Rosignano Marittimo chiese ed oratori
     La pieve di S.Giovanni Battista dopo il restauro del 2005

               I cimiteri prima e dopo l'editto di Saint-Cloud
Nel 1804 Napoleone promulgava l’Editto di Saint-Cloud e quest’anno ricorre il bicentenario. Si fissava e si uniformava in un solo corpus, tutte le leggi precedenti frammentate che riguardavano i cimiteri. Già da tempo comunque in area francese si sentiva l’esigenza di regolamentare il rituale funebre infatti nel 1793 Fouché, futuro capo della Polizia di Napoleone, elaborò uno dei primi regolamenti sull’ordinamento dei funerali e dei cimiteri; dove fissava che in ciascuna municipalità, tutti i cittadini morti, a qualunque setta appartengano, saranno condotti venti ore dopo il decesso, e quantantotto in caso di morte improvvisa, nel luogo destinato alla sepoltura comune, coperti di un velo funebre.
Art. 5: Il luogo comune in cui le loro ceneri riposeranno sarà isolato da ogni abitazione e vi si pianteranno alberi.
Art.6: Sulla porta di questo campo consacrato da un rispetto religioso per i morti, si leggerà questa iscrizione: La morte è un eterno sonno.
Art. 7 Tutti coloro che dopo morti saranno giudicati dai concittadini delle loro comunità, avere ben meritato dalla patria, avranno sulle loro tombe una pietra modellata in forma di corona di quercia.
L’Editto di Saint Cloud aveva due motivazioni: da una parte vi erano delle cause igienico-sanitarie, cui la nuova scienza aveva portato notevoli contributi. Stabiliva che le tombe dovevano essere portate fuori dalla città, in luoghi soleggiati ed arieggiati (si era ormai capito, che nel Medio Evo l’usanza di seppellire i morti nelle chiese era stata causa di epidemie). Dall’altra vi era un motivo più ideologico-politico: se la Rivoluzione Francese aveva visto fallire il suo progetto di uguaglianza per i vivi, si tentava allora di stabilire questo regime nel mondo dei morti. Si partiva dal fatto che i benestanti elevavano “cippi e marmorei monumenti” pieni di ostentato fasto e di inutile spettacolarità, mentre per i più poveri c’erano le fosse comuni. Per colmare questo stato si facevano costruire tombe tutte uguali, identiche, solo con nome, cognome e date. Solo per morti illustri una commissione di magistrati decideva se comporre un epitaffio da scolpire sulla tomba. L’ondata razionalista napoleonica invase anche la nostra penisola, non solo per quanto riguardò la pratica funebre, ma anche per quanto riguarda la politica amministrativa. Basta ricordare come, nel breve dominio francese che per quanto riguarda la Toscana, ad esempio, durò solo 6 anni, dal maggio 1808 al 1814, i comuni, divenuti mairie, adottarono tutta una serie di innovazioni talmente avanti come ideologia, che ritroviamo ancora oggi. Per capire apriamo una breve parentesi, fino al 1808, era compito dei parroci annotare le nascite, i matrimoni ed i morti dei cattolici, con tutti i limiti del caso, già in Francia questo compito era assolto dalle municipalità ed il diretto responsabile della tenuta di questi registri era il maire. Ma quale era la situazione cimiteriale agli inizi dell’ottocento nella nostra zona?
