I cimiteri prima e dopo l'editto di Saint-Cloud
Nel 1804 Napoleone
promulgava l’Editto di Saint-Cloud e quest’anno ricorre il
bicentenario. Si fissava e si uniformava in un solo corpus,
tutte le leggi precedenti frammentate che riguardavano i
cimiteri. Già da tempo comunque in area francese si sentiva
l’esigenza di regolamentare il rituale funebre infatti nel 1793 Fouché,
futuro capo della Polizia di Napoleone, elaborò uno dei primi
regolamenti sull’ordinamento dei funerali e dei cimiteri; dove
fissava che in ciascuna municipalità, tutti i cittadini morti, a
qualunque setta appartengano, saranno condotti venti ore dopo
il decesso, e quantantotto in caso di morte improvvisa, nel
luogo destinato alla sepoltura comune, coperti di un velo
funebre.
Art. 5: Il luogo comune in cui le loro ceneri riposeranno sarà
isolato da ogni abitazione e vi si pianteranno alberi.
Art.6: Sulla porta di questo campo consacrato da un rispetto
religioso per i morti, si leggerà questa iscrizione: La morte
è un eterno sonno.
Art. 7 Tutti coloro che dopo morti saranno giudicati dai
concittadini delle loro comunità, avere ben meritato dalla
patria, avranno sulle loro tombe una pietra modellata in forma
di corona di quercia.
L’Editto di Saint Cloud aveva due motivazioni: da una parte vi
erano delle cause igienico-sanitarie, cui la nuova scienza aveva
portato notevoli contributi. Stabiliva che le tombe dovevano
essere portate fuori dalla città, in luoghi soleggiati ed
arieggiati (si era ormai capito, che nel Medio Evo l’usanza di
seppellire i morti nelle chiese era stata causa di epidemie).
Dall’altra vi era un motivo più ideologico-politico: se la
Rivoluzione Francese aveva visto fallire il suo progetto di
uguaglianza per i vivi, si tentava allora di stabilire questo
regime nel mondo dei morti. Si partiva dal fatto che i
benestanti elevavano “cippi e marmorei monumenti” pieni di
ostentato fasto e di inutile spettacolarità, mentre per i più
poveri c’erano le fosse comuni. Per colmare questo stato si
facevano costruire tombe tutte uguali, identiche, solo con nome,
cognome e date. Solo per morti illustri una commissione di
magistrati decideva se comporre un epitaffio da scolpire sulla
tomba. L’ondata razionalista napoleonica invase anche la nostra
penisola, non solo per quanto riguardò la pratica funebre, ma
anche per quanto riguarda la politica amministrativa. Basta
ricordare come, nel breve dominio francese che per quanto
riguarda la Toscana, ad esempio, durò solo 6 anni, dal maggio
1808 al 1814, i comuni, divenuti mairie, adottarono tutta una
serie di innovazioni talmente avanti come ideologia, che
ritroviamo ancora oggi. Per capire apriamo una breve parentesi,
fino al 1808, era compito dei parroci annotare le nascite, i
matrimoni ed i morti dei cattolici, con tutti i limiti del caso,
già in Francia questo compito era assolto dalle municipalità ed
il diretto responsabile della tenuta di questi registri era il
maire. Ma quale era la situazione cimiteriale agli inizi
dell’ottocento nella nostra zona?
Era attivo il cimitero di Rosignano che sorgeva intorno
all’antica pieve di San Giovanni attestata fin già dall’XI
secolo. La pieve era una chiesa battesimale, dipendente
direttamente dal vescovo che di tanto in tanto la visitava.
