuscendo, tuttavia, a proporsi assolutamente nuova e originale. E ciò quale conseguenza del lungo, coerente percorso di un artista capace di sopportare il peso di scelte estetiche e di vita spesso ardimentose. Come quella, ad esempio, di lasciare la città natale, Venezia, rinunciando ai vantaggi che gli sarebbero derivati dalla notorietà della sua famiglia di celebrati scultori (il nonno, Luigi, era stato intimo di Antonio Canova ed il padre, Pietro, aveva portato a termine il monumento a Tiziano, nella Chiesa dei Frari).
A causa dei suoi ideali anti-austriaci il diciannovenne Zandomeneghi lascia Venezia per Milano e, poi, per Firenze, dove giunge nel 1862 dopo aver partecipato ad una delle spedizioni di supporto ai Mille di Garibaldi e dopo aver terminato gli studi all’Accademia di Brera. I suoi esordi artistici avvengono, pertanto, in seno ai Macchiaioli, dei quali condivide le lunghe lotte, gli ideali estetici e quelli patriottici. La mostra allestita a Castiglioncello si propone, quindi, di ricontestualizzare il percorso dell’artista partendo proprio dagli anni italiani, spesso ignorati per le difficoltà di reperirne le opere più significative.
Articolata in quattro sezioni, l’esposizione analizza, inizialmente, le inevitabili suggestioni e concomitanze con l’attività di altri artisti, inclusa la parte iniziale del soggiorno parigino. Successivamente vengono analizzati i rapporti con Diego Martelli, la "svolta" impressionista e l’inizio dei duraturi rapporti, di consuetudine e di amicizia, con Edgar Degas. La terza sezione raccoglie alcuni degli splendidi dipinti nati nel clima di adesione al movimento impressionista francese mentre l’ultima, nelle sue due sale, raduna i capolavori della produzione più conosciuta dell’artista, fin quando egli non perviene ad una "cifra" propria in cui la sintassi espressionista ritrova la pienezza classica, tutta italiana, della forma. Il catalogo, a cura di Francesca Dini, segue l’iter artistico del pittore ed include saggi di Cosimo Ceccuti, Piero Dini e Carlo Sisi, con una testimonianza di Anna Toniolo, nipote dell’artista, e corredato da schede critiche di Rossella Campana.VALERIO S. PROVVEDI

Da macchiaiolo a impressionista. A Castiglioncello, a Palazzo Pasquini, una mostra ripercorre la carriera di Zandomeneghi

