Vada S. Gaetano
Vista aerea dell'area archeologica di S. Gaetano nell'ovale e della adiacente area industriale Solvay con il pontile Solvada sullo sfondo. L'Aurelia è in primo piano.

         Entro nel tratto di Volterra, che ha nome giustamente Vada
seguo un incerto percorso fondo fra le secche. Il marinaio di prua si sporge e dirige il timone ubbidiente guardando in acqua, e grida le sue istruzioni a poppa. Distinguono le fauci pericolose due alberi e i bordi porgono di qua e di là pali confitti. Vi si congiungono di solito alti allori appariscenti per rami e folte fronde perché, dov’è fra le simplegadi del denso limo una via, chiaro il sentiero serbi intatti i contrassegni.
...A stento un tetto offrì riparo agli acquazzoni: si aprì vicino la villa del mio Albino...
...Inganno il tempo osservando ai piedi della villa le saline: è questo il nome che si assegna a quella salsa palude in cui discende il mare per canali di terra ed una piccola fossa irriga specchi divisi in bacini”

Così appariva nel 417 d.C. il porto di Vada Volaterrana agli occhi del poeta Rutilio Namaziano che durante il suo viaggio per mare verso la natia Gallia si apprestava ad approdarvi per far visita al potente amico Decio Albino Cecina, praefectus urbi, che soggiornava nella sua vicina villa (probabilmente la villa di S. Vincenzino a Cecina).
Gli scavi a S.Gaetano, iniziati dal locale gruppo archeologico negli anni 70 sono proseguiti dal 1982 ad opera del Dipartimento di Scienze Storiche del Mondoantico dell’Università di Pisa sotto la direzione della Prof.ssa Martinella Pasquinucci.
Quindi porto di Volterra, cui era collegata per via terrestre e fluviale attraverso la Valle del Cecina, forse fino dal VI secolo a.C. Vada, come Volterra, accrebbe la sua importanza in età ellenistica (IV-I a.C.). L'imponente sistema naturale di secche disposte a mezzaluna a sud e ad ovest rendevano lo specchio di mare compreso tra Punta Pietrabianca e Punta del Tesorino un sicuro bacino di ancoraggio in comunicazione con il porto vero e proprio costituito da una laguna retrodunale, oggi prosciugata, come avveniva in numerosi altri porti dell’epoca (Orbetello, Castiglioncello, Piombino, Portus Pisanus, etc.). Le secche stesse costituivano d’altronde un pericolo sia per chi navigava in questo tratto (come testimoniano i tre-quattro relitti e i numerosissimi materiali sporadici scoperti nel mare antistante Vada) sia per quanti volevano accedere al porto, tanto da rendere necessario lo scavo del canale cui accenna Rutilio, segnalato da pali fronzuti e tuttora visibile in foto aerea nelle vicinanze del pontile Solvay.
Prendendo le mosse dalla descrizione della geomorfologia del territorio e dei mutamenti che l’attività umana ha provocato nel corso di 2000 anni, la storia del centro antico e del territorio circostante è quella di un contesto particolarmente vivace, abitato sino dalle epoche più antiche, che a partire dall’epoca ellenistica e, successivamente, romana vive un vero e proprio boom economico, di una campagna popolata da fattorie e poi da ricche ville, intensamente coltivata soprattutto a viti, i cui prodotti erano in gran parte destinati a raggiungere, attraverso il porto, i mercati transmarini, dai quali a loro volta provenivano le più varie derrate e suppellettili. Accanto all’agricoltura, una risorsa di grande importanza dovettero essere le saline, cui accenna Rutilio Namaziano. Nel territorio si svolgevano attività artigianali, tra le quali spicca la produzione di ceramiche dovuta in parte alle esigenze stesse dell’agricoltura (anfore per il commercio del vino, dolia per la conservazione delle derrate) e certamente favorita dalla ricchezza delle materie prime necessarie (argilla di ottima qualità, acqua e legname). Le anfore prodotte in zona arrivano in Francia, in Svizzera, sul limes renano-danubiano, in Britannia, a Cartagine; venivano inoltre prodotte e commerciate - almeno a livello regionale - ceramica di uso comune, ceramica a vernice nera, ceramica verniciata in rosso (sigillata italica).
