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								Si può fare cinema in tanti modi: per Isotta 
								Razzauti, classe 1914, era stato fare un cinema. 
								Cinquant’anni fa più uno. 
								 Una passione che nutriva fin da ragazzina, 
								tant’è che suo marito, l’ing. Alberto Michetti, 
								scherzando, le attribuiva questo suo terzo 
								figlio maschio, accanto alle due femmine: il 
								cinema, appunto. Fu poi proprio lui a 
								battezzarlo, quel figlio, con il nome del luogo 
								amato più di ogni altro: la Castiglioncello dei 
								coniugi Michetti era già allora bellissima, 
								basta vedere qualche fotografia d’epoca che li 
								ritrae insieme, per farsene un’idea. Frequentata 
								da pittori, scrittori e attori di teatro, 
								sarebbe diventata di lì a poco laboratorio di 
								eccellenza del cinema e della Commedia 
								all’italiana. 
								 Si dirà che erano altri tempi. È vero: non 
								esistevano i film in cassetta o in dvd, i 
								computer, le pay tv e le multisale di periferia, 
								inghiottite dai grandi centri commerciali, 
								carrozzoni di film di cassetta, con le grandi 
								poltrone a vari livelli e l’odore oleoso di pop 
								corn che devi comprare sul posto. Il cinema di 
								paese gestito dall’Isotta era un’altra cosa. 
								Se vi capita di rivedere Sapore di mare dei 
								Vanzina, soffermatevi su quella scena omaggio 
								alla settima arte e ai cinema all’aperto. Non 
								fatevi ingannare dal fatto che venga citato 
								Forte dei Marmi, quale luogo della storia: il 
								cinema che avevano in mente gli sceneggiatori è 
								proprio l’Arena Pineta, nata qualche anno dopo, 
								nel complesso di Villa Celestina. Le ripensava 
								ancora con gli occhi rossi, dietro le lenti 
								spesse e rotonde, tutte quelle storie: il giorno 
								dell’inaugurazione, il 25 di maggio del ’57, 
								quando la sala era piena zeppa, per Autostop di 
								Dick Powell; i viaggi settimanali a Firenze per 
								noleggiare le pellicole; gli appunti sulla sua 
								cine-agenda, tracce di programmazioni declinate 
								con finezza di gusto e sensibilità artistica; i 
								registri di lavoro con annotazioni precise sui 
								film, i borderò giornalieri. E poi la prima del 
								Ponte sul fiume Kwai con la Columbia Picture 
								promotrice della costruzione del ponte di legno 
								sul Chioma per la piccola Marisa che andava a 
								scuola, la sala messa a disposizione di Risi per 
								visionare i giornalieri del Sorpasso, i suoi 
								operatori Caciagli e Tempestini, i tanti 
								personaggi celebri che ha avuto la fortuna di 
								conoscere. 
								 Il cinema Castiglioncello e l’Arena Pineta 
								erano, e sono, luoghi di lavoro e di incontro. 
								Ma non solo: l’Isotta li ha voluti come spazio 
								di socialità e di cultura, accogliendo, negli 
								anni’60, l’idea di alcuni giovani universitari, 
								che frequentavano il bar Franceschi: nacque un 
								Cineclub, presente di solito solo nelle grandi 
								città, che si fece subito notare per 
								l’originalità della programmazione, proponendo 
								film di culture lontane, e pressoché 
								sconosciute, allora, dalla cinematografia 
								scandinava a quella giapponese. 
								 Ancora oggi quella dei Michetti è una sala 
								d’essai, intreccio di persone che, al di là 
								degli interessi puramente economici, vogliono 
								affinare i gusti del pubblico con opere di 
								valore alto, restituendo a grandi e piccini 
								l’incanto della proiezione in sala, “il cinema 
								al cinema” come diceva l’Isotta. E così 
								bisognerebbe lasciarle più spesso le nostre 
								pigre abitudini, uscire, andarci al cinema. 
								Perché certe cose accadono solo lì.  |