RISPOSTA DI S.S. GIOVANNI PAOLO II A JACQUES SOLVAY
Questo mio discorso non era previsto, ma non posso tralasciare
questa occasione per evocare qualche ricordo importante nella
mia vita e soprattutto approfitto di questa circostanza per
ringraziare, come dicevate poco fa, la grande famiglia Solvay,
di avermi accolto in tempi difficili e decisivi. Ero a
quell’epoca studente dell’Università di Cracovia, quando scoppiò
la guerra il primo settembre del 1939 — e la nostra situazione,
di tutti i miei compatrioti, era cambiata di colpo e soprattutto
per gli intellettuali e gli studenti: l’Università chiusa, i
miei professori deportati nei campi di concentramento e noi
studenti, che non eravamo sotto le armi in quella circostanza,
noi eravamo dispersi e si può dire obbligati a trovare un
lavoro. Penso che quella circostanza così dolorosa fu nello
stesso tempo una circostanza provvidenziale, perché nel contatto
che io ho avuto, ho potuto scoprire l’importanza, il valore e
l’esperienza del lavoro manuale, del lavoro fisico, ma
soprattutto devo soffermarmi in questo momento sulla famiglia
Solvay. Non posso non evocare nella mia memoria la grande figura
del Direttore — che non ho conosciuto personalmente, ma di cui
ho udito parlare parecchie volte della Solvay a Cracovia, quando
ci ha accolti come studenti per proteggerci. Si può dire che la
famiglia Solvay mi ha protetto durante la guerra e mi ha
permesso di rimanere nella mia terra natia; in un tempo in cui
un numero considerevole di miei compatrioti e miei colleghi
veniva deportato nei campi di concentramento, io potevo tuttavia
lavorare in un’officina vicino alla città e alla casa in cui
abitavo. Di questo dunque sono profondamente riconoscente.
Evidentemente questa riconoscenza si riferisce immediatamente ai
miei superiori della Solvay in Polonia, ma anche alla grande
famiglia dei Solvay. Durante la guerra e l’occupazione nazista,
la fabbrica era sotto la sorveglianza e anche sotto la direzione
forzata dei tedeschi. Devo anche a questo punto dire una parola
positiva sul direttore tedesco, che era senza dubbio imposto dai
nazisti, ma egli era molto umano, eccezionalmente umano. Così ho
ricordato qualche mia esperienza: ma soprattutto ripeto il mio
grazie per questa esperienza che è stata dolorosa, ma nello
stesso tempo molto positiva, costruttiva. Ha dato una dimensione
alla mia vita e questa dimensione è tuttora presente. Molte
grazie. |