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      Vita politica e passaggio della guerra   
        Dal
      1916 al 1922-23, i gabbrigiani presero parte alla vita politica militando
      principalmente nel Partito Socialista e nel Partito Popolare, poi DC,
      partiti che avevano i loro rappresentanti nell'allora consiglio comunale. Nel
      1922 incominciarono i primi fermenti del fascismo ed anche una trentina di
      gabbrigiani presero parte alla marcia su Roma. Da allora il fascismo si
      sviluppò e vi aderirono quasi tutti i paesani. Tutti coloro che vi si
      opposero furono sempre perseguitati. Spesso
      venivano fatti cortei, feste e altre manifestazioni. La calda adesione dei
      gabbrigiani alla vita fascista è testimoniata dal fatto che nel 1926
      operai, contadini e muratori, volontariamente e gratuitamente, nelle ore
      libere dal lavoro, si mobilitarono e realizzarono, in muratura, in fondo
      alla via ora chiamata del Popolo, una bellissima costruzione che fu
      adibita a sede del fascio. Lì si facevano riunioni politiche, feste
      danzanti, rappresentazioni teatrali di vario genere, sempre naturalmente,
      con la preventiva autorizzazione dei dirigenti fascisti.
        
        Nel
      1944-45, cessata la guerra e sparito il fascismo, detto complesso
      l'occuparono i comunisti e vi trasferirono la loro sede chiamandola «casa
      del popolo».
        
        Nel
      1970, l'edificio, essendo stato dichiarato pericolante, fu abbattuto. Quando
      nel 1936 l'Italia fascista dichiarò guerra ali'Etiopia alcuni paesani,
      tra i quali anche qualche volontario, vi presero parte. Coloro
      che rimasero a casa seguivano con interesse e con orgoglio le conquiste
      delle varie località dell'Abissinia, ma l'entusiasmo si moltiplicò
      allorquando venne la notizia della conquista della capitale «Addis-Abeba»
      da parte delle truppe italiane. In
      tale occasione furono organizzati cortei, e tutte le campane suonarono a
      distesa, finché, ad un tratto, la festa ebbe termine, perché un giovane,
      di nome Sandrino Marconi, che suonava con altri le campane, fu avvinghiato
      dalla fune di una di queste e proiettato fuori dal campanile, abbattutosi
      a terra, morì.
        
        Il
      10 giugno 1940, l'Italia entrò in guerra e in tale circostanza furono
      richiamati alle armi anche molti gabbrigiani. Il
      primo a morire combattendo fu il giovane bersagliere Furio Filippi, sul
      fronte albanese-greco, in
      località « Faibaki ».
        
        Sempre
      nel 1940 morì, sul fronte di Sidi-Elbarani in Libia. Alessandro
      Ammelleschi.
        
        Nel
      1941, in Africa morì Leonetto Pozzi sul fronte di Tobauh.
        
        Nel
      1942, sul fronte di Deir Il Anquar, morì il paracadutista Berlino Gori.
        
        Nel
      1943, per l'affondamento della nave su cui viaggiava per raggiungere
      l'Africa, morì Gisberto Rossi. Col
      passare del tempo la guerra si inasprì e si estese sempre più, così si
      ebbero anche a Livorno i primi bombardamenti.
        
        Di
      conseguenza iniziò il graduale sfollamento della popolazione, che in
      buona parte cercò case o luoghi di fortuna anche al Gabbro, creando in
      paese non indifferenti problemi logistici e alimentari. Tra
      difficoltà e apprensioni di ogni genere, rastrellamenti da parte dei
      tedeschi, che cercavano principalmente i giovani per trasferirli in
      Germania e notizie allarmanti dai diversi fronti di guerra, si giunse all'
      8 settembre 1943, quando l'Italia ormai perdente su ogni fronte chiese
      l'armistizio. L'Italia
      si trovò occupata da due eserciti, quello tedesco nell'Italia centro-nord
      e quello Anglo-Americano nel sud.
        
        Mentre
      la battaglia continuava, portando lutti e rovine, nella parte occupata dai
      tedeschi fu ricostituito il partito fascista e fu istituita la Repubblica
      di Salò guidata dal Duce nel frattempo liberato dai tedeschi. Quando
      avveniva tutto questo, si formarono ovunque gruppi di fascisti chiamati «repubblichini»
      che operavano collaborando con i tedeschi nelle zone da loro controllate. In
      contrapposizione ai gruppi di fascisti, si formarono, clandestinamente,
      gruppi di partigiani. In
      proposito si ricorda che una notte del 1944 un gruppo di partigiani,
      provenienti dalle loro basi, situate nella zona Quarata, bussarono alla
      porta dell'ex caserma dei carabinieri, allora situata in via delle
      Capanne, dove i «repubblichini» avevano posto la sede, parlando in
      tedesco si fecero aprire la porta e scaricarono il loro mitra uccidendone
      uno e ferendone un altro.
        
