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           Gli ospiti di Castiglioncello Cronache  | 
  
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                               Matteoli va alla spiaggia con vista sulle ciminiere «Questa è casa mia, il mio ambiente»  | 
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									Ai bagni 
									Miramare, storico avamposto di vip 
									tosco-romani, la sdraio gialloverde del 
									ministro dell'Ambiente è in prima fila, un 
									ottimo posto per ammirare i sette pennacchi 
									della fabbrica di detersivo che fumano 
									all'orizzonte. Panorama struggente. La 
									macchiolina di catrame, proprio vicino ai 
									piedi del ministro, fa capolino fra una 
									piramide di cicche e un pacchetto di 
									Marlboro sotterrato nella sabbia. Di fronte 
									il mare, una pozza d'acqua così frizzante 
									che sarebbe persino uno spreco farci il 
									bagno e infatti è adibita a garage di 
									gommoni e barchette. Sullo sfondo, le 
									ciminiere e i silos della Solvay, 
									straordinario reperto di una civiltà 
									perduta, così vicini che sembra di sentirne 
									l'odore e invece è solo suggestione, perché 
									quel profumo di uova marce che si insinua a 
									raffiche sulla spiaggia arriva in realtà da 
									una fognatura lasciata coraggiosamente a 
									cielo aperto. Altero Matteoli si accende una 
									sigaretta, commosso: «Vengo qui da 
									trent'anni. Questa è casa mia. Il mio 
									ambiente». Talmente suo che ormai ne fa 
									parte anche lui, al punto da passeggiare fra 
									i bagnanti inosservato. Colpa del suo volto 
									da funzionario nasuto, quasi mai apparso in 
									tv? «No, è il supremo snobismo della gente 
									del "Miramare"», spiega il signor Gianni, un 
									supremo snob. «Conoscendolo tutti da una 
									vita, non vogliono far vedere che adesso, 
									solo perché è diventato ministro...». 
									Infatti gli imbucati si riconoscono subito. 
									Sono due signore romane in ultima fila, 
									vicino a una cartaccia di gelato abbandonata 
									con delicatezza sul tombino intasato della 
									doccia: «Guarda senza farti vede: c'è 
									Matteoli». «Matteoli che?». «Er ministro. 
									Quello fascista contro l'aborto e l'ecologgia». 
									«Davero? A me, de profilo, me sembra tanto 
									una brava persona». Vorrebbe sembrarlo tanto 
									anche lui. E invece gliene hanno dette di 
									tutti i colori: «culo di pietra», «teppista 
									ambientale», «guardia del Papa». Persino 
									quando propone di convertire al turismo le 
									isole-carcere dei mafiosi, nessuno si fida: 
									temono che voglia rimpiazzare la cella di 
									Totò Riina con una villetta a schiera. Ma è 
									così tremendo? Certo, non aspettatevi il 
									gerarca-spettacolo alla Storace o il 
									neogollismo pret-à-porter di un Gianfranco 
									Fini. Matteoli è un uomo d'apparato e per 
									costruire i suoi discorsi usa i mattoni: «Ho 
									detto che l'aborto è un omicidio perché 
									quando mia moglie perse il nostro primo 
									figlio di cinque mesi lei non ebbe la forza 
									di andarlo a vedere ma io sì: aveva un 
									ditino sull'ombelico e l'altro nel naso». 
									Pensa e procede per esperienze personali. 
									Così, vuole la superstrada fino a 
									Civitavecchia «non per cementificare il 
									Tirreno ma perché ho provato sulle mie 
									gambe, sfracellandomele, quanto l'Aurelia 
									sia pericolosa»: a Castiglioncello c'è 
									ancora la curva in cui Dino Risi fece 
									precipitare l'auto di Gassman nel 
									«Sorpasso»; Matteoli invece andò a farsi 
									male un po' più in là, davanti alla spiaggia 
									progressista di Capalbio. «A proposito, 
									bisogna andare da Renzo, in ospedale». Renzo 
									è Montagnani, il suo amico attore che la 
									sera prima si è scassato quattro costole 
									cadendo dentro una buca in motorino. Seguito 
									dal figlio Federico, un ragazzo con gli 
									occhi buoni e spaventati, il ministro stana 
									la sua Bmw da un parcheggio acrobatico 
									vicino ai cassonetti: sopra il cofano 
									qualcuno ha lasciato un sacchetto colante 
									d'immondizia. Matteoli mette in moto, chiude 
									i finestrini e si accende una sigaretta. 
									Deve avere una predilezione per il fumo nei 
									luoghi chiusi: durante la crociera dei 
									missini sull'«Achille Lauro», lui e Fini 
									fumavano allegramente dentro il piccolo 
									cinema della nave, circondati da educati 
									colpi di tosse e qualche stranguglione. 
