![]()  | 
    
           Gli ospiti di Castiglioncello Cronache  | 
  
| 
                         | 
  |
| 
                               
                         | 
                  |
                              
													 
                        							
													  
													
													
													Noi 
													e “Il sorpasso” fra scenate 
													di gelosia e signore sposate
													
													
													
												 | 
                                  |
| 
     
																
																Certo che ci 
																erano abituati, 
																a 
																Castiglioncello, 
																ad avere i 
																cinematografari 
																come vicini 
																d’ombrellone o 
																come clienti per 
																il taglio dei 
																capelli. Dalla 
																famiglia Cecchi 
																d’Amico a 
																Marcello 
																Mastroianni, da 
																Paolo Panelli in 
																simbiosi con 
																Bice Valori ad 
																Alberto Sordi. 
																Ma diventare 
																protagonisti, 
																con loro, di un 
																“vero” film era 
																un’altra cosa. 
																Anche in 
																quell’avvio 
																degli anni 
																Sessanta quando 
																la quiete della 
																Pineta Marradi, 
																del porticciolo 
																e del 
																Fazzoletto, 
																primo locale vip 
																della Perla del 
																Tirreno, venne 
																rivoluzionata da 
																un Vittorio 
																Gassman già 
																istrione e 
																mattatore, dalla 
																timidezza di 
																Jean- Louis 
																Trintignant e da 
																una Catherine 
																Spaak che con il 
																costume stile 
																anni ’30 
																mostrava una 
																acerba 
																sensualità. 
																L’anno era il 
																1962, il film 
																era “Il 
																sorpasso”- 
																regista Dino 
																Risi - di cui 
																quest’anno cade 
																il cinquantesimo 
																compleanno. Un 
																numero che esige 
																di essere 
																celebrato, 
																perché 
																cinquant’anni 
																rappresentano un 
																pezzo di storia. 
																Del cinema e del 
																costume. Il 
																Comune di 
																Rosignano 
																Marittimo sta 
																organizzando una 
																settimana di 
																eventi per 
																agosto. Nel 
																frattempo 
																“Castiglioncello 
																’62: il nostro 
																sorpasso” di 
																Monica Ciucchi e 
																Claudio 
																Castaldi, da 
																semplice 
																libriccino nato 
																dieci anni fa 
																per conto del 
																Consiglio di 
																frazione come 
																omaggio ai 40 
																anni del film, è 
																ora diventato un 
																diario di 
																quell’estate in 
																cui la troupe 
																invase il paese. 
																L’ha ristampato 
																la casa editrice 
																Il Gabbiano di 
																Dino Dini e 
																Masolino d’Amico 
																ha aggiunto la 
																prefazione. «Io 
																avevo sette 
																anni. Ricordo 
																certi momenti di 
																vita 
																spensierata, 
																allegra - 
																racconta Mirko 
																Ulivieri, oggi 
																pescatore, ma 
																allora comparsa 
																nel film nei 
																panni del 
																ragazzino a 
																bordo dell’Ape 
																che incrocia 
																l’Aurelia Sport 
																con Gassman e 
																Trintignant - 
																Allora era tutto 
																diverso, i 
																luoghi si sono 
																trasformati. 
																Anch’io ho 
																cominciato a 
																dire bei mi’ 
																tempi. Mi fecero 
																il provino a 
																scuola, mi 
																presero e stetti 
																una settimana 
																con la troupe. 
																Gli attori e il 
																regista mi 
																portavano con 
																loro, mangiavamo 
																insieme. Mi 
																venivano a 
																prendere la 
																mattina a 
																Caletta e si 
																andava al 
																Sassoscritto, 
																poi la sera mi 
																riportavano a 
																casa». Alberto 
																Girolami, detto 
																Gangillo, di 
																anni ne aveva 
																15: «Fare la 
																comparsa in un 
																film come 
																quello, per un 
																ragazzo come ero 
																io, fu un 
																coinvolgimento 
																estremo. Fu una 
																cosa 
																eccezionale: mi 
																trovai immerso 
																in qualcosa di 
																nuovo e 
																inaspettato». E 
																Girolami di 
																episodi sul set 
																e fuori dal set, 
																ne ricorda 
																almeno due: «Mi 
																sembra di 
																vederlo ancora 
																lì, seduto alla 
																panchina. Parlo 
																di Trintignant, 
																mentre gli 
																consegnavano la 
																diaria 
																giornaliera in 
																banconote da 
																10mila lire, 
																quelle rosa. E 
																poi quella volta 
																che ho rischiato 
