Castiglioncello oggi

a Castiglioncello oggi

       Meglio non si poteva definire Castiglioncello... 
Sul «golfo peschereccio» che alterna chiare spiagge e brune scogliere dalla marina di Campolecciano all'insenatura di Caletta, una breve penisola si allunga, come una mano che esorti il passeggero a ristare. Difficile è il non prestare orecchio all'invito, che se non bastasse alla tentazione l'azzurro mantello di mare lambente il fitto verde delle pinete, l'aprirsi innocente delle strade ombrose e quiete che discendono lievi alla riva e il nitor marino che vibra sulle case e sulle reti stese a seccare e fa il brillio dei piombi simile a quello dei pesci imprigionati di fresco, finiscono per indurre alla sosta.
È Castiglioncello. Dove la ferrovia, per non turbare la quiete, s'è fasciata di un monte; dove i lidi si sono rivestiti di verde sicché i bagnanti son come ninfe e fauni che si cercano e si rincorrono nell'occhieggiar corrusco del sole fra i tronchi.
Anche il dirupo a Settentrione si trasforma d'estate in declivio balneare, infiorato, fra i solchi che lascia l'onda notturna sulla sabbia, di ombrelli azzurri e arancione. Ma incantevole il Quercetano è d'inverno, quando i pescatori etruschi vi rammagliano le reti, o rientrano coi gozzi dall'aver raccolto i palàmiti; o quando il libeccio vi precipita col suo urlìo isterico, rimbalzando dalle rocce di Punta Righini, e sbatte sulla riva le conchiglie dei fondali o magari i relitti di naufraghi misteriosi che nessuna cronaca narrò mai. Allora solo qualche donna inquieta, ravvolta nello scialle nero, apparisce tra le due muraglie della scala angusta di pietra (che così fatta potrebbe scendere alla càvea di un anfiteatro romano e che conduce invece all'approdo) e scruta il mare — quell'inferno bianco — che si rovescia sul Quercetano e lo sommerge e s'avventa alla scarpata spruzzando di spuma le ville, sempre imperturbabili con le loro persiane bianche che ridono all'abisso.

Meno selvaggio spettacolo attende il visitatore alla Riva di Mezzogiorno, classica per le bagnature. Partendo da Punta Righini e fino alla marina di Rosignano, una passeggiata a mezza costa percorre tutta la riviera, sovrastata da ville e villette, da giardini e boschetti fioriti, e insieme sovrastante scogliere o arenili o moletti affollati di barche che riflettono il ventre rosso e verde nell'acqua bluastra, contro i fondali biancheggianti di ghiaie tonde. La costa è tutto un spingersi in fuori e un ritrarsi; ora è una punta, ora è un piccolo golfo, ora una villa di strabica architettura, ora un palazzotto dai morigerati lineamenti quasi granducali. La pineta, alle spalle, quasi non ha fine; e di sera mormora sommessa, e all'alba squilla di rosignoli e di rondini. È la « gran selva contenne » del
Marradi.

Meglio non si poteva definire questa penisoletta dove i pini fitti nascondono la visione del mare, e dove pure la sua presenza è avvertita ad ogni istante, o per il lucccichìo che si fa strada fra i tronchi, o par il tonfo ritmico della risacca, oppure per il clamore dei frangenti nei giorni ventosi. Meglio non si poteva definire Castiglioncello.
(Da "Castiglioncello" di Milziade Torelli scaricabile dal sito)

Anche questa volta parliamo di storia, senza date e senza fatti, ma simpaticamente delle origini di un carattere particolare: il "castiglioncellese"
                                    
L'INIZIO DI TUTTE LE STORIE

Chi sa perché tutti dicono che noi toscani siamo sciovinisti! È vero che quando siamo all'estero, per esempio a Bologna, a Genova, a Roma o ad Addis Abeba, ci si sente molto legati a questa terra e figli degli stessi padri, ma se siamo in patria, ognun per sé. Ci si scanna tra città vicine o tra quartieri dello stesso paese, ma solo per il gusto della polemica e per non dare ragione agli altri. Una sana scazzottatura risolve ogni problema e una bella bevuta finale riporta tutto allo stato iniziale. Noi di Castiglioncello poi, sciovinisti non lo siamo per niente: noi si sa, da quando siamo nati, che il mondo nasce in Crepatura e finisce, al massimo, al botro del Chioma e il limite là davanti è il Fanale. Sembra ci siano altri mari, ma son tutta un'altra cosa. Per amor di verità si deve dire che qui alcuni pensano che Dio l'abbia creato qualcuno di Castiglioncello, tanto tempo fa, ma si deve anche convenire che sono una stretta minoranza.