Era attivo il cimitero di Rosignano che sorgeva intorno all’antica pieve di San Giovanni attestata fin già dall’XI secolo. La pieve era una chiesa battesimale, dipendente direttamente dal vescovo che di tanto in tanto la visitava. Proprio dalle relazioni giunte fino a noi di queste ispezioni sappiamo che, poco dopo la metà del XV secolo, la cura delle anime si esercitava nell’oratorio di Sant’Ilario, dentro le mura del castello a causa della distruzione della pieve in tempo di guerra. Agli inizi dell’ottocento questo cimitero non riusciva già più ad accogliere i defunti, questo risulta da una supplica degli abitanti per la costruzione di un nuovo cimitero e la continua richiesta di poter seppellire nel cimitero di Poggio San Rocco che presumibilmente, serviva ai confratelli della compagnia omonima. Quindi leggendo le deliberazioni e tutte le carte del periodo non si coglie alcuna riflessione sulle modalità di seppellimento, bensì il problema sentito era già quello dello spazio. Oltre a questo di Rosignano era già presente il campo santo di Castelnuovo, che si ergeva nel luogo un tempo detto Saliceto; l’antica cappella era un tempo dedicata a S. Maria. In archivio storico è presente il progetto per l’ampliamento di questo cimitero nel 1879, presumo che sia il primo ampliamento del cimitero di Castelnuovo. Per questo espropriarono un lembo di terreno di Cherubino Franchi. Nella relazione storica allegata al progetto Castelnuovo, si possono leggere notizie interessantissime riguardanti la popolazione che risultava essere di 1698 anime delle quali ca. 1000 residenti nel paese mentre le altre sparse per la campagna con una mortalità pari circa al 2,5 %, un poco sotto della media nazionale pari al 3%; questo significa che la qualità della vita nella nostra zona era superiore alla media. Il cimitero risaliva al 1777, così almeno si trova scritto nella relazione a firma dell’ingegnere comunale Carlo Cartoni. Questa data è supportata dal fatto che fino al 1776 la comunità di Castelnuovo si amministrava autonomamente ovvero era un comunello autonomo, eleggeva il magistrato, il gonfaloniere; dopo il 1776, quando Pietro Leopoldo effettuò la riforma comunicativa ed unificò i piccoli paesi, Castelnuovo entrò a far parte di Rosignano, per questo diciamo solo da quel momento rimangono tracce ufficiali del cimitero. A tutto il XVIII secolo, gli abitanti di Nibbiaia non avevano un loro campo santo e portavano in corteo i loro defunti al cimitero di Castelnuovo. E’ documentato come spesso però in inverno, il trasporto delle salme fosse stato impedito dal maltempo costringendo gli abitanti di Nibbiaia a seppellire i loro cari nella macchia. Il cimitero fu così costruito agli inizi dell’Ottocento in una posizione che consente di godere un panorama rara bellezza naturale, era piccolissimo ca. 134 mq e, sembra, privo di alcun edificio. Con l’ampliamento si arrivò a 318 mq di questi 28 mq destinati per gli acattolici. Questo aspetto va sottolineato perchè molto interessante, il fatto che fosse preso in considerazione la sepoltura delle persone non credenti significa la situazione del tempo lo richiedeva, ovvero erano presenti famiglie di varie professioni religiose. Su questo aspetto lo studio è ancora prematuro, ma non si esclude di poter trovare ancora documenti interessanti, comunque anche a Rosignano è attestata la richiesta, oltretutto sostenuta dal pievano, della destinazione di un’area per gli acattolici. Questo perché era morto un bambino a Rosignano Marittimo, della famiglia Rosati di credo evangelico e la famiglia non aveva sepolto il bimbo nell’area consacrata, bensì in un luogo adiacente detto la porcilaia in attesa della realizzazione di un piccolo recinto apposito. Con stupore troviamo le lettere di supplica del pievano al comune affinchè si conceda il terreno per la inumazione. Possiamo senza indugio sostenere come la nostra comunità già allora fosse ricca di aspetti sociologici interessanti. Tornando all’ampliamento di Nibbiaia alla fine dell’ Ottocento venne acquistato il terreno necessario da Giuseppe di Luigi Fagiolini. Questi sono solo alcuni esempi della situazione cimiteriale ottocentesca che però riescono a mettere in evidenza come anche l’insediamento cimiteriale ed il suo sviluppo siano esemplificativi del nostro modo di vivere. Il materiale che in questi anni di riorganizzazione è stato raccolto consentirà presto di definire, cimitero per cimitero, la propria storia.
(Di Angela Porciani)

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