LA QUALITA' DELLA VITA
Nel comune di Rosignano l'emigrazione non trova proseliti. Ne verso
l'estero ne all'interno del Regno. Certo che fra i carteggi
dell'Amministrazione Civica non manca la lista dei “miserevoli”, ma
l'elenco può essere considerato abbastanza scarno. Comunque se dal
territorio nessuno (o pochissimi) parte verso avventurose mète vicine o
lontane qualcosa vuol dire. Va bene: la vita nemmeno qui è facile e il
lavoro è durissimo. Forse è proprio un'occupazione, pur assai faticosa e
sempre o quasi sempre mal pagata, a trattenere la nostra gente nella
propria terra. Vita combattuta giorno per giorno, di tenore molto modesto,
ma in fondo un pezzo di pane od una fetta di polenta c'è per tutti. Il
granturco prodotto localmente eccede il fabbisogno. Poi c'è da dire che i
“maggiorenti”, da sempre a capo della comunità e sordi ad ogni
trasformazione o richiamo, nei tempi di carestia si danno da fare. Dalle
loro vaste fattorie fanno emergere prodotti e risorse che attenuano le
preoccupazioni più gravi. Le motivazioni? Non indaghiamo: è chiaro che non
sono spinti soltanto da carità cristiana o da civiche virtù. Ambiente
chiuso, quello del capoluogo e dintorni, dove si contano giorni monotoni e
sempre uguali, anche se è facile intravedere qualche segno dei tempi
nuovi, dove si suda e si lavora da mane a sera, fino alla notte. C'è
qualche pausa, però, semplice e breve. Accade alla domenica. Allora le
donne vanno a Messa e gli uomini si concedono la passeggiata nel corso, la
bevuta al caffè, la partita a carte pomeridiana, piccoli riti sociali.
Questo ritrovarsi ha un ruvido spessore campagnolo, ma anche una sua
vivacità, tipicamente toscana.
(Sintesi da: "Quando la
luna sorrise al lampionaio" di Celati-Gattini) |