In realtà il Padreterno esisteva già da prima e una volta si svegliò, dopo una lunghissima notte senza inizio, si stiracchiò, battè due o tre volte la lingua sul palato e sentì di aver bisogno di un caffè. Siccome era buio, per prima cosa fece il sole e una gran luce si sparse sul niente, si guardò intorno e non vide nemmeno un bar poi disse: "dìobono, come faccio a prendere il caffè se non l'ho ancora inventato?" Pensò un attimo, alzò gli occhi in aria, riflessivo e intorno al sole ci mise un pò di palle a girare. Con tutto questo giramento di palle ne scelse una: lì poteva mettere le piante di caffè. Così si armò di pennello e colori, che gli avevano regalato per Natale, e cominciò a stendere mari, montagne e foreste. Lavorò sodo, ma fece proprio un bel lavoro. Si allontanò un attimo, contemplò soddisfatto, come tutti i pittori, si affrettò a dare l'ultimo tocco, la pennellata dell'artista. Il pennello era pieno di colori, lo alzò e si affrettò a vedere dove poteva mettere il suggello al suo capolavoro. Era mancino e, come tutti i mancini, dette la pennellata da destra a sinistra, cominciò all'incirca al centro di quella terra a forma di stivale che gli era venuta tanto bene e finì sul mare. L'ultimo colore si raggrumò proprio sulla costa formando quelle colline che, oggi, all'incirca vanno da Montenero a Castiglioncello. Era stanco, ma molto orgoglioso di quell'ultimo tocco di pennello. Cominciò a far girare questa palla, che aveva dipinto, sull'indice della sua mano per rimirare la sua opera da ogni parte e...si accorse di aver troppo avvantaggiato quella porzione di terra che aveva finito per ultima. Ci pensò su un attimo e disse: "per ora ci metto il Paradiso Terrestre, perché è il posto più bello del mondo, ci metto anche l'uomo e quando si moltiplicherà e comincerà a disperdersi in qua e in là ci lascerò la peggio razza e così rimetterò tutto in pari senza che nessuno, in nessuna parte del mondo, si senta svantaggiato". Così disse.

Adamo ed Eva cominciarono così a calpestare questi luoghi e il famoso melo era nell'orto del Falaschi che però non c'era ancora. Ma qui diventa difficile risalire con precisione alle nostre origini perché Adamo ed Eva, un uomo e una donna, ebbero due figli. Caino e Abele. Niente di male solo che rimane difficile capire come da Caino e Abele, due maschi, potesse derivare tutto il genere umano. Il gran Capo, come creatore, era alle prime armi e non si intendeva ancora troppo di cose di sesso così all'inizio con un maschio e una femmina ci indovinò, ma poi...Tanto più che un giorno Caino fece fuori, per motivi d'interesse, il fratello sotto il Poggio Pelato e rimase solo. La sola ipotesi che si può fare è che, quando ci fu lo sciopero di un gruppo di angeli e Dio li tramutò in diavoli, una qualche diavolessa cascasse verso il Fortullino e Caino, che era un tipo sveglio, non si lasciò sfuggire l'occasione. Ecco spiegato perché qui la gente è assai particolare.

La gente di qui non devi cercare di capirla, ma solo ascoltarla perché se ti dice una cosa e l'afferma con giuri e spergiuri, un momento dopo ti dice il contrario se, per caso, gli hai dato ragione. La gente di qui ama la polemica, è di continuo all'opposizione, anche con sé stessa. La gente di qui ha idee proprie, ma soprattutto ha idee che sono il contrario di quelle degli altri. E principalmente ti prende in giro. Le cose le racconta per immagini e per iperboli, spesso raccontandole al contrario. Bisogna soprattutto stare attenti al tono della voce, ma questo è un esercizio assai difficoltoso per qualcuno che viene da fuori e difficile da comprendere. Il vecchio castiglioncellese è bugiardo per natura, ma non perché racconta cose false, semplicemente romanza la realtà e la modifica. È abile adulatore, pronto versificatore, amabile dicitore, dedito a Bacco e Venere, sempre pronto a pentirsi, perché sempre pronto a peccare.