Il quartiere di S. Gaetano ed i suoi edifici, oggetto di accurati scavi stratigrafici, offre un importante spaccato sulla vita del porto e del centro romano. Costruito in un unico piano organico nella seconda metà del I secolo d.C. il complesso constava di un edificio termale in prossimità della spiaggia (le cosiddette piccole terme), di un sistema di magazzini (horrea) articolati intorno ad un ampio quadriportico e di un probabile mercato per carni e pesce (macellum). Pochi decenni dopo venne costruito un secondo, più ampio complesso termale (grandi terme). Del quartiere e dei singoli edifici è di estremo interesse la planimetria, la tecnica edilizia, la funzione, le modifiche subite nel corso di una lunga vita che arriva alle soglie del Medioevo. Particolare attenzione va dedicata agli horrea, edifici di grandissima importanza economica e larga diffusione nel mondo romano, destinati all'immagazzinamento delle derrate in arrivo e in partenza dal porto, forse alla vendita al minuto di alcuni prodotti e, almeno nelle fasi secondarie dell'edificio ad alcune attività artigianali. I reperti rinvenuti nel corso dello scavo, una ricca tipologia dei quali è esposta nel Museo Archeologico di Rosignano M.mo, ci consentono di seguire da vicino l’andamento dei traffici marittimi e quindi dell’economia del territorio e più in generale della costa dell’Etruria settentrionale. Vada ed il suo territorio sono saldamente inseriti nelle principali rotte commerciali dei Mediterraneo occidentale che univano la costa tirrenica, le isole, l ‘Africa settentrionale, le coste della Gallia e della Spagna. Attraverso questi commerci seguiamo dapprima la grande espansione economica dell’Italia centrale tirrenica legata alla esportazione del vino tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C. Il prepotente emergere delle realtà economiche provinciali ed il tramonto della supremazia italica è sancito dalle importazioni galliche (vino), spagnole (olio e vino) ed africane. Sarà quest’ultima provincia che in misura sempre più massiccia dominerà con i suoi prodotti - olio, salse di pesce, vino, grano, ceramiche da mensa, da cucina, da illuminazione - il Mediterraneo medio e tardo-antico. Ben rappresentati anche i flussi commerciali con altre realtà italiche (ceramica comune dal Lazio e dalla Campania, lucerne dall’Italia settentrionale, vino dall'Italia centrale e adriatica), con l’area siro-palestinese e con il mondo egeo (vino, vasellame).
L’ultima vita del complesso è rappresentata da sepolture rinvenute all’interno dei vari edifici occupati probabilmente a più riprese, da piccoli gruppi che vi trovavano alloggio e vi seppellivano i loro morti. Anche per illustrare la metodologia di indagine degli antropologi, assai interessante lo scheletro di un trentenne rinvenuto, assieme ad altre sepolture nelle grandi terme, colpito da una gravissima forma di artrosi deformante, che presenta una dentatura insolitamente perfetta, alla cui origine sta probabilmente la ricchezza di fluoro contenuto all’epoca nell’acqua vadese.
Nei secoli del Medioevo Vada, inserita nel sistema portuale pisano, godette ancora di una certa importanza. Il Comune di Pisa la fortifica nel 1163 e edifica nel 1278 un faro sulla secca di Val di Vetro prospiciente il porto. Le funzioni portuali, le saline, l’agricoltura ed anche i terreni incolti costituivano le principali risorse dell’epoca. Nel corso del 1200 con il declino politico ed economico pisano anche per Vada inizia la decadenza. Nel l453 i Fiorentini la rasero al suolo.
(E.Regoli Rosignano oggi 9/94)

Vada - S. Gaetano

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