I Macchiaioli e la Scuola di Castiglioncello

«Macchiaioli». E una parola che i francesi non riescono né a tradurre né a pronunciare... Impronunciabile il nome, per un secolo e più la critica francese ha ignorato la scuola livornese-fiorentina che si chiamò, alle origini dello Stato unitario, nel 1862, per reazione polemica al giudizio derisorio e ironico di un quotidiano torinese. Fino al 1920, la corrente macchiaiola fu pressoché sconosciuta agli stessi italiani, almeno alla cultura ufficiale. Giovanni Fattori morì povero nel 1908, in polemica col ministero della Pubblica Istruzione che stentava a pagargli i grandi quadri di battaglie, che spesso non erano i suoi migliori. Silvestro Lega e Telemaco Signorini non erano usciti dai limiti di un paesaggio municipale che veniva a torto scambiato per dialettale. Arcigni i musei. Diffidenti i conservatori del patrimonio artistico che solo allora veniva ordinato e catalogato, scarso e svogliato il mecenatismo privato. Rarissimi i Diego Martelli, contemporanei o di poco postumi, che avessero incoraggiato quegli artisti romantici, sfortunati e boulevardieres. La storia del «Caffè Michelangelo» non era uscita dalla cornice di una certa Firenze, sempre incline al riduttivo, con una punta di ostentazione e quasi di voluttà...
                                                    Giovanni Spadolini

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