        Questo
      fatto ebbe una grande risonanza in paese. Giungemmo
      al 18-6-1944 e poiché gli americani si avvicinavano sempre più alla
      Toscana, una decina di «repubblichini» del Gabbro, alcuni accompagnati
      dalle rispettive mogli, decisero di lasciare il Gabbro per andare a
      operare più a nord, a Bologna, a Vigevano, ecc. Intanto
      la guerra era arrivata anche nelle nostre zone. I tedeschi nell'intento di
      ritardare l'avanzata degli anglo-americani, rimasero arroccati, per
      diversi giorni nella zona di Rosignano Marittimo e Castelnuovo della
      Misericordia; di conseguenza gli anglo-americani che si trovavano nella
      piana di Vada cannoneggiavano continuamente le retrovie nemiche,
      raggiungendo anche il Gabbro. I
      tedeschi a loro volta, oltre a rispondere alle cannonate, facevano
      saltare, con le mine, tutti i ponti stradali e alcune case, provocando
      distruzione e paura. Gli abitanti della zona per difendersi dai numerosi
      pericoli e dalle cannonate degli americani provenienti dalla zona di
      Rosignano, dovettero stare per circa dodici giorni nei vari rifugi
      appositamente preparati, soffrendo la fame e superando numerosi sacrifici. Il 14 luglio 1944,
      alcune cannonate sparate dagli americani, colpirono, tra l'altro, la casa
      di Arturo Vincenti in via Ricasoli n.53, provocando danni rilevanti
      all'edificio. Alcune schegge dei proiettili, procedendo nella micidiale
      corsa, entrarono nella cantina di fronte, di proprietà di Ernesto Rossi e
      ferirono alcuni abitanti della zona che vi si erano rifugiati. Morì,
      per le ferite riportate Tea Tei nei Fumasoli e rimasero ferite seriamente
      Resina Biagini nei Vincenti, Assuntina Vincenti nei Galli, e più
      leggermente Oliviero Galli, Arturo Vincenti, Leonardo Di Nanni. Laudomia
      Visconti nei Ceccherini e la signora Isolina Bianchi allora ostetrica del
      paese. I feriti furono
      accompagnati, sopra un barroccio, tirato da un cavallo, all'ospedale di
      Livorno, ma durante questo tragico viaggio incontrarono altre peripezie. Giunti
      lungo la strada di Popogna, in località  «La Palazzina », si
      imbatterono in un gruppo di soldati tedeschi che a tutti i costi vollero
      cambiare un loro cavallo vecchio e malandato, con quello che trasportava i
      feriti. Purtroppo ciò ritardò sensibilmente le prime cure, così che
      dopo pochi giorni dal loro ricovero in ospedale morirono; Assuntina
      Vincenti nei Galli il 14 luglio 1944 e Rosina Biagini nei Vincenti il 20
      luglio 1944. Nel 1944
      morì pure il giovane Dino Pesci colpito da uno spezzone lanciato da un
      aereo americano in località Casetta. Anche
      in località Capannino, a seguito delle cannonate morì Cursio Tei e
      rimasero ferite altre persone, mentre Fernanda Finocchietti nei Quochi morì
      mentre correva per andare al rifugio sul poggio sopra via della Torre. Finalmente
      il 17 luglio 1944 giunsero gli americani acclamati e festeggiati da tutti
      come liberatori. Con
      loro vennero anche i partigiani che avevano operato nella zona. Dopo
      questa data furono ricostituiti i partiti politici e iniziò una intensa
      attività politica il cui culmine si riscontrava, e si riscontra ancora
      oggi, nella propaganda, nei comizi politici preelettorali e in tutto ciò
      che coinvolge la vita politica e sindacale del paese. Alcuni
      gabbrigiani divennero rappresentanti al Comune e alla Provincia e nel
      campo sindacale anche a livello nazionale.
        (1979)  Da:
      "Il
      mio paese Gabbro" di Jacopo Cadore Quochi 1979, scaricabile
      dal sito  
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