Rosignano ed il Piano Chimico Nazionale

 Il «Piano Chimico Nazionale» del 1971 prevedeva grandi impianti in Sicilia e Sardegna, ma non prendeva in considerazione le esigenze di Rosignano, che restava tagliato fuori dalle forniture necessarie. Il cracking acetilenico messo in funzione con tanta fatica dagli ingegneri Solvay nel 1967, si era rivelato antieconomico per la perdita di importanza industriale dell'acetilene a vantaggio dell'etilene. La disponibilità di etilene, del resto, era assicurata dall’avvento di una nuova tecnologia di crackinq (a vapore), il cosiddetto steam-cracking, che permetteva di produrre grossi quantitativi di questa sostanza con costi molto ridotti rispetto al precedente crackinq acetilenico. L’idea di realizzare un impianto di steam-crackinq a Rosignano venne subito scartata dalla società poichè le tecnologie di steam-crackinq, potevano essere realizzate solo in dimensioni che erano assai superiori alle possibilità d’utilizzo dello stesso polo chimico locale, in quanto avrebbero richiesto, la realizzazione di una rosa di impianti sussidiari per lo sfruttamento dei sottoprodotti, con ulteriori ingenti investimenti. Tuttavia, la società belga era ormai decisa a fermare il precedente processo di crackinq obsoleto e con una capacità insufficiente a permettere qualsiasi sviluppo della petrolchimica a Rosignano. Andava dunque cercata una soluzione che avrebbe comportato l' arresto dell'impianto senza fermare le produzioni ad esso collegate.
L’unica alternativa possibile era acquistare l’etilene liquido via mare dai poli di raffinazione che il «Piano di Chimica Nazionale», aveva voluto nel Mezzogiorno. Fu così che nel 1979, venne inaugurato il nuovo pontile Solvada come punto di attracco per le etileniere e venne fermato l’impianto di cracking acetilenico.

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