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Ovini al pascolo | |
L'allevamento
ovino ha rappresentato da sempre una importante risorsa. La cura
delle greggi era sicuramente già presente in epoca
etrusco-romana, nella quale furono tracciate alcune direttrici
di transumanza per lo spostamento stagionale delle greggi che
dai paesi dell'Appennino e della Garfagnana finivano negli spazi
ad erba presenti nel nostro territorio. La bassa produzione di
foraggi e la scarsa qualità dei "sodi", problemi
endemici per l'agricoltura, stimolarono ulteriormente la pratica
della transumanza verso le ubertose pasture maremmane che, a
cavallo tra '700 e '800, assunse grande importanza. Tale
situazione perdurò fino alla fine del XVIII secolo quando,
grazie alle nuove leggi promulgate dal governo dei Lorena, si
attuò il frazionamento delle proprietà terriere consentendo
una maggiore distribuzione del patrimonio fondiario e quindi lo
sviluppo dei piccoli allevamenti di pecore. La pastorizia in
tutto il periodo preindustriale, infatti, veniva praticata in
maniera diffusa, da parte delle comunità di montagna e di
pianura, anche come forma di autoconsumo o di integrazione al
reddito. Essa consentiva la disponibilità di prodotti quali il
latte e la lana utili per la produzione di formaggio e affini e
per la manifattura domestica di indumenti destinati ai
componenti della famiglia. In questo particolare contesto
socio-economico trovò spazio anche la nascita di particolari
manovalanze specializzate addette alla tosatura delle bestie.
Ogni primavera, gruppi di uomini si spostavano tra i vari
pastori del territorio ed oltre, per liberare le pecore dal
vello di lana. Un particolare impulso all'allevamento ovino, si
ebbe nei primi anni del XIX secolo, grazie all'introduzione di
arieti di razza merinos che portarono ad un notevole
miglioramento nella qualità delle lane sempre più richieste
anche dalle manifatture tessili. |
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