“Le due tenute di Cecina, e Vada, l’una all’altra contigua, la prima di
regia proprietà, l’altra di proprietà della Mensa Arcivescovile di Pisa,
erano due vastissimi latifondi tenuti nel sistema puro maremmano. Poche,
ma grandi case di lavoria, abitate quando lo esigevano i lavori rurali,
e vuote per il rimanente dell’anno, una gran sementa per conto
d’amministrazione, masserie di vacche, pasture, e boschi. Non cura
d’acque, non vie, marazzi, stagni, pescine, sterpi, e marruche, tutto
sul greggio stato di natura. Azione nessuna, nessun movimento dopo la
raccolta delle granaglie fino a mezzo autunno; allora bovi aratori,
siepaioli, carbonai, e pastori erranti con numerose mandrie di pecore, e
viventi col loro gregge in mezzo ai campi rammucchiati in capanne”.
Pietro Municchi ‘Stato delle allivellazioni di Cecina, e
Vada al mese di maggio 1845” (A.S.F. Segreteria di Gabinetto, Appendice
n.213)
La redenzione della pianura di Cecina, di Vada e di Bibbona, della quale
vogliamo maggiormente occuparci come fatto compiuto, aveva per nemico la
malaria, ma provenendone in parte la cagione dalla massa di boscaglie
che vi esistevano, dato mano al taglio delle medesime per surrogarvi la
cultura domestica, più facile e più pronto ne fu il resultato, poiché
non esigeva aspettativa maggiore di quanto occorresse per dicioccare il
suolo, preparano per le culture erbacee e piante fruttifere, il qual
disboscamento offrì più facile il modo di simultaneamente provvedere al
regolarizzamento delle acque in guisa che mai ristagnassero e formar
centri d’infezione.
Tutto fu eseguito nel giro di pochi anni, ne fa duopo più
intrattenersene, perocché ciascuno è in grado di giudicarne quando a
mezzo della via ferrata Pisa-Roma, percorra il tratto fra Rosignano e
Boigheri”. Eufranio Marchi
“Memoria relativa alle bonifiche avvenute e proposte per le maremme
litoranee”, Grosseto 1885. |