La macchina a
vapore, ovvero...il mulino a fuoco
La macchina a vapore, sotto la denominazione popolare generica di “molino a
fuoco” dato che nei periodi di siccità gli si abbinava una macina da grano, fu applicata alle pompe idrauliche installate nelle paludi per
innalzarne le acque e scaricarle in appositi condotti aperti, costruiti con
la pendenza necessaria per farle scorrere e allontanarle fino alle località
volute.
E se la pompa idraulica era conosciuta fin dall’antichità, tanto che è stata
descritta anche da Vitruvio,
la rivoluzione del suo impiego è consistita nell’enorme aumento della
velocità di azione, ottenuta applicandole
la macchina a vapore, nei confronti dell’azione ottenibile con l’impiego
delle forze muscolari, sia umane
che animali. La scienza idraulica con la macchina a vapore si è arricchita
della importantissima possibilità di innalzare a piacimento grandi quantità
di acqua, disponibilità sempre vagheggiata dalle menti più fervide
del passato, ma mai raggiunta se non in quantità men che modeste appunto per
la mancanza di un meccanismo, relativamente maneggevole e poco ingombrante,
capace di sviluppare una potenza enorme.
Prima ancora che per la bonifica di Vada, una così importante nuova
tecnologia per “essiccare per esaurimento meccanico” le numerose aree
palustri della Toscana era stata usata nel bacino dell’Arno fin dai primi
anni della sua messa a punto, per facilitare la bonifica nella zona di
Bientina.
(Da "L'Arno, trent'anni dall'alluvione"
di Renzo Mazzanti 1996) |