Ma la gente di qui non ti prende mai in giro per cattiveria, lo fa solo per il gusto della risata o dello scherzo perché in nessun'altra parte al mondo, all'infuori di qui, trovi gente che sa prendere in giro anche sé stessa. Se vuoi ottenere qualcosa da un castiglioncellese non devi dare ordini perché non otterrai mai nulla, lui è bastian contrario per natura, ordinagli di non pisciare controvento, lui se la farà addosso, ma andrà sulla punta a farla contro il libeccio più violento. A uno di qui non devi prendere le cose con la prepotenza perché ti farai un nemico per la vita, chiedigliele per favore, ma senza tante moine che è gente rude e ruvida, e non avrai problemi ad ottenere; nonostante le apparenze la gente di qui è generosa. E guai a farli trovare di fronte al fatto compiuto, potrebbe anche essere a loro grande vantaggio, ma butterebbero via anche il biglietto della lotteria che ha vinto il primo premio.

Altra cosa a cui non fare assolutamente caso è la bestemmia. La gente qui bestemmia e tira dei sagrati che son dei capolavori di creatività e di fantasia e, magari, smette anche di andare in chiesa, ma mai perché non crede in Dio, in Dio ci crede, eccome. Solo che la bestemmia serve per dar più forza a un'idea, a dare più enfasi a un concetto che altrimenti apparirebbe piatto e scialbo, per dargli più colore e più sapore. Ma sopra ogni altra cosa la bestemmia serve a far dispetto a chi in chiesa ci va e magari a far dispetto al papa e a Dio stesso. Perché un altro concetto da sviluppare è proprio quello del dispetto: pur di fare un dispetto a qualcun altro, specialmente a un vicino, chiunque qui è disposto a rimetterci di tasca propria. C'è assai gente che in chiesa non ci va, ma quando viene il momento di presentarsi all'esame finale chiama di corsa il prete e studia l'orazioni. Non si sa però se lo fa per far dispetto alla chiesa stessa: non avranno la soddisfazione di dire che è morto un ateo e loro, confessandosi, faranno morire un cristiano. Oppure, alla fine, un qualche dubbio viene fuori: meglio confessarsi, se di là non c'è niente tutto rimane com'è, ma nel caso in cui ci sia qualcosa...non si sa mai!

E poi bisogna stare attenti: oggi si cerca di cambiare l'andamento naturale delle cose usando sempre nuove tecnologie e marchingegni e c'è gente che prova a mettersi al posto dell'Altissimo, ma se a quello, al Padreterno, un giorno gli giran perdavvero e si arrabbia, con uno starnuto, rimette tutto al punto di partenza!

A Castiglioncello qualsiasi cosa tu veda o tu senta non deve destar meraviglia anche se è la più strana o fantasiosa realtà immaginata che ti sia capitato di incontrare: a Castiglioncello il surreale è la realtà quotidiana. Le persone di qui immaginano che ci siano anche altri mari, ma questo, tra Crepatura, Chioma e il Fanale, lo trovano unico e ogni giorno devono andare a guardarlo perché è amore e umore. Anch'io ogni volta che arrivo, il tempo stretto di un saluto e poi dico: "vado a vedere il mare", ce ne sarà anche qualche altro di mare, ma comunque allunghi lo sguardo, là, al Fanale, si ferma! Fissando il mare il castiglioncellese fissa il suo orizzonte preferito, i suoi sogni, soprattutto quelli di ieri, anche le cose più difficili non sembrano più tali. Specialmente quando il sole tramonta sulla punta e il cielo si colora di rosso aranciato con sfumature di violetto e le nuvole si accalcano a strisce sopra l'orizzonte.  (Da: "Dar tempo dell' Etruschi ar tempo de' Caini" di Castaldi-Rossi-Marianelli scaricabile dal sito.

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