UNA
PERLA QUASI SEGRETA NON ANCORA SCOPERTA DA AUTOMOBILISTI VOCIANTI E DA
TURISTI GIAPPONESI
Per arrivare a Nibbiaia, nido di poche case affacciato ad Ovest sul mare di
Quercianella e Castiglioncello e a Oriente sullo spettacolo delle
colline pisane, basta sapersi sacrificare, frenare, magari per un
giorno, il bisogno di riempirsi la vista d'antichità. A Nibbiaia, quota
275,8 km dal mare, la storia non è scritta sulle pietre di vecchie
chiese o sulle facciate di palazzi granducali. A Nibbiaia la storia non
è trasferibile sulle cartoline. Non ci vengono e non ci verranno mai i
giapponesi. E mai abbandoneranno la superstrada per Rosignano i
bisognosi di nutrimento archeologico. E allora, se non ci sono i
campanili diroccati, gli scheletri di castelli e i giapponesi, perché
dovremmo dedicare una pur minima attenzione a questo luogo ribelle alle
norme del turismo? Perché basta girare a sinistra appena usciti da
Quercianella e prima d'imboccare la SS I, basta cominciare la salita nei
colori che già annunciano la Maremma della campagna livornese, per
sentirsi, nello spazio di due tornanti, ospiti d'un quadro di Telemaco
Signorini o di Giovanni Fattori. Perché lungo questa strada tra mare e
collina, non ancora scoperta dagli automobilisti sparatori di sincopi
musicali e dai fanatici del sorpasso a tutti i costi, si ha
l'impressione d'aver imboccato l'ingresso d'un passaggio segreto.
Nessuna sorpresa se conducesse allo scenario di lampi e d'ombre al
centro del quale riposa, adagiata su una chaise longue, la Signora
Martelli, moglie del sor Diego critico d'arte e mecenate dei macchiaioli
protagonista del celebre dipinto di Giovanni Fattori. E poi, perché a
Nibbiaia nasce ad ogni alba, il pane più buono (secondo il parere di
alcuni specialisti della materia) dell'intera Toscana. Nibbiaia é il
pane. Il cacciucco, se avverte, se sente che sotto il fuoco dell'aglio e
del peperoncino gli hanno piazzato le fette d'un pane di Nibbiaia,
sobbolle di gioia. I massimi oli d'Italia, gentili o rudi che siano,
sfoderano l'intero repertorio dei loro sapori e profumi non appena si
spandono e penetrano nei canali sodomorbidi di questo fierissimo rivale
dei rinomati pani di Altopascio e di Ponteginori (Panifici di
Montegemoli). Giunti in paese, scelta la panchina che dà sui profili
soffici delle colline, la squisitezza del panorama esalterà ancor di più
il sapore severo ed elegante del pane. Ci son forse da visitare un
esimio monastero, un'indifferibile fortezza, un'improrogabile casa
natale di poeta? No. Meno male. Ci sarebbero, sulla strada che porta al
Gabbro, borgo del passato remoto odoroso di vino e di soppressata (e
patria della cantante Nada), dei resti di mura etrusche, ma gli scavi
che cominciarono sotto i Lorena furono interrotti e mai più ripresi. E
anche per la visita all'acquedotto di Colognole, a pochi chilometri di
qui, fatto costruire dal granduca di Toscana Pietro Leopoldo d'Asburgo
Lorena può essere tranquilla�mente rinviata, tanto l'acquedotto mica va
via. All'avvento dei Lorena, 1737, la Maremma arrivava qui sotto, a
Castiglioncello. E secondo gli scritti lasciati da Pietro Leopoldo,
cominciava lungo la spiaggia del mare di Livorno. Vi spiccavano due tipi
di persone: i «faccendieri» che nei suoi diari il granduca definisce
«d'una razza brutale che conosce soltanto l'interesse» e il popolo di
lavoranti, butteri e cavallari. «Butteri e guardie, sono cattivi, dediti
al vino e alle risse, scostumati e feroci, senza religione, ignoranti
che quando sono malati non vogliono mai curarsi essendo nemici dei
purganti». Pietro Leopoldo non ci andava leggero. Alla fine del
Settecento, si calcolava che la durata media della vita in quei luoghi
fosse di 19 anni e mezzo. Nibbiaia guardava dall'alto un mondo terribile
in cui, tra pianure malariche, castelli sudici e strade ancora più
lerce, s'aggirava l'assassina febbre terzana. Abbandonati alla serenità
aerea di Nibbiaia, ancor oggi si può guardare tutto dall'alto. Siccome i
nemici dei purganti erano così mal ridotti da non reggersi in piedi,
bisognava far venire per i lavori di trebbiatura e per le semine, gente
forestiera. Le randellate di impresari e faccendieri, fame, malaria e
tifo, inducevano presto i poveretti alla ricerca di rifugi anche
poverissimi, ma dove non si crepasse di febbre e di botte. Nibbiaia, per
coloro che ce la facevano a raggiungerla, era una sorta di paradiso
pensile. Terminata la sosta ricreativa e la raccolta di memorie
storiche, si può scegliere tra la via per Gabbro e Colognole a Nordest e
quella per Castelnuovo della Misericordia a Sud-est e sarà comunque un
finale ad alta suggestione panoramica. Come in un quadro di Telemaco
Signorini o di Giovanni Fattori, qui ogni alba vede nascere il miglior
pane di Toscana...
(Gianni Ranieri per "La Stampa" del 21/4/2001) |