Con la legge 28
febbraio 1949, n. 43 il Parlamento approvò il "Progetto
di legge per incrementare l'occupazione operaia, agevolando
la costruzione di case per i lavoratori". Inizialmente
il piano prevedeva una durata settennale, ma successivamente
venne prorogato sino al 1963. Grande promotore
dell'iniziativa fu l'allora ministro del Lavoro e della
Previdenza Sociale Amintore Fanfani, tanto che,
successivamente, il piano nei commenti giornalistici venne
spesso denominato "Piano Fanfani". L'intervento gestito
dall'INA-Casa voleva favorire, oltre al rilancio
dell'attività edilizia, anche l'assorbimento di una
considerevole numero di disoccupati e la costruzione
di alloggi per le famiglie a basso reddito.
I risultati del piano, saranno di grande vitalità ed impatto
sulla vita economica e sociale del paese.
Nell'estate del 1949, solo pochi mesi dopo l'approvazione
della legge, verrà aperto il primo cantiere dei 650 che
risulteranno aperti nell'autunno dello stesso anno. Il ritmo
di costruzione, reso possibile dalla struttura organizzativa
Ina-Casa, produrrà circa 2.800 unità abitative a settimana,
con la consegna, sempre settimanale, di circa 550 alloggi
alle famiglie assegnatarie. Nei primi sette anni di vita
verranno investiti complessivamente 334 miliardi di lire per
la costruzione di 735.000 vani, corrispondenti a 147.000
alloggi. Alla fine dei quattordici anni di durata del piano,
i vani realizzati saranno in totale circa 2.000.000, per un
complesso di 355.000 alloggi. Il Piano Ina-Casa alla sua
scadenza avrà aperto 20.000 cantieri che porteranno, come
era negli intenti dei legislatori, ad impiegare molta mano
d'opera stabile: circa 41.000 lavoratori edili all'anno,
costituenti un impiego pari al 10% delle giornate-operaio
dell'epoca. |