Gli ospiti di Castiglioncello Cronache |
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Da "Il Tirreno" del 15-07-2012 di Elisabetta Arrighi | |
Noi
e “Il sorpasso” fra scenate
di gelosia e signore sposate
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Certo che ci
erano abituati,
a
Castiglioncello,
ad avere i
cinematografari
come vicini
d’ombrellone o
come clienti per
il taglio dei
capelli. Dalla
famiglia Cecchi
d’Amico a
Marcello
Mastroianni, da
Paolo Panelli in
simbiosi con
Bice Valori ad
Alberto Sordi.
Ma diventare
protagonisti,
con loro, di un
“vero” film era
un’altra cosa.
Anche in
quell’avvio
degli anni
Sessanta quando
la quiete della
Pineta Marradi,
del porticciolo
e del
Fazzoletto,
primo locale vip
della Perla del
Tirreno, venne
rivoluzionata da
un Vittorio
Gassman già
istrione e
mattatore, dalla
timidezza di
Jean- Louis
Trintignant e da
una Catherine
Spaak che con il
costume stile
anni ’30
mostrava una
acerba
sensualità.
L’anno era il
1962, il film
era “Il
sorpasso”-
regista Dino
Risi - di cui
quest’anno cade
il cinquantesimo
compleanno. Un
numero che esige
di essere
celebrato,
perché
cinquant’anni
rappresentano un
pezzo di storia.
Del cinema e del
costume. Il
Comune di
Rosignano
Marittimo sta
organizzando una
settimana di
eventi per
agosto. Nel
frattempo
“Castiglioncello
’62: il nostro
sorpasso” di
Monica Ciucchi e
Claudio
Castaldi, da
semplice
libriccino nato
dieci anni fa
per conto del
Consiglio di
frazione come
omaggio ai 40
anni del film, è
ora diventato un
diario di
quell’estate in
cui la troupe
invase il paese.
L’ha ristampato
la casa editrice
Il Gabbiano di
Dino Dini e
Masolino d’Amico
ha aggiunto la
prefazione. «Io
avevo sette
anni. Ricordo
certi momenti di
vita
spensierata,
allegra -
racconta Mirko
Ulivieri, oggi
pescatore, ma
allora comparsa
nel film nei
panni del
ragazzino a
bordo dell’Ape
che incrocia
l’Aurelia Sport
con Gassman e
Trintignant -
Allora era tutto
diverso, i
luoghi si sono
trasformati.
Anch’io ho
cominciato a
dire bei mi’
tempi. Mi fecero
il provino a
scuola, mi
presero e stetti
una settimana
con la troupe.
Gli attori e il
regista mi
portavano con
loro, mangiavamo
insieme. Mi
venivano a
prendere la
mattina a
Caletta e si
andava al
Sassoscritto,
poi la sera mi
riportavano a
casa». Alberto
Girolami, detto
Gangillo, di
anni ne aveva
15: «Fare la
comparsa in un
film come
quello, per un
ragazzo come ero
io, fu un
coinvolgimento
estremo. Fu una
cosa
eccezionale: mi
trovai immerso
in qualcosa di
nuovo e
inaspettato». E
Girolami di
episodi sul set
e fuori dal set,
ne ricorda
almeno due: «Mi
sembra di
vederlo ancora
lì, seduto alla
panchina. Parlo
di Trintignant,
mentre gli
consegnavano la
diaria
giornaliera in
banconote da
10mila lire,
quelle rosa. E
poi quella volta
che ho rischiato
di prenderle di
brutto da
Fabrizio
Capucci, che
stava con la
Spaak. Con lei
avevo un
rapporto
amichevole,
eravamo quasi
coetanei, e al
Fazzoletto
giocavamo a ping
pong. Un giorno
però arrivò
Capucci ed ebbe
un moto di
gelosia. “Dammi
la racchetta e
non farti più
vedere!” mi
gridò. Gassman,
invece, me lo
ricordo
simpatico,
disponibile,
alla mano.
Diverso da
quello che
immaginavamo». E
poi c’era la
Lancia Aurelia
decapottabile e
c’erano Vido
Lippi e i suoi
ragazzi della
carrozzeria.
«Fummo noi a
costruire la
macchina usata
per la scena
dell’incidente,
quella che
sarebbe
scivolata lungo
la scogliera sul
Romito, al
Sassoscritto -
ricorda Lippi -
Andammo in
disfattura e
trovammo una
Fiat 1400.
Tagliammoil tettuccio,
lasciando il
parabrezza. Poi
con stucco e
compensato si
modellò la forma
dell’Aurelia del
film. Mi
pagarono 125mila
lire. Non
compaio nella
pellicola, ma
anche aver
lavorato dietro
le quinte mi
dette
soddisfazione».
I ricordi non si
cancellano.
Possono restare
per un po’ in un
angolo, ma poi
riaffiorano.
«Noi passavamo
l’estate ai
Canottieri
Solvay di
Rosignano. La
Rotonda era il
nostro luogo
preferito.
Sapevamo che
Dino Risi stava
girando con
Gassman e
Trintignant e
che cercavamo
comparse, ma a
noi quattro
amiche non
interessava. Poi
ci venne a
cercare Valeria
Papetti,
un’altra amica -
ricorda Anna
Carugi, ex
professoressa -
Lei aveva girato
varie scene e ci
chiese di andare
con il costume
anche se era già
ottobre. Faceva
ancora caldo e
dovevano
completare le
riprese.
“Mettiti qui, tu
che hai gli
occhi tristi”
disse il regista
quando mi vide.
Fece una croce
per terra e mi
riprese. Vivo
nel ricordo di
quella scena,
l’ultima del
film dopo
l’incidente:
“Sono quella che
ha fatto il
Sorpasso”. Fu
una bella
esperienza. Mi
dispacque
soltanto di aver
fatto la
comparsa per un
solo giorno,
perchè oltre al
cestino del
pranzo mi
dettero anche
3.500 lire».
Anna Carugi,
allora,
frequentava la
quarta
superiore. I
suoi occhi
chiari non sono
affatto tristi:
sono aperti sul
mondo e
continuano ad
illuminarle il
bel volto.
Massimo Nocchi,
con la sua barba
brizzolata,
ricorda quando
sulla spiaggia
“soffiò” il
caffè a
Trintignant. «Io
non volevo fare
la comparsa. Ero
al seguito di
una signora
sposata e
importante. E
sul set finii
per caso». Non
cedette alle
lusinghe di Risi
che gli diceva:
vieni con noi a
Roma. Mentre
Massimo, nel suo
negozio di
coiffeur in
pineta, ha visto
passare il
meglio del
cinema, segreti
e piccole manie
di attori e
registi. A
Castiglioncello
del “Sorpasso”
non si è mai
smesso di
parlare anche
perché, come
dice lo
scenografo
Enrico
Fiorentini «è il
ritratto di
un’epoca, un po’
superficiale, un
po’ normale». Ed
anche di una
Castiglioncello
che non c’è più.
Di Elisabetta
Arrighi
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