Proprio dalle relazioni giunte fino a noi di queste ispezioni
sappiamo che, poco dopo la metà del XV secolo, la cura delle
anime si esercitava nell’oratorio di Sant’Ilario, dentro le mura
del castello a causa della distruzione della pieve in tempo di
guerra. Agli inizi dell’ottocento questo cimitero non riusciva
già più ad accogliere i defunti, questo risulta da una supplica
degli abitanti per la costruzione di un nuovo cimitero e la
continua richiesta di poter seppellire nel cimitero di Poggio
San Rocco che presumibilmente, serviva ai confratelli della
compagnia omonima. Quindi leggendo le deliberazioni e tutte le
carte del periodo non si coglie alcuna riflessione sulle
modalità di seppellimento, bensì il problema sentito era già
quello dello spazio. Oltre a questo di Rosignano era già
presente il campo santo di Castelnuovo, che si ergeva nel luogo
un tempo detto Saliceto; l’antica cappella era un tempo dedicata
a S. Maria. In archivio storico è presente il progetto per
l’ampliamento di questo cimitero nel 1879, presumo che sia il
primo ampliamento del cimitero di Castelnuovo. Per questo
espropriarono un lembo di terreno di Cherubino Franchi. Nella
relazione storica allegata al progetto Castelnuovo, si possono
leggere notizie interessantissime riguardanti la popolazione che
risultava essere di 1698 anime delle quali ca. 1000 residenti
nel paese mentre le altre sparse per la campagna con una
mortalità pari circa al 2,5 %, un poco sotto della media
nazionale pari al 3%; questo significa che la qualità della vita
nella nostra zona era superiore alla media. Il cimitero risaliva
al 1777, così almeno si trova scritto nella relazione a firma
dell’ingegnere comunale Carlo Cartoni. Questa data è supportata
dal fatto che fino al 1776 la comunità di Castelnuovo si
amministrava autonomamente ovvero era un comunello autonomo,
eleggeva il magistrato, il gonfaloniere; dopo il 1776, quando
Pietro Leopoldo effettuò la riforma comunicativa ed unificò i
piccoli paesi, Castelnuovo entrò a far parte di Rosignano, per
questo diciamo solo da quel momento rimangono tracce ufficiali
del cimitero. A tutto il XVIII secolo, gli abitanti di Nibbiaia
non avevano un loro campo santo e portavano in corteo i loro
defunti al cimitero di Castelnuovo. E’ documentato come spesso
però in inverno, il trasporto delle salme fosse stato impedito
dal maltempo costringendo gli abitanti di Nibbiaia a seppellire
i loro cari nella macchia. Il cimitero fu così costruito agli
inizi dell’Ottocento in una posizione che consente di godere un
panorama rara bellezza naturale, era piccolissimo ca. 134 mq e,
sembra, privo di alcun edificio. Con l’ampliamento si arrivò a
318 mq di questi 28 mq destinati per gli acattolici. Questo
aspetto va sottolineato perchè molto interessante, il fatto che
fosse preso in considerazione la sepoltura delle persone non
credenti significa la situazione del tempo lo richiedeva, ovvero
erano presenti famiglie di varie professioni religiose. Su
questo aspetto lo studio è ancora prematuro, ma non si esclude
di poter trovare ancora documenti interessanti, comunque anche a
Rosignano è attestata la richiesta, oltretutto sostenuta dal
pievano, della destinazione di un’area per gli acattolici.
Questo perché era morto un bambino a Rosignano Marittimo, della
famiglia Rosati di credo evangelico e la famiglia non aveva
sepolto il bimbo nell’area consacrata, bensì in un luogo
adiacente detto la porcilaia in attesa della realizzazione di un
piccolo recinto apposito. Con stupore troviamo le lettere di
supplica del pievano al comune affinchè si conceda il terreno
per la inumazione. Possiamo senza indugio sostenere come la
nostra comunità già allora fosse ricca di aspetti sociologici
interessanti. Tornando all’ampliamento di Nibbiaia alla fine
dell’ Ottocento venne acquistato il terreno necessario da
Giuseppe di Luigi Fagiolini. Questi sono solo alcuni esempi
della situazione cimiteriale ottocentesca che però riescono a
mettere in evidenza come anche l’insediamento cimiteriale ed il
suo sviluppo siano esemplificativi del nostro modo di vivere. Il
materiale che in questi anni di riorganizzazione è stato
raccolto consentirà presto di definire, cimitero per cimitero,
la propria storia.
(Di Angela Porciani) |