																di prenderle di 
																brutto da 
																Fabrizio 
																Capucci, che 
																stava con la 
																Spaak. Con lei 
																avevo un 
																rapporto 
																amichevole, 
																eravamo quasi 
																coetanei, e al 
																Fazzoletto 
																giocavamo a ping 
																pong. Un giorno 
																però arrivò 
																Capucci ed ebbe 
																un moto di 
																gelosia. “Dammi 
																la racchetta e 
																non farti più 
																vedere!” mi 
																gridò. Gassman, 
																invece, me lo 
																ricordo 
																simpatico, 
																disponibile, 
																alla mano. 
																Diverso da 
																quello che 
																immaginavamo». E 
																poi c’era la 
																Lancia Aurelia 
																decapottabile e 
																c’erano Vido 
																Lippi e i suoi 
																ragazzi della 
																carrozzeria. 
																«Fummo noi a 
																costruire la 
																macchina usata 
																per la scena 
																dell’incidente, 
																quella che 
																sarebbe 
																scivolata lungo 
																la scogliera sul 
																Romito, al 
																Sassoscritto - 
																ricorda Lippi - 
																Andammo in 
																disfattura e 
																trovammo una 
																Fiat 1400. 
																Tagliammoil tettuccio, 
																lasciando il 
																parabrezza. Poi 
																con stucco e 
																compensato si 
																modellò la forma 
																dell’Aurelia del 
																film. Mi 
																pagarono 125mila 
																lire. Non 
																compaio nella 
																pellicola, ma 
																anche aver 
																lavorato dietro 
																le quinte mi 
																dette 
																soddisfazione». 
																I ricordi non si 
																cancellano. 
																Possono restare 
																per un po’ in un 
																angolo, ma poi 
																riaffiorano. 
																«Noi passavamo 
																l’estate ai 
																Canottieri 
																Solvay di 
																Rosignano. La 
																Rotonda era il 
																nostro luogo 
																preferito. 
																Sapevamo che 
																Dino Risi stava 
																girando con 
																Gassman e 
																Trintignant e 
																che cercavamo 
																comparse, ma a 
																noi quattro 
																amiche non 
																interessava. Poi 
																ci venne a 
																cercare Valeria 
																Papetti, 
																un’altra amica - 
																ricorda Anna 
																Carugi, ex 
																professoressa - 
																Lei aveva girato 
																varie scene e ci 
																chiese di andare 
																con il costume 
																anche se era già 
																ottobre. Faceva 
																ancora caldo e 
																dovevano 
																completare le 
																riprese. 
																“Mettiti qui, tu 
																che hai gli 
																occhi tristi” 
																disse il regista 
																quando mi vide. 
																Fece una croce 
																per terra e mi 
																riprese. Vivo 
																nel ricordo di 
																quella scena, 
																l’ultima del 
																film dopo 
																l’incidente: 
																“Sono quella che 
																ha fatto il 
																Sorpasso”. Fu 
																una bella 
																esperienza. Mi 
																dispacque 
																soltanto di aver 
																fatto la 
																comparsa per un 
																solo giorno, 
																perchè oltre al 
																cestino del 
																pranzo mi 
																dettero anche 
																3.500 lire». 
																Anna Carugi, 
																allora, 
																frequentava la 
																quarta 
																superiore. I 
																suoi occhi 
																chiari non sono 
																affatto tristi: 
																sono aperti sul 
																mondo e 
																continuano ad 
																illuminarle il 
																bel volto. 
																Massimo Nocchi, 
																con la sua barba 
																brizzolata, 
																ricorda quando 
																sulla spiaggia 
																“soffiò” il 
																caffè a 
																Trintignant. «Io 
																non volevo fare 
																la comparsa. Ero 
																al seguito di 
																una signora 
																sposata e 
																importante. E 
																sul set finii 
																per caso». Non 
																cedette alle 
																lusinghe di Risi 
																che gli diceva: 
																vieni con noi a 
																Roma. Mentre 
																Massimo, nel suo 
																negozio di 
																coiffeur in 
																pineta, ha visto 
																passare il 
																meglio del 
																cinema, segreti 
																e piccole manie 
																di attori e 
																registi. A 
																Castiglioncello 
																del “Sorpasso” 
																non si è mai 
																smesso di 
																parlare anche 
																perché, come 
																dice lo 
																scenografo 
																Enrico 
																Fiorentini «è il 
																ritratto di 
																un’epoca, un po’ 
																superficiale, un 
																po’ normale». Ed 
																anche di una 
																Castiglioncello 
																che non c’è più. 
																Di Elisabetta 
																Arrighi   
														 | 
  |
