Rosignano Solvay oggi

Il nuovo quartiere residenziale di via dell'Artigianato, realizzato all'estremità est di via Dante. Intitolata a sir Baden Powell, inglese, fondatore del movimento scout, una delle nuove strade traverse di via Dante. La richiesta è partita dai gruppi scout di Rosignano.

  1966 -  In occasione di lavori all'estremità est di via Dante (oltre i palazzoni Solvay) fu rinvenuta una vasta necropolidi. Gli scavi condotti sotto la guida della Soprintendenza misero alla luce oltre settanta tombe di vario genere e con vari tipi di inumazione. Vi si trovarono infatti scheletri sepolti in nuda terra e deposti in una fossa appena accennata, coperta con lastre di arenaria di modeste dimensioni, tombe coperte con lastre di dimensioni notevoli, accostate le une sulle altre come nelle tombe megalitiche, tombe a cappuccina e sepolture in anfora. Quasi tutte le tombe erano orientate da Est a Ovest e il morto aveva le braccia incrociate sul petto e per questo fu formulata l'ipotesi che si trattasse di una necropoli paleocristiana. Altre tombe erano però orientale da Nord a Sud. Particolare interesse destavano le sepolture in anfora che si fa risalire ad un particolare rito medio-orientale. Questo rito si propone di far rientrare il corpo in seno alla madre terra e per questo lo si depone in un involucro a forma di uovo e in posizione fetale. Cinque diverse tombe rinvenute furono ricostruite nel Museo Archeologico di Rosignano M.mo.
                   Quando in via Dante scoprirono le tombe etrusche  

 
                 1966, ci si imbattè per caso un camion. Il ricordo di E. Regoli e D. Agostini
Venne alla luce un cimitero con circa 500 sepolture. Tutto tranquillo in via Dante, poi un camion fece manovra e all’improvviso una ruota affondò nel terreno. “Maledizione” avrà pensato il conducente. E, sceso dal camion per capire cosa fosse successo, si trovò davanti a una strana situazione. La ruota non era infatti incappata in una buca qualsiasi, ma in una tomba tardo antica. Mentre l’impero romano avanzava verso la fine guidato dai suoi ultimi imperatori e i barbari premevano sempre più insistentemente sui confini, in quello stesso tempo a Rosignano un cimitero si riempiva di tombe. Non erano sepolture eleganti dotate di corredi, erano tombe povere, probabilmente di servi e contadini.  I resti venivano conservati interamente in quelle stesse anfore di dimensioni variabili che arrivavano al porto di Vada cariche di olio, vino, salsa di pesce. “Le anfore erano le tombe dei bambini e dei feti” spiega oggi Edina Regoli, responsabile del Museo Archeologico di Rosignano. “Gli adulti venivano invece sepolti in tombe a cappuccina”. A Rosignano, a partire dalla ruota affondata, il paese si fermò per sei mesi: la fabbrica Solvay interruppe i lavori per la costruzione di un vivaio di piante, i recinti intrappolarono la zona e i volontari iniziarono a scavare in mezzo alla curiosità della gente e all’esultanza dei giornali. “Lavori di esumazione delle tombe etrusche” titola trionfante il Telegrafo del 15 settembre 1966, nonostante le tombe non fossero etrusche, ma romane. “Rosignano segue con febbrile interesse gli sviluppi di una vicenda che giustamente ha già fatto parlare molto di sé, imponendosi all’attenzione di tutti gli studiosi della nostra penisola” declama orgoglioso il giornale. Fece una breve visita sul campo la Rai per filmare l’evento e arrivò persino un compito geologo inglese, il dottor Linington, per quantificare il numero di reperti nascosti sottoterra. In realtà la necropoli non era molto grande: un’area di 50 per 30 metri, contenente tombe di vario tipo, forse appartenenti a religioni diverse. “Facemmo un sondaggio e trovammo circa 500 tombe” ricorda Dino Agostini, allora appassionato direttore del Museo Civico di Rosignano Mmo. “Forse si trattava delle sepolture dei servi di una ricca villa patrizia situata nella località ancora oggi chiamata La Villana”. Ma la scoperta, che era stata capace di sollevare polvere e interesse, finì nel silenzio. “Le anfore vennero portate al museo di M.mo e a quello di Cecina, mentre tutto il resto venne lasciato sul terreno” conclude Dino Agostini.  I recinti vennero abbattuti, i lavori per il vivaio ripresero, la gente tornò alle proprie occupazioni. E le 500 tombe tardo antiche sono rimaste indisturbate, ricoperte di terra e di silenzio, appesantite nel frattempo dal peso delle nuove case costruite n
egli ultimi anni in via Dante. (Di Roberta Giaconi  da Il Tirreno del 7/8/2006)

Un breve filmato del 1966 sulle tombe ritrovate all'estremità (allora) lato monte di via Dante.
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