SALUTO SALUTO DELLA
LAVORATRICE PATRIZIA VILLANI
Santo Padre, Le porto innanzitutto il saluto delle donne che qui
lavorano. Quale loro rappresentante mi auguro che ogni uomo,
leggendo il contenuto delle Sue Encicliche sul lavoro e sulla
famiglia, comprenda come da sempre la fatica, la responsabilità
della casa, della famiglia, dell’educazione dei figli e oggi
ancor di più, anche dell’impegno sul lavoro, non abbiano avuto
dalla società e molto spesso anche dagli stessi familiari il
giusto riconoscimento. La donna ha dovuto faticare non poco per
combattere le ingiustizie sociali cui era ed è sottoposta. Oggi
sulla donna e sulla famiglia si manifestano orientamenti ideali
e culturali diversi, ne è un esempio la Sua Enciclica, tutti
tendenti a riconoscere un diverso ruolo nella società
contemporanea della donna e della stessa famiglia.
Ma nella Sua Enciclica sul lavoro ci sono parole e insegnamenti
per tutti. In particolare si coglie il valore del lavoro umano e
della stessa persona, cose oggi spesso dimenticate e calpestate.
«Troppo spesso il lavoratore, come Lei dice, si sente un
ingranaggio di un grande meccanismo mosso dall’alto, un semplice
strumento di produzione piuttosto che un vero soggetto di
lavoro, dotato di proprie iniziative». Non c’è dubbio che
impegnandosi veramente nella ricerca e sperimentazione di nuove
forme di gestione delle unità produttive, verrebbe a risolversi,
anche se non totalmente, la situazione di crisi attuale del
lavoro e dell’uomo. E' necessario conoscere e vivere meglio la
nostra persona e in questo può esserci di molto aiuto questa
Enciclica, perché ogni uomo impegnato nel lavoro, sappia
promuovere un’azione di rinnovamento sociale al servizio
dell’umanità.
Ci auguriamo che la Sua visita possa far nascere in ogni persona
qui presente, una domanda, un dubbio: ho dato veramente agli
altri quello che vorrei fosse dato a me? E con quella carica
d’amore che Lei professa? |