Gabbro oggi
Il rudere del mulino a vento di Poggio d'Arco

Video tratto da:
"I segni storici del paesaggio rurale"
di R. Branchetti e A. Guidi
per gentile concessione.

Mulino a Vento di Poggio D’Arco

La torre del mulino, ubicata alla sommità del colle, a quota 308 m. s.l.m., è raggiungibile attraverso una strada che si stacca dalla via di Poggio D’Arco in località Casa Concezione. Sulle carte catastali del 1823 il mulino non è ancora rappresentato, mentre è censito nel 1876, con una consistenza di piani 2 e vani 2, fra le proprietà di Spinelli Giuseppe proprietario in quegli anni, di tutti gli impianti molitori ubicati nei pressi del Gabbro e Ballantini Sperandio. Gli eredi Spinelli (Piancastelli Colomba) lo avrebbero venduto nel 1899 al Marchese De Ghantuz Cubbe e quindi al Conte Lodovico Miari. L’epoca di costruzione può essere fatta risalire alla metà dell’Ottocento, dal momento che una rappresentazione cartografica del 1858 già lo rappresenta. La vita produttiva dell’opificio fu comunque breve, infatti nel 1915 la Commissione Mandamentale di Rosignano ne decretava la definitiva ruralità. Nell’ultima registrazione fiscale il mulino, prima del suo trasferimento al N.C.T., era descritto come “Stanza rurale già mulino a vento” di piani 1 e vani 1, intestata a Tabet Carlo fu Eugenio.
Lo stato di conservazione della struttura esterna, rispetto agli altri elevati visitati, si presenta discreto, mentre all’interno risultano crollate sia le scale che conducevano al primo piano sia la volta del solaio in mattoni. La torre, realizzata in bozze di pietra locale e laterizi, presenta una forma leggermente tronco-conica; sono ancora leggibili due porte e due finestre disposte simmetricamente in direzione Nord-Sud. Nella mappa del catasto attuale l’opificio non è rappresentato, ma il sito è individuato da un punto trigonometrico. Situata in una posizione di grande panoramicità, la struttura domina la Val di Chioma fino al mare; un suo recupero dovrebbe essere finalizzato a sfruttarne questa straordinaria potenzialità.
(R. Branchetti, 2001).

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