									Butta la cicca proprio quando l'auto sta 
									passando davanti a una corolla di ville 
									abusive che prendono il sole sopra una 
									collina: «Si lamentano quando io dico che 
									voglio fare un porto per le barche e poi 
									però hanno permesso questo scempio!». Non è 
									che un sintomo, ma che stia diventando 
									ambientalista pure lui? «Cosa vuole, la mia 
									generazione sui problemi dell'ecologia è 
									quella che è. Siamo cresciuti credendo che 
									l'aria e l'acqua non ci sarebbero mancate 
									mai. Per i giovani è diverso. Mia figlia, 
									ventidue anni, sono dieci giorni che non la 
									vedo più. Fa la volontaria ambientale. Se ne 
									sta nei boschi qua dietro, a spegnere 
									incendi dal mattino alla sera». Ecco, forse 
									è questa ragazza (che è la sua preferita, lo 
									si capisce subito) l'autrice del miracolo. 
									Il Wwf dovrebbe metterla nello stemma, 
									insieme al panda. Ha neutralizzato l'effetto 
									di Gianni Mattioli, il quasi omonimo verde 
									che una volta lo fece tanto arrabbiare: 
									«Disse in Parlamento che aveva scoperto che 
									anch'io ricevevo lettere di raccomandazioni. 
									Per errore gli era arrivata la mia posta. 
									Risposi che anche a me spesso arrivava la 
									sua. Solo che io non l'aprivo». L'ospedale è 
									nella pineta di Rosignano, accanto alla 
									fabbrica: da qui le ciminiere non si vedono 
									più, ma basta alzare la testa per accorgersi 
									del motivo: sfumazzano proprio sopra di noi. 
									Il pronto soccorso offre il solito 
									spettacolo estivo di umanità accaldata in 
									visita ad umanità dolente. Montagnani, molto 
									dimagrito, è in una stanza a due letti, 
									accudito dalla moglie, una ex-bellissima 
									inglese che ha un concetto, appunto, inglese 
									dell'alimentazione: ha riempito il capezzale 
									del marito di biscotti al cioccolato, wafer 
									e altre creazioni a base di colesterolo 
									spinto. Montagnani resiste, impavido, a 
									stomaco vuoto. Ai bordi del letto ha messo 
									un cartello: «Allergico ai fans». Matteoli 
									lo abbraccia, ma commette l'errore di 
									chiedergli come è andata. Anche se dolorante 
									e senza voce, Montagnani si cala subito nei 
									panni del suo Don Fumino televisivo. Il 
									racconto è un capolavoro di recriminazione 
									all'italiana: «Gli è tutta colpa dell'hotel 
									Miramare!». Dunque, andiamo con ordine:  a 
									differenza di Sordi, Panelli o Mastroianni, 
									che a Castiglioncello hanno la villa, 
									Montagnani qui le sue vacanze se 
									l'è sempre fatte in un albergo con vista 
									sulle ciminiere: il Miramare. «Dopo tanti 
									anni, mi fanno lo sgarbo di non tenermi una 
									stanza. Così mi son trasferito al "Godilonda", 
									ma c'è poco da godere, il mare è lontano e 
									per andarci ho dovuto affittare il motorino 
									da cui sono caduto. Se non cambiavo albergo, 
									non prendevo il motorino e non cadevo. 
									Quindi, ripeto, gli è tutta colpa del 
									Miramare!». Al posto del pigiama, Montagnani 
									indossa una magliettina del Ciucheba Club, 
									il locale di Castiglioncello dove va a 
									ballare Renato Zero. Il proprietario del 
									Ciucheba, un'ora dopo, fermerà Matteoli 
									sulla spiaggia: «Altero, ti aspetto stasera. 
									C'è la mia festa di compleanno. E mi 
									raccomando, portati un ricambio...». Un po' 
									vezzeggiato, il ministro, finalmente. 
									D'altronde è l'unico politico nei paraggi. 
									Adesso che non c'è più quell'altro, il 
									Presidente. Sotto un ombrellone della 
									seconda fila, una signora ha appena affogato 
									il bastoncino e la carta del ghiacciolo 
									nella sabbia e adesso può raccontare a mani 
									libere di quando proprio lì, su quella 
									sdraio in prima fila, si veniva a posare 
									Giovanni Spadolini. «Era a due ombrelloni di 
									distanza dal ministro, ma stava ben attento 
									a non girarsi mai dalla sua parte. Non si 
									parlavano più, da quando Matteoli aveva 
									scritto un libretto su Spadolini 
									narcisista». Una ragazza di quindici anni, 
									maglietta bianca con scritte «Livorno 
									Sconvolts», la interrompe: «Mamma, che vuol 
									dire narcisista?». Sulla sdraio di Spadolini 
									adesso c'è un commercialista romano che 
									legge di Berlusconi a pagina tre della 
									Gazzetta dello Sport. Così va 
									Castiglioncello, e anche un po' il mondo, in 
									questa estate del 1994. | 
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