Prima, macchiaiolo, quando il sentimento della "macchia" era animato da spirito umano e patriottico. Poi, parigino, quando il pennello si cominciava ad "inzuppare del succo della vita". Ancora dopo, impressionista, quando finalmente conquistava il suo moderno umanesimo, la sua ville lumière, fatta di realtà urbane, scorci domestici, un clima frizzante e mai immobile. Infine, Zandomeneghi e basta, oramai solido e personale, con una sua cifra stilistica, dove l'euforia impressionista si fonde con il caldo cromatismo della cultura veneta, con la saldezza delle forme e con l'originalità del taglio compositivo. Sono queste quattro fasi della vita artistica del veneziano Federico Zandomeneghi ad essere protagoniste della bella retrospettiva ospitata al Castello Pasquini di Castiglioncello, fino al 31 ottobre, raccontate attraverso una sessantina di opere provenienti da raccolte pubbliche e private, cui si affiancano in alcuni episodi di affinità elettive dipinti di "amici" italiani e francesi. Giochi di dialoghi stilistici che s'intrecciano tra il veneziano e Sernesi, Lega, Abbati, Pissarro, Gauguin, Maureau, De Nittis, Armand Guillaumin.
E' la prima monografia toscana dedicata al maestro, per giunta accolta a Castiglioncello, culla, insieme a Piacentina, della scuola macchiaiola dove Zandomeneghi è maturato, e dove ha trascorso nel 1874 un lungo soggiorno nella villa del critico Diego Martelli, che riuscì a mitigare le asperità del suo carattere e a farlo aprire alle tendenze più avanzate della ricerca francese. Dopo la recente esposizione di Milano, ancora un assolo, dunque, per Federico Zandomeneghi, Zandò per gli amici di Montmartre, l'altro italiano adottato se non divorato da Parigi. Il "vénitien", come si divertiva a chiamarlo Degas quando cominciò a vederlo frequentare la sua cerchia, ha sempre goduto di una fama collettiva, inserito nella triade di pittori italiani, con Giuseppe De Nittis e Giovanni Boldini, che negli anni Settanta dell'Ottocento lasciarono la patria per intraprendere l'avventura parigina, sposando il credo Impressionista. Ma, allo stesso tempo, apostrofandone l'insuccesso rispetto al plauso immediato riscosso dagli altri due. Causa, forse, quel caratteraccio burbero e introverso, restio alla trasfigurante mondanità bohemièn che guardava a distanza e filtrava attraverso la sua tela.
In mostra, dunque, ci sono gli anni italiani, tra la formazione nella natia Venezia e la crescita artistica a Firenze. Tappe fondamentali che schiudono poi la lunga produzione francese, tanto da essere poi definito dagli storici "impressionista veneziano", per quella componente genetica lagunare, capace di amplificare la sensibilità luministica nei confronti della natura, così come era avvenuto per lo stesso Monet, e anni prima per Turner, trasfigurati profondamente dal soggiorno nelle bella Venezia. A Venezia, dove nacque nel 1841, figlio e nipote di accademici, dal '57 al '60 Zandomeneghi frequenta l'Accademia di Belle Arti alla Carità Nuovi, tra il genio colorista di Tiziano e quello algido di Canova. Poi, la scelta di partire per Firenze, certo motivata da questioni politiche - come altri artisti della sua generazione, partecipa a una spedizione garibaldina - che però gli rivelano le esperienze pittoriche nuove della macchia, tanto da appassionarsi al naturalismo di Francesco Gioli.
Del soggiorno a Castiglioncello, c'è "La lettrice", del 1865, piccolo capolavoro costruito per contrasti cromatici di "macchie" solari, che trasmettono l'incanto dell'assolata primavera maremmana, che fa ideale pendant con la celebre "Marina" di Raffaele Sernesi. E ancora, un degno confronto viene da "Gli innamorati" di Zandò (1866) attraversato da un'aura di romanticismo cromatico con le figure in una posa apparentemente casuale e insolita, emergono dalla penombra e si stagliano contro il cielo dorato, in simbiosi con "I fidanzati" di Silvestro Lega. Dell'amicizia con Martelli parla splendidamente il famoso ritratto "allo scrittoio" realizzato da Zandò nel '70, da Palazzo Pitti. Il critico dei Macchiaioli è colto nell'intimità del suo studio, nella veste da camera, una berretta in capo per il freddo, circondato di carte e scartoffie, non rivolge nenanche lo sguardo verso lo spettatore, tutto intento nella sua contemporanea azione. Forte di colorismo luministico alla veneziana e tonale alla macchiaiola, forte di spirito risorgimentale e di rinnovamento, forte dell'idea di una realtà da cogliere in presa diretta e di una sincerità spassionata, forte di tutte queste componenti sbarca a Parigi, nel 1874, trentatreenne.
Dalla sua entrata nel "ventre di Parigi", parte la seconda sezione espositiva, che vuole lanciare spunti di riflessione su un maestro che fu l'"impressionista veneziano" contestualizzato nel più ampio panorama europeo gravitante su Parigi. Un percorso che parte da "Sobborgo parigino" del 1876, concepito nelle pennellate filamentose "alla Pissarro" - presente tra l'altro in mostra con "Il taglio della siepe" del '78 - e col risoluto taglio diagonale della scena. Manifesto della conversione alla piena estetica della nouvelle peinture è "Le Moulin de la Galette" del 1878 che evidenzia il cambiamento di stile in atto di Zandò, o almeno la tensione a farlo: l'ambizione all'ampio formato, la volontà di ritrarre una "tranche de vie" rappresentativa dei costumi come un vero "quadro di storia" contemporaneo, come aveva già fatto Renoir. Ma, soprattutto, richiama all'attenzione l'influenza del grande Edgar Degas, personalità chiave che catalizza la svolta stilistica di Zandomeneghi. E, ancora, opera che nella sua straordinaria modernità, prelude a quegli esiti post-impressionisti. E la sensuale "A letto" del '78, per la prima volta esposto accanto allo studio preparatorio "La dormiente". C'è tutto, la posa spregiudicata della donna fra le lenzuola sporche del letto sfatto, la disinvoltura del taglio scenico, il gioco dei colori nelle ombreggiature azzurrine della biancheria, e il japonisme nella decorazione delle pareti e della coperta.
Sfilano gli anni Ottanta registrati da dipinti in cui Zandomeneghi condensa la sua personale adesione al movimento impressionista. C'è tutta l'amicizio con Degas e con Toulouse-Lautrec. Ci sono tutti i preziosismi cromatici e compositivi. Di Degas è l'uso speculativo e sistematico del pastello, un impasto cromatico asciutto, un disegno continuo e sintetico, lo sguardo disincantato verso il costume sociale della città moderna, senza giudizio né indulgenza narrativa, affidando il racconto di contenuti scabrosi alla sottile ambiguità dei valori formali. Ne è testimonianza "Coppia al Caffè" del 1885. Ma sono gli anni in cui comincia a sperimentare la tecnica puntinista, traducendo la macchia in piccoli atomi distinti e vibranti di colori. Linguaggio che usa per opere stilisticamente più ardue, che attingevano al repertorio di "volgarità" e "sdolcinature", con le ballerine, che nella grazia delle pose lasciano trapelare gracilità fin troppo acerbe o allusioni promiscue alla prostituzione giovanile. "Al Caffè della Nouvelle Athènes", "Il violoncellista", "La toilette",, "Le calze nere".
Infine gli anni Novanta, caratterizzati da una produzione intensa, raffinata ed elegante, dove le audaci volgarità cedono il posto alle pose aggraziate e composte, dove i soggetti si equilibrano all'insegna della femminilità sobria e vezzosa e dell'adolescenza pura e incontaminata, dove i colori si infuocano e le intimità si rilassano avvolte da sentimenti più lirici che carnali. Emergono tutti i contatti con Renoir, Degas, e Toulouse-Lautrec. Proprio con l' "Hommage à Toulouse-Lautrec" realizzato l'anno della sua morte, 1917, si chiude idealmente il percorso. Opera chiave perché è un ricordo dell'amico scomparso all'alba del nuovo secolo - infatti alle spalle di una donna dall'ampia veste scollata rosa ciclamino, si vede il manifesto di Lautrec - ma è anche una finestra che Zandò spalanca sulle ricerche contemporanee: nell'accattivante posa emancipata, la donna evoca i ritratti straordinari di Gistav Klimt e le atmosfere della Secessione viennese.
(Laura Larcan)

 15.000 visitatori

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Nella sezione Download del sito, puoi trovare i seguenti documenti relativi ai Macchiaioli:
Arte e Storia a Castiglioncello dai Macchiaioli al Novecento di Francesca Dini
Diego Martelli. L'amico dei Macchiaioli e degli Impressionisti di Francesca Dini
I Macchiaioli e la Scuola di Castiglioncello di Piero e Francesca Dini
 
Giuseppe Abbati di Francesca Dini e Carlo Sisi
 MACCHIAIOLI - Opere e protagonisti di una rivoluzione artistica 1861-1869 di Francesca Dini (Download parziale)
SILVESTRO LEGA - Da Bellariva al Gabbro di Francesca Dini (Download parziale)
IL MONDO DI ZANDOMENEGHI - Dai Macchiaioli agli impressionisti  di Francesca Dini (Download parziale)